La tribù delle formiche

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  1. _Nicoletta
     
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    La tribù delle formiche
    In coda alla stazione di Nanchino con cinque valigie colme di regali e 15 mila yuan (circa 1.600 euro) in tasca da mostrare con orgoglio, insieme alla moglie e alla figlioletta, dopo un viaggio di dieci ore ai genitori contadini: Cui Tongming è fortunato perché può festeggiare serenamente il Capodanno nel villaggio d'origine. L'anno scorso di questi tempi gli effetti della crisi economica costringevano milioni di lavoratori migranti a tornare nelle campagne con la prospettiva di rimanerci a lungo: in città mancava il lavoro. Invece ora ''vado a casa con tutt'altro umore'', ha raccontato Cui all'agenzia Xinhua.

    Quello della visita al vecchio villaggio in occasione della principale festività è il momento trionfale dell'anno per i circa 230 milioni di cinesi emigrati dalle aree rurali nelle metropoli in cerca di fortuna. Ma se la ripresa economica vantata dal governo ha risollevato le sorti di molti, gli stipendi sempre troppo bassi e la malafede dei datori che approfittano della festività per ''ristrutturare'' l'azienda e non pagare i dipendenti impediscono ad altrettanti di festeggiare il Capodanno come da tradizione. Così la vacanza un tempo da tutti agognata è diventata un incubo per milioni di migranti di ''seconda generazione'' – dai 15 ai 49 anni e spesso con un buon livello d'istruzione - che non possono mostrare a genitori e amici i risultati raggiunti, e cioè un discreto benessere e una famiglia.

    L'angoscia di ammettere il fallimento e di ''perdere la faccia'', cioè la rispettabilità, è diventata così diffusa che la stampa cinese ha coniato l'espressione ''fobia del ritorno a casa''. Da un sondaggio condotto a Shanghai è emerso che quasi il 60 per cento degli impiegati teme il rientro al villaggio d'origine che richiede, tra biglietti e regali, un investimento pari a uno o due interi mesi di stipendio. ''Papà, non ho il coraggio di dirti che mi rimangono meno di 500 yuan e questa settimana dovrò anche pagare l'affitto. Guadagno solo mille yuan al mese e non mi posso permettere un nuovo maglione per mamma dopo aver pagato 400 yuan per i biglietti. Scusate se non vengo a trovarvi, credetemi, lo vorrei più di ogni altra cosa''. L'autore di questa lettera aperta pubblicata sul sito Internet tianya.cn fa parte della cosiddetta ''tribù delle formiche'', circa un milione di neolaureati emigrati dalle campagne nelle città carichi di aspettative ma che si sono ritrovati a vivere nelle periferie in condizioni spesso ai limiti dell'umano.

    ''Hanno un buon livello di istruzione ma sono disoccupati o sottopagati, ed essendo migranti non godono di assistenza sociale'', ha spiegato Lian Si, sociologa dell'Università di Pechino e autrice del libro che ha portato il tema all’attenzione della società, 'La tribù delle formiche' (in cinese 'Yizu'). Solo nella capitale cinese le ''formiche'' sono circa 100 mila, concentrate soprattutto a Tangjialing, un sobborgo a 20 chilometri da piazza Tiananmen passato in poco tempo da 3 mila a 50 mila abitanti. Questi giovani nati per lo più negli anni '80, ''intelligenti, deboli e che vivono in gruppi'' come i piccoli insetti, cambiano lavoro almeno due volte all'anno senza riuscire a mettere nulla da parte. Guadagnano circa 2 mila yuan (poco più di 200 euro) al mese, la metà di uno stipendio medio a Pechino, e vivono ammassati in stanze di dieci metri quadrati, pagando l'equivalente di qualche decina di euro al mese per un letto a castello. Per loro portare a casa il fidanzato o la fidanzata che i genitori non vedrebbero l'ora di conoscere è diventato un tormento. ''Una ragazza costa'', spiega Yang Hongwei, arrivato dalla provincia dello Heilongjiang a Pechino tre anni fa con tanti sogni. Non se la può permettere, come la stragrande maggioranza dei suoi coetanei per i quali il pensiero di rivedere i propri cari è soltanto una frustrazione. Con che coraggio presentarsi a casa senza un lavoro né una fidanzata?

    Secondo l'autrice di 'Yizu', è questa una delle categorie più sofferenti di quello che si rivela via via un mondo molto più complesso di quanto appaia dalla definizione ''lavoratori migranti''. Un intero nuovo capitolo di sociologia, insomma, cui la stampa cinese sta prestando crescente attenzione grazie al fondamentale contributo di Internet. Il maggior livello di istruzione e il facile accesso al web nelle grandi città consentono infatti ai migranti di parlare al mondo in prima persona. È il caso di Zhou Shuheng, autore di un romanzo in gran parte autobiografico, pubblicato su Internet lo scorso ottobre con l'apprezzamento del grande pubblico. Sia l'agenzia Xinhua che la televisione di Stato Cctv hanno dato ampio spazio all'argomento, annunciando dopo l'uscita del romanzo di Zhou anche quella di un film. Di letteratura sui migranti ne esiste già, ha spiegato l'autore, 31 anni, che ha lasciato la sua casa in un villaggio del Sichuan quando ne aveva 16 per trasferirsi a Fuzhou, capoluogo del Fujian. Ma questa volta a raccontare le vicende tragiche di tre contadini emigrati in città è uno di loro, e questo fa la differenza.




    23 Feb 2010 - posted by Marzia De Giuli
    dal Blog Là Cina su www.internazionale.it
    www.internazionale.it/interblog/?blogid=40
     
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0 replies since 13/3/2010, 18:49   53 views
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