STATO VEGETATIVO - Un possibile intervento psicologico: l'informativa alle famiglie

ALICEINFORMA - Rivista di informazione scientifica

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  1. dariats58
     
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    Articolo pubblicato nel numero di gennaio 2012 della rivista di informazione scientifica ALICEINFORMA (www.aliceitalia.org/)

    STATO VEGETATIVO
    Un possibile intervento psicologico: l’informativa alle famiglie
    dr. Daria Cozzi

    Ogni giorno la cronaca ci propone notizie relative ad infortuni sul lavoro e incidenti stradali, soprattutto tra i più giovani, con conseguenze estremamente invalidanti. Moltissimi e altrettanto drammatici (anche se se ne parla di meno e non certo sui giornali) sono i casi di ictus, arresti cardiaci, anossie, aneurismi, intossicazioni e gravi alterazioni del metabolismo.

    Le persone colpite che non riescono a riprendersi rapidamente rimangono in uno stato di sospensione della coscienza: lo stato vegetativo.

    Il paziente in stato vegetativo, pur trovandosi in una situazione di apparente incoscienza, deve essere adeguatamente assistito in tutte le sue necessità. Egli ha bisogno di una continua assistenza spesso a basso contenuto tecnologico, ma sempre ad alto contenuto umano. Ciò significa che una struttura e delle persone esperte e volonterose debbono prendersi cura di questo malato e seguirlo con competenza nel suo difficile percorso. In questo contesto i familiari occupano una posizione di estrema importanza vista la ormai accertata connessione tra le capacità della famiglia ad adattarsi a questa nuova situazione e l'efficacia degli interventi riabilitativi.

    Tuttavia la famiglia, in queste situazioni, è l’altra grande colpita. L’evento irrompe improvvisamente nella sua quotidianità, la lacera, la sconvolge e priva ogni membro della stessa delle proprie certezze sulla prevedibilità del mondo e sulla continuità dell’esperienza.

    Entrare in stato vegetativo significa vivere uno stato alterato di coscienza di sé. Significa non avere più riferimenti. Non poter più comunicare, chiedere, muoversi, protestare, agire sul mondo. Significa essere soli ed incompresi anche se fuori c’è sempre qualcuno che si occupa di noi. E questa condizione, già gravissima per il soggetto colpito, è percepita e vissuta con angoscia anche dalla famiglia, che si sente smarrita e impotente, ed anch’essa incompresa nella sua profonda disperazione. Emerge così prepotente la necessità di prendersi cura delle sue ferite sul piano umano già da quando, passata la fase acuta, il congiunto dalla rianimazione arriva alla specifica unità operativa.


    Le strutture dedicate all’accoglienza di questi pazienti stanno maturando sempre di più la consapevolezza della necessità di elaborare una metodologia di intervento in grado di aiutare coloro che vivono in prima persona una delle più dolorose esperienze: il passaggio imprevisto e repentino di un proprio caro da una vita in progressione dinamica fatta di quotidianità, crescita, affetti, obiettivi, emozioni, sentimenti, relazioni e scambi a una vita spezzata e appesa a un filo dove improvvisamente tutto si ferma, perde forma e sostanza lasciando un vuoto incolmabile, una disperazione senza risposte e una solitudine fatta di incomprensione, impotenza, disagio, isolamento e possibile abbandono.

    Da questo concetto emerge l'importanza di fornire un supporto alla famiglia che le permetta di essere inserita come valido strumento terapeutico e riabilitativo del paziente stesso. Ciò sarà possibile solo favorendo l’instaurarsi di un clima il più possibile fluido e tranquillo attraverso la costruzione di un reale rapporto di reciproca fiducia, sostegno e aiuto tra la famiglia e gli operatori addetti alla cura del paziente.

    Vista la complessità della situazione, l’intervento in favore della famiglia deve essere necessariamente multidimensionale ed è senza dubbio auspicabile che essa sia presa in carico da personale specialistico e supportata fin dalla prima fase del ricovero nel reparto di rianimazione soprattutto quando è ipotizzabile una lunga degenza ospedaliera. L’accompagnamento alla famiglia deve continuare in modo costante lungo tutte le fasi della malattia con adeguate forme di sostegno per evitare il rischio di essere a sua volta disgregata dal carico assistenziale e dal doloroso percorso di accettazione e di elaborazione del lutto. Poiché di lutto si tratta in quanto la drammaticità e l'imprevedibilità dell'evento acuto e la successiva entrata in stato vegetativo di un proprio congiunto distrugge progetti, destabilizza, disorganizza e impedisce di mantenere il contatto con la realtà mettendo in crisi l’intero nucleo familiare e scuotendone gli equilibri.

    Al lavoro svolto quotidianamente dagli operatori con i pazienti dovrebbero pertanto essere affiancati incontri individuali mirati con i familiari dei degenti direttamente coinvolti nell’assistenza del congiunto. Lo scopo è quello di fornire informazioni sulla patologia e offrire sostegno psicologico e umano tenendo conto delle caratteristiche peculiari del nucleo familiare, mettendolo così in condizioni di acquisire gli elementi necessari per far fronte ai momenti di disagio che la nuova condizione comporta.

    Da dove incominciare?
    Per avviare in modo costruttivo il rapporto équipe-famiglia-paziente è necessario prima di tutto offrire una adeguata informativa in grado di porre le basi per una fattiva collaborazione. Ma questo è solo il primo passo.

    Di cosa ha bisogno la famiglia?
    La famiglia ha bisogno di avere informazioni e spiegazioni coerenti ed univoche, formulate in modo semplice e completo. E’ altresì di estrema importanza che essa non si senta sola ed incompresa mentre può essere di grande aiuto poter condividere le incertezze e le ansie di questo difficile momento.

    Quali sono gli obiettivi dell’informativa?
    Informare sulla patologia, educare per quanto possibile alla gestione del paziente, favorire l’orientamento psicologico e fisico, porre le basi per una corretta comunicazione, facilitare l’interazione tra parente e paziente e tra parenti e operatori, offrire una forma di contenimento emotivo, adeguare le aspettative dei familiari e contenere i loro livelli d’ansia. L’informativa, oltre ad informare per dare struttura alla realtà, ha un altro importante obiettivo: quello di fare in modo che la famiglia possa riconoscersi nelle sue difficoltà e al contempo fidarsi e affidarsi nelle mani di chi dimostra di conoscere e voler comprendere il suo disagio, la sua debolezza e la sua fatica.
    L’esperienza empirica ci mette purtroppo di fronte al fatto che nel malato in stato vegetativo raramente si può ottenere la guarigione, che per altro è sempre più improbabile quanto più passa il tempo. Ciò che si può fare è cercare di alleviare la sofferenza e migliorare la qualità della vita prendendosi cura, in modo mirato, di questi malati e delle loro famiglie.
    Un familiare consapevole, equilibrato e coerente con il percorso terapeutico del proprio caro faciliterà il rapporto con l’équipe e sarà una presenza vantaggiosa ed insostituibile per il malato. Per questo motivo l’informativa alla famiglia costituisce il primo strumento indispensabile per il miglioramento della qualità dell’assistenza al paziente gravemente compromesso.

    In alcune realtà presenti sull’intero territorio nazionale, in particolar modo nelle cliniche private ma anche in molti ospedali e strutture pubbliche, ci si sta già orientando verso questa strada. Sarebbe auspicabile poter estendere, incentivare e garantire in ogni occasione una particolare attenzione alle famiglie dei pazienti con grave cerebro lesione acquisita con l’obiettivo di rendere più efficiente ed efficace la comunicazione e la presa in carico di tali malati.

     
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