Desiderata- cosa leggerò?

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  1. _Nicoletta
     
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    Ecco qui un posto dove mettere appunti
    post it
    o messaggi su libri che vorremmo leggere

    io ne ho appena trovato uno
    (un altro)
    Richistan
    Come i ricchi sfondati spendono i loro fantastilioni
    Di Robert Frank

    Immagine di Richistan
    dal Blog pensare in profondo che generosamente mette una bella recensione, cito:
    Settori quali le assicurazioni, i fondi comuni d'investimento e le pensioni hanno a disposizione liquidità per 46.000 miliardi di dollari che, dal 2000 ad oggi, sono cresciuti di quasi un terzo.
    La massa enorme di questo danaro, sommata alla crescita del valore delle azioni scambiate (passate dal 90 ad oggi da 3.000 miliardi a 17.000), al fatto che le riserve della banca centrale sono raddoppiate, fino a raggiungere i 4.000 miliardi, hanno creato le condizioni per nuove opportunità e fortune per figure di "imprenditori" nuove come i Money Mover o i CEO delle aziende che aumentano la loro ricchezza in funzione della crescita del "valore" di ciò che gestiscono da manager.

    Il circuito che si è messo in moto trascina, dietro di sé, una serie di elementi "dirompenti".
    In primo luogo, in moltissimi casi,questa espansione viene fatta a debito.
    I dati raccolti descrivono bene questo fatto:
    -L'1% più ricco, degli statunitensi, ha contratto debiti per 383 miliardi tra il 1995 ed il 2004,
    -Mentre l'indebitamento è cresciuto del 235% in 15 anni, la loro ricchezza cresceva meno della metà del debito contratto
    -Il 5% più ricco degli USA è responsabile del 20% dell'indebitamento totale.

    :pirata:

    così mi arrabbio un po'...



    Descrizione del libro da anobii.com

    E nato un nuovo Paese. Si chiama Richistan, è più grande del Belgio, e incredibilmente ricco. Il suo cuore è negli Usa, ma pulsa in tutto il mondo. I suoi abitanti sono dieci milioni di nuovi ricchi. Guadagnano decine milioni di dollari all'anno, hanno case da 91mila metri quadrati, yacht lunghi 120 metri, Boeing privati con tavole del water in oro zecchino, spendono 1 milione di dollari per un orologio e, tra le centinaia di persone a servizio, possono pagare il maggiordomo 200mila dollari l'anno e l00mila l'addetto alla voliera. Una cronaca in prima persona sulla classe che sta ridisegnando l'economia e i consumi mondiali.

    Dettagli del libro

    Edizione: 1ª ed.
    Data di pubblicazione: Jan 01, 2008

    image
     
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  2. _Nicoletta
     
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    Non lasciarmi
    Kazuo Ishiguro

    Edizioni: Einaudi, Torino 2006
    Pagine: 291
    Il pezzo è scritto da Claudio Ughetto
    24 giugno 2008
    Amarlo o odiarlo follemente? Nei confronti di quest’originale romanzo dello scrittore inglese (sebbene nato in Giappone), entrambe le scelte mi sembrano legittime. Dipende dal nostro temperamento, dallo stato d’animo con cui lo apriamo, da cosa cercavamo quando abbiamo iniziato a leggerlo e da cosa troviamo a metà della lettura. Se ci soddisfa o no. Si può decidere di amarlo follemente o di odiarlo follemente. Non lasciarmi è un romanzo che mette in disaccordo la testa e il cuore, nel quale la logica e la verosimiglianza, le istintive risposte a quelle banali domande sul comportamento umano che nascono quando ci accorgiamo che una storia non regge, sono continuamente disconfermate, procurandoci reazioni che vanno dall’insofferenza a quel tipo di rabbia che porterebbe a lanciare via il libro a cento pagine dalla fine, se non fossimo incantati dalla prosa e dalla narrazione straniante. Io sono tra quelli che hanno deciso d’amarlo follemente, trascinato e commosso da un’esposizione d’emozioni e sentimenti che avrebbe messo in ridicolo qualsiasi altro scrittore, tranne l’autore di Quel che resta del giorno. È la sua stessa cifra narrativa ad essere inimitabile, capace di restituirci la stranezza dei rapporti umani attraverso punti di vista esclusivi ed anomali, in ambienti fuori dal tempo che mettono in luce il male di vivere senza tuttavia indulgere nel sentimentalismo.
    Non lasciarmi è uscito in Italia nel 2006. Benché già allora attratto dagli articoli che gli sono stati dedicati, a volte pertinenti e più spesso fuorvianti, ho deciso di leggerlo solo adesso, in edizione economica. Credo quindi di non fare torto a nessuno se trattandone anticiperò alcune rivelazioni che nel romanzo affiorano soltanto a lettura inoltrata, senza peraltro sorprendere troppo. Pur sfiorando un’ipotesi fantascientifica, neppure così azzardata, ricreando parte della storia inglese e mondiale che va dagli anni sessanta dello scorso secolo fino ad oggi, Ishiguro non ha scritto un romanzo di fantascienza, e neppure una di quelle ucronie cui siamo stati abituati da scrittori geniali come Philip K. Dick e delle quali altri hanno fin troppo abusato. Il mondo esterno vi compare ben poco, soggettivamente percepito da Kath, voce narrante, che non può che averne una visione parziale. Per buona parte della narrazione, i rapporti tra Kath e i suoi amici Ruth e Tommy si svolgono all’interno di un universo chiuso: il collegio di Hailsham, nel quale è educata una gioventù priva di padri e di madri, al cospetto di “tutori” non proprio repressivi ma reticenti a informare i ragazzi su quale futuro li attenderà. La preoccupazione dei tutori è piuttosto quella di indurli a realizzare dei prodotti creativi: dipinti, poesie, scritti che poi la misteriosa Madame ritirerà per mettere nella “Galleria”, favoleggiata dai ragazzi in chiacchiere di corridoio e anche in seguito, quando la consapevolezza del proprio destino li indurrà ad interrogarsi sul significato di quel loro soggiorno esclusivo.
    Attenzione spoiler: qui si svela parzialmente la trama!!!! :adv:
    SPOILER (click to view)
    Dalla prima pagina Kath si presenta come un’”assistente”, nel disordine evocativo dei ricordi viaggia in auto da un luogo all’altro dell’Inghilterra per occuparsi di “donatori”, molti dei quali sono stati con lei in quel collegio che è diventato introvabile, il cui ricordo scatena dei rimpianti quasi leopardiani sull’incanto di ciò che è stato e non potrà più essere. Eppure, cosa c’è di bello in un’infanzia istituzionalizzata? Erano davvero così comprensivi questi tutori che talvolta sembravano guardare i ragazzi come se non fossero umani? C’erano episodi di bullismo, a Hailsham: preso in giro dai compagni perché non era creativo, Tommy è stato rassicurato da una tutrice che si è poi pentita di quell’istintiva schiettezza. A questi ragazzi non è permesso fumare, mai: i loro corpi sono “speciali”, devono essere perfetti. È Miss Lucy a dirlo, la tutrice che ha mentito a Tommy dicendogli che la creatività non è importante. La stessa Miss Lucy che dirà ai ragazzi la verità, ciò che gli altri tutori dicono e non dicono: quando usciranno da quella scuola, completamente condizionati, diventeranno “assistenti” e “donatori”; ben presto, prima dei 30 anni, saranno usati per esperimenti scientifici e per fornire organi ad altre persone, e moriranno quando avranno finito un “ciclo” che generalmente consiste in quattro donazioni. Compito degli assistenti è supportare i donatori per tutto il ciclo, perché c’è anche chi muore prima. Gli assistenti doneranno a loro volta, andando incontro allo stesso destino, sebbene un po’ più in là nel tempo e tra insostenibili sensi di colpa.
    Arrivata a 31 anni, Kath si sente diversa da coloro con cui è cresciuta, perché non ha ancora donato, e gli stessi Ruth e Tommy sembrano lasciarle intendere che è venuto anche per lei il tempo di sottoporsi al ciclo. Non si può essere assistenti per anni, caricandosi di tanto dolore, vedendo man mano spegnersi coloro che si ama. Ishiguro sembra chiederci di abbandonare ogni considerazione logica, esigendo una sospensione della credulità che può reggere solo se assumiamo il punto di vista esclusivo di questi ragazzi. Come possono andare incontro al loro destino senza ribellarsi, fuggire, rivendicare la propria umanità? Ce lo chiediamo arrabbiandoci, sperando che qualcosa succeda. Una roba come la rivolta dei cloni. Invece nei pensieri di Kath, e nel romanzo stesso, permane il rimpianto per ciò che non è stato e avrebbe potuto essere: l’insieme d’amicizie incrinate, amori inespressi e vite soltanto immaginate. Il resto è inevitabile. L’idea di cominciare a vivere sul serio, a 30 anni, un’età in cui oggigiorno si è ancora considerati dei “ragazzi”, sembra non sfiorare questi cloni nati per essere fatti a pezzi con ogni cura. Anche essere un “donatore” ha un senso in un mondo del genere, che ci fa orrore solo a pensarlo.

    In Ricambi, romanzo del 1996, lo scrittore Michael Marshall Smith[1] usa il genere fantascientifico per descrivere un mondo non poi così differente. In quel caso i cloni sono sorvegliati in una Fattoria, in condizioni più inumane rispetto a quelli che vivono a Hailsham. Marshall Smith, scrittore meno raffinato di Ishiguro, ci porta ad assumere il punto di vista del custode, rendendoci partecipi della sua redenzione a favore dei cloni. In questo caso, il genere è usato come strumento d’intrattenimento (con tanto d’astronavi, pistole, inseguimenti ecc) per farci riflettere sugli orrori che la biogenetica già adesso lascia presagire. Ricambi è un buon romanzo d’azione, con qualche pretesa di denuncia e un messaggio di per sé scontato: anche un protagonista disincantato come Jack Randall, veterano di guerra ridottosi a custode di cloni, alla fine può fare la scelta più giusta.

    SPOILER!!!! :adv:

    SPOILER (click to view)
    Assumendo il punto di vista del clone, invece, portandoci a pensare come lui, Ishiguro i costringe ad un gioco più sottile, ricordandoci che è compito della letteratura indurci a riflettere ogni volta in modo inedito su temi universali. La letteratura è anche gioco, persino quando a prima vista sembra volerci deprimere. È nelle domande più urticanti che ci rispecchiamo, scoprendoci non dissimili da un clone melanconico.
    Più che alle aberrazioni dell’ingegneria genetica o alle implicazioni etiche correlate alla ricerca dell’immortalità, Ishiguro sembra interessato a come ogni essere umano, di qualsiasi epoca, spende la propria vita. C’induce a chiederci quali sono le cose che valgono, s’è possibile spendere l’esistenza senza poi avere troppi rimpianti. Un’esistenza da dedicare alla realizzazione di noi stessi, ai desideri e ai tormenti dell’anima, ma anche alle persone che ci sono vicine. Ishiguro scrive d’amicizia e soprattutto d’amore, perché come Kath e Tommy potremmo accorgerci troppo tardi che avremmo potuto amare con maggiore intensità, quando è ormai impossibile chiedere delle proroghe. Per il momento non smetteremo di morire, arrabattandoci tra caso e necessità. Come accade a questi cloni dalla vita breve.

    NOTE
    [1] Michael Marshall Smith, Ricambi, pag. 375, Garzanti.



    Decisamente mi attira
    che bella cosa ha scritto Ughetto:
    è compito della letteratura indurci a riflettere ogni volta in modo inedito su temi universali
    così semplice eppure non me n'ero mai resa conto. Vera.
    :occhioni:
     
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  3. Ladylla
     
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    Lo sto cercando....

    http://www.mosaico-cem.it/article.php?sect...olo_libro&id=59


    “TI RACCONTO LA MIA STORIA”DI TULLIA E NATHANIA ZEVI
    Dialogo tra presente e passato...
    di Maria Chiara Alfieri
    Pubblicato venerdì 30 maggio 2008 - NSC anno IV n. 17

    «Dovremmo cercare di trarre delle conclusioni da un’esperienza che ha travolto milioni di esseri umani e capire perché si debba conoscere questa storia, nonché quale lezione potremmo avere da questo passato».
    Il gradevole dialogo fra nonna Tullia Zevi e nipote Nathania Zevi, autrici del testo, corre sul filo della storia personale e “universale”. La Zevi ripercorre la sua vita dal momento della promulgazione delle leggi razziali – 1938 – che sconvolsero la sua giovinezza. Figlia di un noto avvocato milanese, era una serena e studiosa liceale quando, durante un periodo di vacanze-studio in Svizzera, apprese con sconcerto, dal padre, che non avrebbero più fatto ritorno a Milano. Di lì l’inizio dell’esilio, prima in Francia e poi negli Stati Uniti, il mutamento radicale della vita: da un clima di tranquillità, di benessere, di giovanile spensieratezza, all’esigenza di guadagnarsi la quotidianità, anche attraverso le sue doti di arpista, in un paese straniero.

    L’avventura umana si abbina al coinvolgimento politico: conosce e frequenta uomini e donne italiani, esiliati, fortemente impegnati nell’antifascismo, da Gaetano Salvemini ad Amelia Rosselli. L’incontro con Bruno Zevi, il burrascoso fidanzamento, i primi anni di matrimonio, la nascita dei figli e quindi la dimensione privata delle sue responsabilità, sono narrati con delicatezza, ma anche con molta sincerità. Sono crollati i muri generazionali e nonna e nipote riscoprono la bellezza di un dialogo aperto, sereno, che spazia sul mondo senza tralasciare la realtà familiare. A Roma, dopo le prime esperienze americane, Tullia si inserisce con ferma volontà, con capacità e determinazione nel campo del giornalismo. Le sue radici ebraiche, la conoscenza devastante della tragedia della shoah, guidano, contemporaneamente, il suo impegno all’interno della Comunità Ebraica Italiana. Ne è prima vice presidente e poi presidente. E’ la prima donna a rivestire questo ruolo e in esso profonde tutte le sue doti di sensibilità, capacità di mediazione, comprensione, interpretazione e lettura degli avvenimenti. Sarà, nel corso degli anni, un riferimento per tutti coloro che, consapevoli di un terribile passato che ha segnato intere generazioni, sono alla ricerca della vera pace, della convivenza e del rispetto dei diritti umani.

    La conversazione fra le due Zevi porge al lettore un’interpretazione “laica” dell’ebraismo che è soprattutto volontà di non dimenticare perché gli errori del passato siano di monito per un futuro in cui gli odi, le incomprensioni, i razzismi di ogni tipo diano il posto alla possibilità di un confronto sereno e costruttivo.


     
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  4. _Nicoletta
     
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    Dimitri Francesco

    Pan

    pp. 464
    Euro 19,00



    In libreria da giugno 2008
    marsilio editori.it

    Noi siamo i Bambini Perduti: questa è la notte in cui comincia la nostra festa. E voi, signori miei, non sarete mai più al sicuro

    Nelle notti romane ci sono bambini che sognano, e che nel sogno, ogni volta, ripetono il viaggio verso una grande isola che non c’è. Nelle notti romane ci sono ville borghesi illuminate dalla luna piena, e dai loro giardini spesso s’innalzano, non visti, mastodontici galeoni pirata. Nelle notti più fredde di una Roma moderna, pulsante, segreta, qualcuno ormai comincia ad avvertirlo: uno spirito folle sta bussando alla porta, uno spirito anarchico e sensuale, passionale e libertino, pronto a tornare per rapirci. Qualcuno lo vuol chiamare Peter; un tempo era noto come Pan.
    Tra mito, pop, psichedelia e vecchio racconto d’avventura, Francesco Dimitri riesce a costruire un romanzo affascinante nei toni e nelle suggestioni quanto avvincente nella trama. A cento anni di distanza dalla sua prima comparsa, il Peter Pan di Barrie rivela oggi più che mai la propria carica eversiva, la propria primordialità vitale, erotica, libera, il proprio rifiuto verso ogni forma di dogmatismo. Nei cieli di Roma lo scontro si sta preparando: bambini e pirati, vecchie e nuove divinità, in un’inquietante favola nera che finirà per insegnarci come, talvolta, per vedere il mondo del sogno dal mondo reale, non serva altro che alzare la testa.

    iLit – letteratura per iPod
    Ascolta qui gli audioracconti in mp3 tratti dal romanzo


    Francesco Dimitri è un esperto di letteratura fantastica e magia. Nato a Manduria (TA) nel 1981, vive e lavora a Roma. Ha pubblicato quattro saggi, Comunismo magico (2004), Guida alle case più stregate del mondo (2004) Neopaganesimo (2005) e Manuale del cattivo (2006), oltre a essere co-autore di Dies Iraq (2003), tutti con Castelvecchi, e un romanzo, già opzionato per il cinema, La ragazza dei miei sogni (Gargoyle Books, 2007). La Guida alle case più stregate del mondo è considerato un piccolo cult, e ne è uscita un’edizione spagnola. Collabora con «XL», scrive sceneggiature e gioca di ruolo almeno una volta a settimana. Il suo sito è www.francescodimitri.com

    Immagine di Pan

    Articolo realizzato per "Panorama.it"


    Pan (Marsilio, (464 pp. € 19) non è un romanzo facilmente inquadrabile, e questo, oltre alla qualità narrativa, depone a suo favore. Francesco Dimitri, classe 1981, appassionato di esoterismo, un paio di romanzi e di saggi alle spalle, fa di Roma lo scenario di un’avventura a cavallo tra le visioni ... Continua

    Pan (Marsilio, (464 pp. € 19) non è un romanzo facilmente inquadrabile, e questo, oltre alla qualità narrativa, depone a suo favore. Francesco Dimitri, classe 1981, appassionato di esoterismo, un paio di romanzi e di saggi alle spalle, fa di Roma lo scenario di un’avventura a cavallo tra le visioni di Tim Burton, Neil Gaiman, James Matthew Barrie e le ossessioni di HP Lovecraft, spostando così il confine tra sogno e realtà verso zone selvagge e buie, laddove fanciullezza, meraviglia e terrore confinano. I bambini perduti di Dimitri si muovono in una capitale stregata fatta di ombre, di orrori invisibili, di truce quotidianità, di gioa anarchica e crudele.
    Pan, ci viene in ausilio il vocabolario, è narrazione panica in quanto relativa al dio Pan, a una forza primordiale e al timore di un pericolo che turba l’animo innescando comportamenti incontrollabili.
    Con Pan, la narrativa italiana riprende quel dialogo particolare con il fantastico e con il meraviglioso che negli ultimi tempi si era perso, sommerso da altri generi, Fantasy compreso. Andrebbe la pena ricordare, a volte, che “chi alla Meraviglia chiude gli occhi, di Morte sente tredici rintocchi”.
    Ho incontrato Francesco Dimitri.

    Che “oggetto narrativo” è Pan?
    Un romanzo, uno di quelli identificatissimi. Non credo per niente nella confusione tra saggi, romanzi e “oggetti narrativi non identificati” vari. Di più: la trovo disonesta, una fegatura travestita da esperimento. Voglio sapere che roba compro. È come con il cibo: mangio di tutto, ma mi piace sapere cos’è. Se ordino un topo arrosto e mi danno caviale, mi incazzo. Ho ordinato topo, voglio topo. L’importante è che sia arrostito bene.

    Perché hai scelto Roma per ambientare la vicenda?
    Io sono arrivato a Roma a diciotto anni, venendo dalla provincia di Taranto - non so se mi spiego. E l’impatto con una città del genere ti segna. Se Milano è come Metropolis, Roma somiglia a Gotham City: sporca, lurida, confusionaria, classista nel midollo, piena di gente che tira a fregarti. Eppure puoi scoprire un Mitreo sotterraneo vicino casa, puoi fare un giro a Monti e avere la sensazione di essere finito a Frittole, puoi andare a Villa Ada e trovare un vero e proprio bosco dentro la città. È un set ideale per il mio tipo di storie. Ed è un set che conosco, quindi mi è più facile mitologizzarlo, agguantare la città nella realtà consensuale e spingerla a tradimento nell’immaginario.

    Quanto ha inciso il tuo interesse per l’esoterismo nella stesura della storia?
    Molto, anche se forse più come mood che altro. Per colpa di guru lampadati e tantrismo pret-a-porter, il pensiero magico è oggi frainteso in modo estremo. Me ne frega molto poco della cronaca - non dico che interessarsene sia sbagliato, dico solo che io preferisco fare altro. Se devo scegliere tra usare il mio tempo per farmi un’opinione seria sul programma politico di Berlusconi o farmela sul futuro della nobile casata Stark (chi legge Geroge R.R. Martin capirà), preferisco gli Stark, grazie tante. Mi interessano i miti, le storie, anche più della cosiddetta realtà - che poi altro non è se non il mito dominante, intessuto nella struttura stessa della tua lingua naturale. L’idea che sia “più reale” di altre storie non è solo sbagliata: è un inganno ontologico. Questa visione del mondo come tessuto di storie, che in più di un senso è magica, credo emerga da ogni cosa che scrivo.

    Terrore e meraviglia, macabro e fanciullesco vanno d’accordo?
    Pochi hanno davvero letto il Peter Pan di James Barrie. È un libro terribile. Peter Pan è egoista, schizoide, violento, i Bambini Perduti per prima cosa tentano di accoppare Wendy. E questa è l’ultima frase: “E così via via avverrà, sempre, finchè i bambini saranno spensierati, innocenti e senza cuore.” Ecco, se non vi mette un brivido, non so cos’altro possa farlo. Nell’immaginario contemporaneo abbiamo fatto ai bambini la stessa cosa che abbiamo fatto alle fate: essendo creature pericolose, li abbiamo ridotti a esserini di polistirolo da rimbambire con dosi massicce di Melevisione. Il punto è che i bambini hanno avuto meno tempo per intessere le loro vite nella storia dominante e quindi sono aperti alle alternative: alla possibilità che la vicina di casa, che quel pagliaccio, che sembra un mostro, be’, sia un mostro. E hanno avuto meno tempo anche per convincersi che l’uomo sia un animale mite ancorchè un po’ sopra le righe. E quindi non hanno paura di affrontare il mostro con tutte le armi che servono - senza le fighettate da pensiero debole che si usano per coprire la paura. Appunto, terrore (mamma mia, è un dèmone!), meraviglia (che splendore - esistono i dèmoni!) e macabro (ok, splendido, ma vogliamo farlo fuori sì o no?) - in un certo senso dobbiamo davvero riscoprire il bambino interiore, come dicono gli psicologi da talk show. Il punto è che non è detto che quello che scopriremo ci piacerà.

    Quali sono gli scrittori cui sei debitore?
    Tantissimi. Il principale credo sia Clive Barker, uno dei più grandi scrittori viventi, anche se in Italia è poco conosciuto e ancor meno letto. Il New York Times lo ha paragonato a Pynchon, ma per quanto mi riguarda Barker vince di parecchie lunghezze: un visionario capace di scombussolare il tuo mondo da cima a fondo. Poi c’è Tolkien, che ho letto e riletto in ogni salsa, e che con Il Signore degli Anelli mi ha fatto pensare, in quinta elementare, ‘io da grande voglio fare lo scrittore’. È un autore immenso, anche se credo di essere molto lontano da lui.
    E tanti altri, lo Steinbeck più cazzone (quello di Pian della Tortilla e La Corriera Stravagante), Ann Rice quando scrive di sesso, Stephen King quando delinea personaggi… tendo a studiare molto gli autori che mi piacciono.

    Pan ricorda il presupposto di American Gods di Gaiman per cui alcune divinità / enti soprannaturali tornano sulla terra….
    Chiarisco subito due cose. La prima è che trovo American Gods un libro stupendo - forse il migliore di Gaiman, che è uno scrittore che seguo fin dai tempi di Sandman. La seconda è che, se American Gods vi è piaciuto, non è detto che vi piaccia Pan: sono libri molto diversi. Gaiman è uno scrittore pulito, che fa meccanismi a orologeria. Io sono più carnevalesco e rumoroso. Lo dico giusto per onestà.
    Comunque, credo che il “ritorno dell’Incanto” sia un tema nell’aria, per motivi culturali complessi. Di recente ho letto una trilogia che non conoscevo, inedita in Italia, di Mark Chadbourn, che racconta del ritorno in Inghilterra degli dèi celtici. Il tono e la storia non c’entrano nulla con quelli di Pan, ma la premessa è quasi identica, e ne sono rimasto colpito. Credo che stiamo vivendo la fine di un certo scientismo superstizioso, e che altre forme di pensiero stiano riemergendo - e questo è un bene. Vari alfieri del vecchio ordine, come Richard Dawkins, dimostrano una superficialità desolante nel non capire che il ritorno di un pensiero mitologico (il ritorno degli dèi, se vogliamo) non significa la morte della scienza - significa una nuova polifonia. Se ragioniamo in termini di “credere” e “non credere”, perdiamo uno dei più bei nuclei di Meraviglia del nostro tempo.

    Pan è un “fuori collana” per Marsilio, come ti sei trovato con la casa editrice veneziana (anche alla luce delle esperienze precedenti)?
    Benissimo. Sinceramente, non pensavo che sarebbe andata così liscia: avevo in mente un libro molto forte, e temevo che avrei avuto problemi. Loro mi hanno garantito autonomia totale e poi (Meraviglia!) me l’hanno concessa davvero. Pan è un libro strano, per certi versi rischioso, soprattutto in un catalogo come quello Marsilio. Pubblicare il romanzo di una giovane ragazza che parla del suo ombelico sarebbe stata una scelta più ovvia, ma non l’hanno fatta. Insomma, se il libro fa schifo, non potrò dire che è colpa dell’editor (e la cosa mi dà quasi fastidio, è bello avere qualcuno da incolpare). Quanto al passato, so di essere stato fortunato, rispetto a tanti colleghi. Sia con Gargoyle che con Castelvecchi mi sono trovato bene: poi, è fisiologico che le esigenze cambino e alcune strade si allontanino.

    Cosa ne pensi del panorama attuale della narrativa italiana?
    Domanda imbarazzante, perché se rispondo “ne penso male” dò l’idea di essere presuntuoso, e se rispondo “ne penso bene”, mento. Allora sarò sincero: in linea di massima, la narrativa italiana contemporanea non mi interessa. È un panorama ombelicale, privo di fascino e meraviglia. Non sopporto Montalbano e soci. Gomorra non sono riuscito a finirlo (sono un appassionato del Padrino di Puzo: mito, non cronaca, che per quella ci sono i giornali). Baricco anche, ma l’ho adorato quando si è scagliato contro i suoi critici. Intendiamoci, ci sono varie cose che mi piacciono - Confine di Stato, La Strategia dell’Ariete, tutto Eymerich (con i crescendo e i diminuendo tipici di ogni serie), e tanti altri. Ma non fanno sistema. Io cerco visioni alternative alla realtà consensuale, non necessariamente ‘fantastiche’ in senso stretto, ma particolari - alla John Fante, per dirne uno, o alla John Kennedy Toole. In Italia queste visioni scarseggiano: i nostri scrittori, troppo spesso, si sforzano più di fare libri intelligenti che di fare bei libri.

    E dell’esplosione del Fantasy made in Italy, ora che anche Einaudi ha aperto le sue porte al genere?
    Penso che dobbiamo stare attentissimi. Il mio professore di cinema all’università una volta mi disse che il problema italiano è che organizziamo l’industria culturale per filoni e non per generi. Il genere è un meccanismo di produzione. Il filone è una cosa che scavi fino a che non la esaurisci. Ecco, io vedo il rischio della ‘filonizzazione’, che è quanto di peggio possa capitare a un genere, perchè lo affossa per sempre o quasi (vedi alla voce Spaghetti Western). Dobbiamo stare molto, molto attenti a evitare il filone. Detto questo, spero invece di far parte di una rivoluzione del genere che parte dall’Italia e dimostri anche all’estero che cosa possiamo fare: con un mio vecchio libro sono arrivato sul mercato spagnolo, ma il mio sogno è raggiungere quello inglese. Un paio d’anni fa parlavo a un editore di alcuni progetti, e mi sentii dire che “il fantasy in Italia non vende, specie se scritto da Italiani”. Io dicevo che era solo questione di tempo. E adoro avere ragione.

    http://kingdomofink.wordpress.com/
     
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  5. _Nicoletta
     
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    Mi attirano questi due

    Computer Science Unplugged
    e
    Aspetti emotivi e relazionali nell’e-learning

    Computer Science Unplugged di Robyn Adams e Jane McKenzie

    edizione italiana a cura di Giovanni Michele Bianco e Renzo Davoli

    Quando si parla di informatica, ed ancor più di educazione o formazione informatica, la mente corre immediatamente ad un corso di addestramento all’uso di strumenti standard di Office Automation (editor di testi, foglio elettronico, database…) o ad una rassegna di siti WEB su cui navigare, fare ricerche, spedire posta elettronica (qualcuno ricorda le famose 3I?).

    Come se insegnare a leggere e scrivere significasse addestrare ad impugnare correttamente la penna ed a riconoscere la forma dei caratteri alfanumerici!

    Certo, il PC ed i suoi software sono strumenti utili, forse ormai indispensabili, ma non possono essere identificati con l’ “informatica”, in realtà ne costituiscono solo i suoi prodotti. “L’informatica è una scienza interdisciplinare che riguarda tutti gli aspetti del trattamento dell’informazione mediante procedure automatizzabili.” (Si noti che in questa definizione tratta da WikiPedia le procedure sono “automatizzabili” non “automatizzate”!).

    Purtroppo la cultura di massa odierna (e quella italiana in particolare), malgrado possa apparire paradossale nell’era della tecnologia, rifugge le scienze esatte, ma anche le definizioni consone e precise, e si crogiola in neologismi semplificanti che, divenuti di moda, da significante di comodo si trasformano in significato con uno strano slittamento semantico fa si che un termine possa assumere un significato talmente tanto generico da non avere più alcun senso.

    Un esempio? Ricordate “Tangentopoli” etichetta coniata per descrivere Milano come “la città delle tangenti”, divenuta nel tempo sinonimo di scandalo. “Calciopoli”, “Vallettopoli”, “Sanitopoli”: dove mai sono situate queste città mostruose?! Polis, la città, è divenuta nel tempo sinonimo di scandalo, truffa, illegalità. Tra un po’ si parlerà di “metropoli” per riferirsi ai borseggi in metropolitana!

    Ritornando all’“informatica”: io sto scrivendo questa presentazione al PC dunque “faccio informatica”, e siccome sono piuttosto esperto nella cosa merito la definizione di “informatico” Bubbole! Pinzillacchere! Baggianate! In altri termini: sciocchezze dette per turlupinare il gonzo che, acquistato per il figlio un portatile da 1000 Euro ed una connessione ad Internet su banda larga (“uaifai”), può vantarsi con gli altri genitori delle conoscenze tecniche della propria prole!

    L’informatica – quella vera – è prima di tutto logica, metodo, capacità di segmentare i problemi nelle loro “unità di base”, di individuare metodi per risolvere ciascuna e nel rimontare il tutto in un sistema armonico, con l’unico paletto che questo sistema armonico deve seguire regole tali da permettergli di controllare il funzionamento di una macchina composta prevalentemente di circuiti elettronici. E queste sono cose che troppo spesso non si insegnano, anzi: nemmeno si spiegano!

    Perchè? Semplice: perché è “roba da tecnici” che la persona normale non può capire…

    Bene, Unplugged sfata genialmente questo mito. Ci mostra che l’informatica è una cosa che si imparare giocando, con il computer spento! Anzi scollegato, “unplugged” appunto.

    Non è usando un editore di testi che posso capire come siano trattati i dati, quali siano le basi ed i vantaggi della notazione binaria, come sia possibile ridurre il numero di caratteri all’interno di un testo senza perderne il significato (chi di voi si è mai chiesto quale sia la differenza tra un file DOC e lo stesso file ZIP? Come mai il testo non diminuisce, la formattazione rimane uguale, ma le dimensioni si riducono anche in maniera consistente?!), come faccia un circuito elettronico a memorizzare caratteri o immagini o film…

    Unplugged permette di capire tutto questo (e molto altro) giocando e dimostra che si tratta di concetti semplici da capire (se ben spiegate), che possono essere facilmente comprese da un bambino delle elementari o meglio da gruppi di bambini che giocano insieme; l’esatto contrario dell’autoreferenzialità autistica dell’hacker che si isola dal mondo vivendo per e con il suo sistema di elaboratori.

    E’ un libro scritto per gli insegnanti delle scuole primarie (diciamo elementari e medie) perché possano giocare con (e far giocare i) propri allievi introducendoli ad una logica semplice (ci riesce una macchina!) quanto affascinante: la base necessaria per interessare i veri informatici di domani; coloro che un giorno potranno creare software ed hardware rivoluzionari che semplificheranno (si spera) la vita a milioni di persone.

    Non spaventatevi: non serve nessuna conoscenza tecnica, se usate il PC per scrivere o navigare sulla rete sapete tutto ciò che è necessario per poter affrontare Unplugged, il resto è solo questione di pazienza e di non partire con il ferreo preconcetto che “è roba da tecnici: impossibile capirla!”

    Il progetto nasce in Nuova Zelanda dove diviene base di corsi di studio e di una trasmissione televisiva che ne segue le tracce. Ha trovato sponsor internazionali (Google il principale, ma anche Microsoft ed istituzioni internazionali) e - incredibile a dirsi al giorno d’oggi! - è gratuito. Infatti è possibile scaricare le schede della attività (o l’intero libro) in una delle molte traduzioni disponibili (da poco anche in Italiano, anche se purtroppo non integrale), stamparlo, fotocopiarlo, scopiazzarlo ed utilizzarlo con i vostri allievi o con i vostri figli. Praticamente l’unica condizione per l’uso è che non lo rivendiate (ma potete regalarlo) e che i bambini a cui vi rivolgete sappiano leggere e contare almeno un po’. Il libro è completo: spiegazioni, schede di giochi, pagine da fotocopiare per lucidi, materiali, ecc. esercizi, approfondimenti per i più “bravi” ed è arricchito da immagini che spiegano come giocare o, semplicemente, scherzano sui concetti apparentemente complessi.

    Potete trovarlo, insieme a tutti i chiarimenti sul progetto, sugli autori e gli sponsor, sul sito http://csunplugged.org/ dove è anche possibile acquistarlo (solo se si vuole: l’utilizzo e la copia a scopo didattico sono dichiaratamente gratuiti) o fare una donazione per il progetto.

    Francesco Valotto

    link: http://ckbg.altervista.org/WordPress/?p=260&lang=it

    Aspetti emotivi e relazionali nell’e-learning
    Emanuela Magno Caldognetto, Federica Cavicchio (2008), Aspetti emotivi e relazionali nell’e-learning, Firenze University Press
    Edizione elettronica : ISBN: 978-88-8453-833-8, € 12,95
    Cartaceo: ISBN: 978-88-8453-852-9, 21 pp. € 18,50

    Questo volume indaga il ruolo di emozioni e multimodalità comunicativa nella didattica faccia-a-faccia e nell’e-learning e valuta l’incidenza di tali componenti non solamente verbali sui processi cognitivi dello studente. Sono inoltre presentate alcune tipologie di interfacce uomo-macchina che utilizzano il linguaggio naturale nella forma scritta, vocale, e multimodale; queste ultime implementano una nuova metafora di interazione con il computer maggiormente human-oriented. Si tratta quindi di una tematica di ricerca nuova e interdisciplinare che mette in luce la complessità tecnica e teorica che specialisti di e-learning e studiosi di comunicazione multimodale e emozioni affrontano per approdare a nuovi sistemi di comunicazioni uomo-computer più naturali e motivanti l’apprendimento.

    INDICE
    Presentazione
    Emanuela Magno Caldognetto, Federica Cavicchio

    PRIMA PARTE
    COGNIZIONE, EMOZIONI E MOTIVAZIONE NELL’APPRENDIMENTO FACCIA-A-FACCIA E NELL’E-LEARNING
    1.1 Emozioni e motivazione all’apprendimento
    Isabella Poggi, Arianna Bergagnin

    1.2 Gli effetti del viewpoint dei gesti iconici sulla memoria degli alunni
    Giorgio Merla

    1.3 La metafora e il linguaggio figurato nella costruzione della dimensione socio-identitaria nell’apprendimento on line
    Manuela Delfino, Stefania Manca

    1.4 Tecnologie digitali e apprendimento: apprendere in modo passivo o attivo?
    Cristina Delogu, Domenico Parisi, Raffaele Nicolussi

    SECONDA PARTE
    INTERFACCE MULTIMODALI PER L’APPRENDIMENTO ON LINE
    2.1 Verso una sintesi da testo espressiva: segmenti di discorso e profili intonativi
    Morena Danieli

    2.2 Abilità socio-emotive per Agenti Virtuali dedicati all’elearning
    Elisabetta Bevacqua, Maurizio Mancini, Christopher Peters, Catherine Pelachaud, Magalie Ochs, Nicolas Ech Chafai

    2.3 La simulazione interattiva come dispositivo di training esperienziale per le competenze emotive e relazionali nell’ambito dell’e-learning
    Luigi Anolli, Alessia Agliati, Fabrizia Mantovani, Olivia Realdon, Antonietta Vescovo

    2.4 Affective computing e apprendimento: analisi di dispositivi per il riconoscimento automatico delle emozioni all’interno di piattaforme di e-learning
    Luigi Anolli, Marcello Mortillaro, Valentino Zurloni, Linda Confalonieri, Fabrizia Mantovani

    2.5 Le emozioni e la motivazione all’apprendimento nell’elearning: interfacce a confronto
    Emanuela Magno Caldognetto, Federica Cavicchio, Piero Cosi, Valentina D’Urso, Isabella Poggi

    Appendice
    Link:http://ckbg.altervista.org/WordPress/?p=480&lang=it
     
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  6. _Nicoletta
     
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    pag 198Allora, cos'è che uccide l'amore? Soltanto la disattenzione. Non vederti quando mi stai davanti. Non pensare a te nelle piccole cose. Non spianarti la strada, non prepararti la tavola. Sceglierti per abitudine e non per desiderio, passare davanti al fioraio senza accorgermene. Lasciare i piatti da lavare, il letto da rifare, ignorarti al mattino, usarti la notte. Desiderare un'altra persona mentre ti bacio sulla guancia. Dire il tuo nome senza ascoltarlo, dare per scontato che sia mio diritto pronunciarlo.

    pag 54 Voglio che tu venga da me senza passato. Le frasi che hai imparato, dimenticale. Dimentica di aver frequentato altre stanze da letto, altri luoghi. Vieni da me come fosse la prima volta.
    da: Scritto sul corpo
    Jeanette Winterson


    leggiucchiando su anobii
    ho trovato le recensioni e le note (in fondo alla stessa pagina del link) con le citazioni di questo libro
    mi incuriosisce... :paper:

    molto belle le note citate da ArmoniA e harmony... fra le altre

    ancora
    pag 7 penso a un certo settembre. colombaccio farfalla rossa messe gialla notte arancio. dicesti «ti amo». com'è che la cosa meno originale che sappiamo dirci è tuttavia la sola cosa che desideriamo sentire? ti amo è sempre una citazione. non sei stata tu a dirlo la prima volta e nemmeno io, eppure, quando lo dici tu e quando lo dico io, siamo come dei selvaggi che hanno scoperto due parole e le venerano. io le ho venerate ma adesso mi ritrovo nella solitudine di una roccia scavata dal mio stesso corpo.

    pag 115 non voglio un cuscino, voglio la tua pelle che si muove e respira. voglio che nel buio tu mi tenga la mano, voglio rotolare su di te ed entrare dentro di te.

    la notte, quando mi rigiro, il letto è grande quanto un continente. c’è uno spazio infinito, bianco, dove tu non ci sei. lo percorro centimetro per centimetro ma tu non ci sei. non è un gioco, non salterai fuori per farmi una sopresa. il letto è vuoto. dentro ci sono io, ma il letto è vuoto.
     
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  7. Letra
     
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    L' eleganza del riccio
    Autore Barbery Muriel

    Parigi, rue de Grenelle numero 7. Un elegante palazzo abitato da famiglie dell'alta borghesia. Ci vivono ministri, burocrati, maitres à penser della cultura culinaria. Dalla sua guardiola assiste allo scorrere di questa vita di lussuosa vacuità la portinaia Renée, che appare in tutto e per tutto conforme all'idea stessa della portinaia: grassa, sciatta, scorbutica e teledipendente. Niente di strano, dunque. Tranne il fatto che, all'insaputa di tutti, Renée è una coltissima autodidatta che adora l'arte, la filosofia, la musica, la cultura giapponese. Cita Marx, Proust, Kant... dal punto di vista intellettuale è in grado di farsi beffe dei suoi ricchi e boriosi padroni. Ma tutti nel palazzo ignorano le sue raffinate conoscenze, che lei si cura di tenere rigorosamente nascoste, dissimulandole con umorismo sornione. Poi c'è Paloma, la figlia di un ministro ottuso; dodicenne geniale, brillante e fin troppo lucida che, stanca di vivere, ha deciso di farla finita (il 16 giugno, giorno del suo tredicesimo compleanno). Fino ad allora continuerà a fingere di essere una ragazzina mediocre e imbevuta di sottocultura adolescenziale come tutte le altre, segretamente osservando con sguardo critico e severo l'ambiente che la circonda. Due personaggi in incognito, quindi, diversi eppure accomunati dallo sguardo ironicamente disincantato, che ignari l'uno dell'impostura dell'altro, si incontreranno solo grazie all'arrivo di monsieur Ozu, un ricco giapponese, il solo che saprà smascherare Renée.
     
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  8. _Nicoletta
     
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    Anch'io sono attirata ma ance e respinta da questo libro... ha avuto troppo successo...e se poi mi delude come il libro della Tamaro: Và dove ti porta il cuore (mi è piaciuto Di voce sola) o peggio 11 minuti di Coelho (uno dei libro più sciatti e banali che ho letto)

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  9. _Nicoletta
     
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    L’umanità accresciuta
    L'indice

    La recensione su L'Espresso di A. Gilioli

    SPOILER (click to view)
    Si intitola “Umanità accresciuta. Come la tecnologia ci sta cambiando” il nuovo libro di Giuseppe Granieri, amico e collaboratore de “L’espresso”. E’ in uscita per Laterza il 17 aprile ed è incentrato sui mutamenti culturali, antropologici e cognitivi determinati dalle nuove tecnologie. Ne pubblico qui di seguito l’anticipazione che si trova anche su “L’espresso” in edicola oggi.

    In un bel romanzo di Greg Iles, “Il progetto Trinity”, si racconta la storia di un’équipe di ricerca che lavora alla costruzione di un computer quantistico in grado di assimilare dati e processi cognitivi dal cervello umano e di connettersi a tutti i network con la velocità di calcolo di un superprocessore. Non a caso il titolo richiama la trinità e il protagonista è un docente di etica della medicina: tutto lo scenario del racconto è costruito sulla paura e sull’attrazione del superamento della tecnologia sull’uomo.

    Le cronache di questi giorni non sembrano molto lontane da certo immaginario. Prendete la notizia di un chip di silicio che può ricoprire superfici curve e che «si potrebbe usare anche per creare membrane elettroniche per ridare la vista a chi ha subito il distacco della retina»: quanto disterebbe dal concetto di cyborg un uomo con una retina elettronica? Se la definizione di cyborg è quella di organismo con organi artificiali e organi biologici, questo uomo con un impianto elettronico vi rientrerebbe perfettamente.

    E come dovremmo definire il robot con un cervello costruito con le cellule nervose di topo coltivate in laboratorio? Non è fiction, è la realtà: Gordon, costruito dagli scienziati dell’Università di Reading in Gran Bretagna, «si muove in maniera autonoma e, come molti suoi simili, riconosce e schiva gli ostacoli. è il primo robot al mondo ad avere un cervello biologico».

    E quanto distano da certa fantasia gli esperimenti del professor Warwick, che già anni fa si è fatto impiantare un chip che interagiva con il suo sistema nervoso e gli consentiva di muovere una mano, via Internet, da New York a Londra? O i “preliminari cyber” che gli permettevano di interagire a distanza, grazie a degli elettrodi, con la moglie?

    Alcuni anni fa un gruppo di studenti, approfittando del lancio di Real Audio (un software che permette di diffondere voce e suono attraverso Internet) creò un sito burla per lanciare Real Smell, un software in grado di diffondere gli odori attraverso la Rete. Fecero un numero sproporzionato di contatti. Oggi leggiamo sui giornali di una lingua elettronica in grado di distinguere l’annata del vino e la qualità dell’uva. E si stanno elaborando nasi elettronici per scovare le molecole dell’aria e individuare così eventuali esplosivi.

    La tecnologia sta ridisegnando l’universo sensoriale. Esperimenti come quelli di Warwick aprono nuove frontiere per la cura di chi ha subito lesioni al midollo spinale o per i malati di Parkinson. E se parliamo di interfacciare uomo ed elettronica, già oggi abbiamo in commercio dei microchip da iniettare sottopelle per farci rintracciare dai satelliti in caso di rapimento.

    Presto avremo con tutta probabilità un’altra concezione dell’interfaccia con i computer e i network: una società di neuroingegneria, Emotiv15, ha annunciato che metterà presto in commerci un caschetto in grado di leggere la nostra attività cerebrale e di tradurla in impulsi e ordini per i videogiochi. Il sistema funziona utilizzando come base una tecnologia già disponibile in tutti gli ospedali: l’elettroencefalografia non invasiva. Attraverso dei sensori e un collegamento wi-fi, il caschetto legge l’attività del nostro cervello e trasmette informazioni. È necessario un po’ di allenamento, ma con lo strumento è incluso un gioco che permette a tutti di imparare a governare le istruzioni cerebrali.

    Cliff Edwards, che lo ha provato per “Business Week”, racconta che funziona perfettamente: «Dovevo immaginare un cubo e quindi desiderare di farlo scomparire. Dopo un po’ di pratica ero in grado di generare l’esistenza o la sparizione di un cubo sullo schermo ogni volta che volevo». E il dispositivo è anche in grado di leggere le nostre espressioni facciali e trasferirle al nostro avatar sullo schermo.

    Questo caschetto, promesso in vendita a 299 dollari, è solo uno dei tanti strumenti su cui si fa ricerca per collegare il cervello all’elettronica, per farci pensare una cosa e far corrispondere al nostro pensiero un’azione digitale. Insomma, per farci superare il confine tutto biologico tra ciò che riconosciamo come reale e ciò che consideriamo virtuale.

    Il Bci (Brain computer interfacing) non è nato oggi, ma è l’accelerazione di un percorso nato silenziosamente tanto tempo fa, a partire dagli anni Settanta. Le applicazioni vanno dai videogiochi alla riabilitazione di persone che per malattie come la Sla, ictus o incidente, hanno perso in maniera parziale o totale la capacità di controllare i muscoli.

    I Bci, anche applicati ai videogame, consentono per esempio a un bambino disabile di giocare con il fratello normodotato.

    Ma ci sono anche le lenti bioniche, che si stanno sperimentando (per ora) sui conigli: «Speciali lenti a contatto flessibili, dotate di circuiti elettronici e di un display Led, che consentiranno allo spettatore di zoomare su determinati scenari e istantaneamente ottenere tutte le informazioni necessarie sulla persona o l’oggetto presente nel campo visivo. Attraverso lo schermo virtuale, inoltre, si potrà persino navigare in Rete».

    E l’elenco dei possibili utilizzi continua: «Gli impieghi potrebbero essere innumerevoli: dagli automobilisti, che non dovranno più fissare la strada ma avranno tutti i dettagli memorizzati sul display della lente, ai piloti d’aereo, che non saranno più costretti a guardare gli strumenti».

    Per molte di queste applicazioni, che vanno sotto nomi quasi esoterici (wearable computing, intelligent environment, wearware, embedded Internet) e che alludono a tecnologia diffusa nell’ambiente o da indossare, il “rallentamento” principale sono le batterie: non la tecnologia, già quasi disponibile. La contaminazione tra corpo e tecnologia non è più una questione di futuro.

    Ecco perché il tema sta aprendo un dibattito filosofico molto ampio. Sul tavolo vengono messe questioni importanti e argomenti molto vari. Secondo Ray Kurzweil, «nei prossimi 25 anni l’intelligenza non-biologica eguaglierà la ricchezza e la raffinatezza dell’intelligenza umana per poi superarla abbondantemente grazie a due fattori: la continua accelerazione del progresso dell’informatica e la capacità (delle intelligenze non-biologiche) di condividere rapidamente il proprio sapere. Integreremo nanorobot intelligenti nel nostro corpo, nei nostri cervelli e nell’ambiente, risolvendo così problemi come l’inquinamento e la povertà, aumentando la nostra longevità, permettendo realtà virtuali che comprendano tutti i sensi (come in “Matrix”) e la trasmissione di esperienze (come in “Essere John Malkovich”), nonché un notevole incremento dell’intelligenza umana.

    Il risultato sarà la fusione della specie creatrice di tecnologie con il processo evolutivo-tecnologico a cui essa ha dato vita. L’intelligenza non-biologica avrà accesso al proprio design e potrà migliorarsi in un ciclo sempre più veloce di riprogettazione. Quando il progresso tecnologico sarà così rapido da essere incomprensibile per l’intelletto umano non incrementato, quel momento contrassegnerà la singolarità».

    La comprensione culturale di un mondo che cambia così in fretta richiede una ridefinizione dei parametri che utilizziamo per orientarci. Tuttavia è fortemente probabile che la scuola avrà il compito di occuparsi dell’educazione tradizionale, dai classici alla matematica. Quindi il senso dello spirito del tempo, la comprensione culturale, l’educazione ai media saranno un problema delle famiglie. E starà a noi riportare sull’uomo la centralità dell’azione, che le tecnologie abilitano e che oggi ha nuove potenzialità. Il governo stesso della nostra vita emozionale, dei nostri affetti, dei nostri interessi e la tutela dei nostri diritti, la difesa dei nostri valori: sono tutti aspetti che possiamo, oggi, gestire in maniera accresciuta.

    Ma se sapremo guadagnarci, o se guadagneremo, solo ansie, dipenderà solo da noi, dalla decisione di cominciare a governare culturalmente il cambiamento o di subirlo lasciando ad altri (i nostri figli) il compito di affrontarlo e di gestirlo. Loro, non potranno farne a meno.
    Scritto Venerdì, 10 Aprile, 2009
    Link: http://gilioli.blogautore.espresso.repubbl...ta-accresciuta/


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    Siamo Umanità Accresciuta: i media se ne facciano una ragione

    E’ uscito da qualche settimana Umanità Accresciuta - come la tecnologia ci sta cambiando (La Terza, 9,60 euro) di Giuseppe Granieri. L’autore è lo stesso di Generazione Blog e di La Società Digitale, di fatto l’unico italiano che in questi anni si sia incaricato di raccontare, nel tempo lungo del saggio, lo sviluppo del digitale così come questo va nascendo come seconda pelle sotto quella visibile della società italiana (sono convinto, per esempio, che quel “tecnologia” nel sottotitolo sia un’imposizione a Granieri: a lui la tecnologia, per certi versi, fa orrore. Lo interessano le persone).

    Ne parlo oggi perchè l’autore dice giustamente che anche i libri sono conversati e conversano, nella rete. E quindi…

    E’ evidente da quel che ho scritto e dal fatto che ne parlo che secondo me Umanità Accresciuta, titolo non originale ma ugualmente bello, è un libro da leggere, e da parte di due categorie di persone. Da chi vive in rete, fa parte di questo popolo, e che magari conosce già i libri di Granieri, perché questo terzo saggio è in linea di successione logica con i primi due: prima la narrazione di un mondo nuovo, poi la sistemazione teorica di “Società Digitale”, quindi oggi la narrazione di un fenomeno che cresce, con la tranquillità di una pianta nel terreno.

    Due gruppi di lettori
    E da leggere soprattutto da parte di coloro che sono “nuovi” della rete, persone che magari hanno appena appena l’email e un account Facebook. Perché? Perché gli spiega quello che gli sta succedendo, il senso delle loro azioni quotidiane.

    Va detto che Giuseppe (ma sì piantiamola con la finzione, io conosco e sono amico, amico conflittuale, di Granieri) ha fatto uno sforzo di semplificazione del linguaggio che dev’essergli costato una fatica immane, e lo dico sulla base della mia esperienza di quindici anni nel racconto della “tecnologia” ai “profani”.

    La semplicità contro le semplificazioni
    Ma credo che Granieri abbia anche un terzo e decisivo interlocutore. Quello di sempre. I media, i giornalisti, quelli che costruiscono il racconto quotidiano del digitale che si innerva nella società. Un racconto troppo ricco di semplificazioni al limite dell’insopportabile, sempre ispirato alla chiave dell’allarme e del pericolo, efficace nello spiegare ciò che accade come l’Aristotele del Don Ferrante di Manzoni.

    La semplicità di Granieri nasconde in realtà una critica durissima alle semplificazioni dei media. E credo che questo modo di criticare “per affermazioni positive” sia il tratto più tipico di Giuseppe. Che in questo terzo libro rinuncia anche a qualche tono apologetico da profeta delle masse digitali. Gli interessa descrivere i nervi, piuttosto che la “bontà” delle dinamiche che permettono. Umanità accresciuta dice semplicemente che stiamo cambiando pelle, e che questo fatto non coincide con la mostrificazione delle persone e la fine della cultura umana.

    Semmai solo con il declino di una certa cultura del personale mediatico italiano.

    E qui però non posso non dire il mio dissenso, che non è con il libro ma col suo autore.

    Il conflitto assente: Heidi non abita in rete

    Il meglio di un testo sta sempre in ciò che non è entrato nella versione finale. Ma credo che sia una scelta di Granieri, quella di *non* descrivere ciò che accade su due piani che fanno, ogni giorno, la vita della rete. L’economia e la politica. Parolacce? Credo che Granieri le ritenga tali: ma senza introdurre il condizionamento dell’economia (per esempio, l’evoluzione del progetto Google da Don’t Be Evil a società per azioni) e il conflitto (cioè la politica), perlomeno come retroterra del proprio analizzare, poi si rischia di descrivere un meraviglioso mondo nuovo privo di contraddizioni e nel quale non ci sono interessi. Ma Heidi non abita in rete….

    Il conflitto è la vera allergia culturale di Granieri. Ma cos’è la sua polemica per affermazioni positive, se non l’espressione di un conflitto? Se la rete è oggi al centro di un conflitto su neutralità, libertà, perché non parlarne? Se l’evoluzione del digitale, con la dissoluzione di una industria dei media ormai decrepita, rischia di cancellare anche la funzione democratica del giornalismo, perché non parlarne?

    Ma evidentemente Granieri non è me (per sua fortuna) e queste sono le mie sensibilità e il mio modo di vedere la rete. Però si discute, no?
    3.5.09

    Link dell'articolo repubblica.it

    e infine il BLOG di Granieri l'autore
     
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  10. _Nicoletta
     
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    Qualcuno del forumillo ha letto La verità è che non gli piaci abbastanza ? E se me lo consiglia

    CITAZIONE
    trovato questo su anobii:
    Che cos'è un uomo? La più grande paranoia della donna! Lui le racconta e tu te le bevi: scuse, bugie, giustificazioni, tutte belle parole, spesso anche profonde e apparentemente sensate. Peccato che vadano a cozzare con le sue azioni, che invece urlano, chiaro e tondo: "Non mi piaci abbastanza!" E se non ci pensa lui a giustificarsi, ci pensi tu, arrovellandoti, ossessionando le amiche, sprecando lacrime e sonno: "Forse non vuole rovinare la nostra amicizia", "Non è colpa sua, ma della sua famiglia", "È troppo preso dal lavoro", "Ha paura di soffrire di nuovo". Scendi dal pero! Il suo comportamento non è strano, non è contraddittorio: se un uomo ti vuole, te lo fa capire. Se non ti vuole, invece cerca di svicolare, si nasconde dietro mille scuse, e magari è capace addirittura di dare la colpa a te! In questa guida, due sceneggiatori della fortunata serie televisiva Sex and the City, un uomo, ex campione di scuse, e una donna, campionessa in carica di paranoie, insegnano come riconoscere le giustificazioni vere da quelle false: un esilarante botta e risposta fra donne in crisi e l'esperto, consigli, rivelazioni ("Gli uomini sanno come funziona un telefono"), divieti ("Non stare altri dieci minuti con lui se noti uno dei seguenti comportamenti..."), aneddoti personali, esercizi pratici, per non perdere altro tempo e smettere di farsi illusioni.
    e carino questo commento
    CITAZIONE
    Sì, è vero, è un po' una cavolata ed è anche semplicistico.
    Però:
    - Chi dice che le cose devono per forza essere complicate, tormentate e tortuose?
    - Se una sera sei malinconica e tutti i tuoi amici franchi e schietti sono impossibilitati a raggiungerti, è un valido sostituto.
    - Io ogni tanto tendo a dimenticarmi che gli uomini sanno come si usa un telefono. Vederlo scritto su un libro è un buon promemoria.
    - Fa ridere. Un sacco. E questo è il suo pregio maggiore.
    E poi magari alla fine scopri che non TI piace abbastanza...

     
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  11. _Nicoletta
     
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    Manuel Castells
    Comunicazione e potere
    Università Bocconi editore, 2009
    693 pagine, 34,50 euro



    Tutte le armi della lotta per le menti delle persone
    Con le reti, per la prima volta nella storia la voce di attori extra establishment può raggiungere un pubblico ampio e innescare mobilitazione. Manuel Castells spiega "Comunicazione e potere" nell’età dell’informazione

    Da quando, ragazzino, distribuiva volantini antifranchisti nei cinema di Barcellona, Manuel Castells ha capito che “il potere è basato sul controllo della comunicazione e dell’informazione”. Da allora in poi il sociologo catalano ha partecipato a gran parte dei movimenti sociali dell’ultimo mezzo secolo, vivendo e osservando la lotta per conquistare le menti delle persone e gli arsenali messi in campo a questo fine. Ha analizzato il rapporto tra comunicazione e potere fino a essere definito dal Financial Times, pochi giorni fa, “il Marshall McLuhan dei nostri tempi”.

    In Comunicazione e potere (Università Bocconi editore, 2009, 693 pagine, 34,50 euro) Castells rivela la dimensione politica di chat, blog, peer-to-peer, sms, instant messaging e social network elettronici, spiegando perché le regole della politica mediatica non possono che portare al killeraggio politico, un'espressione da lui introdotta anni fa. “Il potere è più che comunicazione”, concede, “ma il potere si fonda sul controllo della comunicazione, come il contropotere dipende dall’infrangere quel controllo”.

    Il suo discorso si fa immediatamente concreto con l’analisi del potere e della comunicazione nella moderna società in rete, “una struttura sociale costruita intorno a (ma non determinata da) reti digitali di comunicazione”. Anche se i poteri si organizzano essi stessi in reti e mirano al controllo dei nuovi mezzi di comunicazione, internet e le tecnologie mobili hanno reso possibile quella che Castells definisce autocomunicazione di massa. Per la prima volta nella storia, grazie al potere moltiplicativo dei passaggi tra reti sociali connesse, la voce di attori estranei all’establishment può raggiungere un pubblico paragonabile a quello dei mass media e innescare la mobilitazione politica. A questa possibilità, e alla sua salvaguardia, Castells dedica la sua opera più significativa dai tempi della trilogia L’età dell’informazione.

    Dell’autocomunicazione di massa si sono avvalsi, nel recente passato, i promotori di politiche insorgenti (di cambiamento) come Barack Obama, il movimento ambientalista o quello che si è creato, in Spagna, all’indomani degli attentati dell’11 marzo 2004, quando il governo spagnolo tentò di incolpare i separatisti baschi dell’Eta a fini elettorali. Dimostrando precisione certosina e infaticabile capacità di lettura e gestione di materiali che spaziano dalla politica al business, dalla comunicazione alle neuroscienze, dalla tecnologia alle dinamiche sociali, Castells ricostruisce nel dettaglio le vicende dei tre movimenti, mettendo in luce la centralità delle scelte comunicative legate alle reti.

    Castells è altrettanto rigoroso nelle sezioni dedicate alla ricostruzione delle intricate reti di potere e di comunicazione dei nostri tempi (con un’approfondita analisi della disinformazione che ha reso accettabile l’invasione dell’Iraq) e dei condizionamenti che i mezzi di comunicazione impongono alla politica, fino a trasformarla in una “politica mediatica”.

    Individua il rischio maggiore nell’appropriazione di internet da parte del potere (con i casi delle diverse strategie di controllo di Russia e Cina) e da parte delle imprese, che perseguono una strategia di “mercificazione della libertà: recintare i beni comuni della comunicazione libera e mettere in vendita l’accesso alle reti di comunicazione globale chiedendo in cambio alla gente che ceda la propria privacy e diventi bersaglio della pubblicità (...) È per questo forse che i movimenti sociali più decisivi della nostra epoca sono esattamente quelli che mirano a preservare internet libera, libera tanto dai governi quanto dalle aziende, perché ritagliano uno spazio di autonomia comunicazionale che costituisce il fondamento del nuovo spazio pubblico nell’Età dell’Informazione”.

    LEGGI l’appassionata Apertura del volume di Castells http://www.stampa.unibocconi.it/editor/arc...90828165321.pdf

    ACQUISTA il volume online a prezzo scontato http://www.egeaonline.it/ITA/Catalogo/Sche...N=9788883501470
    :paper:


    Dopo la tesina di sociologia del lavoro
    mi sono innamorata di Castells
    (mannaggia era anche a Milano
    in periodo esami però :angry: )
     
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  12. _Nicoletta
     
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    Dall'introduzione :fiori:
    CITAZIONE
    "Perché i Ministeri dell’Istruzione, allora come adesso, continuano a commissionare manuali di storia e, in alcuni paesi, decidono persino
    quali dei (solo quelli autentici) si debbano omaggiare nell’aula
    scolastica? Perché gli studenti dovettero lottare per la libertà di parola; i sindacati per il diritto a diffondere informazioni su lavoro in azienda (allora sulla bacheca, oggi sul sito web); le donne per creare
    librerie delle donne; le nazioni sottomesse per comunicare nella propria lingua; i dissidenti sovietici per distribuire la letteratura dei samizdat; perché gli afroamericani negli USA e i popoli colonizzati in tutto il mondo hanno dovuto lottare perché gli fosse concesso di leggere? Quello che sentivo allora, e che penso adesso, è che il potere
    è basato sul controllo della comunicazione e dell’informazione, sia che si tratti del macropotere dello stato e delle corporation dei media, o del micropotere di organizzazioni di ogni sorta."

     
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  13. _Nicoletta
     
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    Pagine oscure
    L’Estrema Destra italiana e la comunicazione mediata da computer in una prospettiva psicosociale

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    pubblicato nella collana Con-Testi e Tecnologie . Il testo sarà edito dalla Casa Editrice ScriptaWeb (Scriptaweb.eu) di Napoli, in formato e-book interattivo con print-on-demand anche personalizzati.
    pubblicato nella collana Con-Testi e Tecnologie diretta dalla Prof.ssa M. B. Ligorio. Il testo sarà edito dalla Casa Editrice ScriptaWeb (Scriptaweb.eu) di Napoli, in formato e-book interattivo con print-on-demand anche personalizzati.
    Prezzo
    Edizione online con stampa economica € 26.00
    Edizione online con volume in brossura € 31.00
    si trova qui: http://scriptaweb.eu/Catalogo/pagine-oscure

    :paper:
    mi sembra interessante
    anche per la mia tesi
    :ma: in realtà mi sembra sempre che c'entri con la tesi...

    e dells stessa casa editrice
    Le vie della persuasione sono infinite
    Edizione Universale


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    Prezzo
    Edizione online con stampa economica € 28.00
    Edizione online con volume in brossura € 34.00
    si trova qui http://scriptaweb.eu/Catalogo/le-vie-della...e-sono-infinite
    L'acquisto prevede la consultazione online per 12 mesi della copia personale e la spedizione a domicilio del DraftPrint, ovvero una copia a stampa in formato economico di supporto alla lettura online. Il Draft è realizzato con la tecnica del print on demand e riporta i dati dell'acquirente.
     
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  14. _Nicoletta
     
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    Ci sono molti titoli interessanti
    sul
    http://scriptaweb.eu/Catalogo

    per esempio per la tesi
    Lino Rossi
    Trattato di Psicologia del maltrattamento e dell'abuso
    vol I e II

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    http://scriptaweb.eu/Catalogo/trattato-di-...-e-dell-abuso-1
    INDICE SOMMARIO - Trattato di Psicologia del maltrattamento e dell'abuso. Indice . Capitolo 1 - Introduzione alle questioni generali del maltrattamento e dell'abuso . Introduzione: per aprire una riflessione. 1.1. Inquadramento del concetto di abuso. 1.2. L’abuso sessuale ai danni di minore alla luce delle normative italiane. 1.4. Possibili fattori di rischio dell’abuso sessuale. 1.5. Alcune possibili conseguenze dell’abuso. 1.6. Pedofilia e condotte pedofile: criteri di definizione. 7. Trasferibilità dell’abuso sessuale?. 1.8. Esposizione sessuale precoce: quali rischi?. 1.9. Per concludere: questioni aperte. 1.10. Bibliografia. Capitolo 2 - La tutela internazionale dei fanciulli: storia di un percorso ad ostacoli . 2.1. La protezione del bambino sul piano internazionale: un lento e faticoso cammino. 2.2. La Convenzione internazionale sui diritti dell’infanzia del 20 novembre 1989: uno statuto dei diritti del bambino vincolante per gli Stati. 2.3. Il (discutibile) Sistema di Garanzia. 2.4. Il ruolo dell’UNICEF. 2.5. Diritti dei minori, doveri dei genitori e dei tutori. 2.6. La Convenzione Europea sull’esercizio dei diritti dei bambini. 2.7. Il processo di implementazione della Convenzione in Italia visto attraverso il “Rapporto alle Nazioni Unite sui diritti dell’infanzia e l’adolescenza” del novembre 1998. Capitolo 3 - Una lettura antropologica dei diritti dei minori (homo pueri lupissimus est). 3.1. Un dato di partenza: relativismo culturale . 3.2. Una riflessione sulla culturalità come dimensione di confronto sull’esercizio dei diritti reali da parte dei bambini e delle bambine. 3.3. Quali possono essere i contenuti transnazionali di un codice dei diritti fondamentali dell’infanzia. 3.4. Il concreto non può che essere quello normato-normativo. 3.5. Oltre il concreto. Per una critica personalistica al diritto transnazionale. Capitolo 4 - Le tecniche d'intervista. 4.1. La memoria dei bambini. 4.2. La metodologia dell’intervista. Capitolo 5 - Narrazione e credibilità del bambino testimone e vittima di abuso sessuale . 5.1. Capacità testimoniale e credibilità. 5.2. Il valore della verità storica. Capitolo 6 - L'io come maschera. Discorso e verità . 6.1. La verità e i suoi doppi. 6.2. Verità e dolore mentale. 6.3. L’approccio costruttivistico: verità e viabilità. 6.4. Il punto di vista narrativo. 6.5. Narrazione e riparazione. 6.6. La prospettiva psicoanalitica. 6.7. La semiotica testuale. 6.8. Il destinatario. 6.9. Conclusione. 6.10. Bibliografia. Capitolo 7 - La valutazione della credibilità del racconto mediante la SVA. 7.1. La Statement Validity Analisys (SVA). 7.2. I principali errori nell’applicazione della SVA. 7.3. La ricerca delle spiegazioni alternative. Capitolo 8 - Le spiegazioni alternative. 8.1. Ricerca di ipotesi alternative e metodo falsificazionista. 8.2. L’SVA come strumento falsificatorio.


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    http://scriptaweb.eu/Catalogo/trattato-di-...-e-dell-abuso-2

    INDICE SOMMARIO - Trattato di Psicologia del maltrattamento e dell'abuso . Indice . Capitolo 1 - Suggestionabilità: ricerche e applicazioni nel settore forense. 1.1. Cenni storici sullo studio della suggestionabilità. 1.2. Definizione di suggestionabilità. 1.3. Fattori di differenza individuale e fattori situazionali. 1.4. Spiegazione degli effetti di suggestionabilità. 1.5. Strumenti di misurazione della suggestionabilità. 1.6. Bibliografia. Capitolo 2 - Le dichiarazioni a reticolo . 2.1. Introduzione alle dichiarazioni a reticolo. 2.2. Definizione di dichiarazione a reticolo. 2.3. Abusi sessuali ritualistici ovvero dichiarazioni a reticolo. 2.4. Dalla teoria alla clinica: un caso di dichiarazioni a reticolo. 2.5. Il reticolo tridimensionale. 2.6. Dalla teoria alla clinica: un caso di dichiarazioni a reticolo tridimensionale.
    La psicologia del maltrattamento e dell'abuso si pone al centro di riflessioni che appartengono all'ambito della psicologia clinica dello sviluppo, della psicologia sociale e per alcuni aspetti della psicologia sperimentale. L'oggetto di studio di questa articolata disciplina riguarda quindi una serie di fenomeni altamente complessi e bisognosi di un approccio pluridisciplinare che vede coinvolta la psicologia, la sociologia, il diritto e le tecniche d'intervento clinico-giuridiche. Il trattato cerca di rispondere alle esigenze di coloro che si occupano dell'argomento offrendo un panorama di carattere teorico solido e non sbilanciato verso modelli esplicativi orientati a valutare in modo pregiudiziale le questioni in gioco. La filosofia di fondo che accompagna i diversi volumi è il falsificazionismo che consente una lettura critica dei temi collegati alla valutazione e al trattamento del maltrattamento e dell'abuso nel bambino e nelle fascie protette delle donne e degli anziani. Ciò permette di evitare contrapposizioni accademiche fra coloro che tendono a sovrastimare i falsi positivi e chi invece al contrario tende a sottostimarli fino a negarli. Il lavoro quindi si pone in una logica di confronto e di valutazione scientifica volta a considerare i fatti di maltrattamento e abuso come situazioni complesse che richiedono un intervento specie specifico diversificante.

    Piano dell'opera:
    Volume I - Definizioni, problemi generali di riconoscimento dei diritti del bambino, l'ascolto e la narrazione del bambino in ambito forense.
    Volume II - Suggestionabilità e reati sessuali collettivi sui bambini.
    Volume III - Violenza in famiglia e maltrattamento e abuso in casi di separazioni e divorzi problematici.
    Volume IV - La clinica e la cura del bambino maltrattato e abusato.
    Volume V - L'accompagnamento psicosociale e la cura delle donne e degli anziani vittime di abuso e maltrattamento. Il trattamento dell'autore di reato.

    Lino Rossi è criminologo; laureato in Filosofia e in Pedagogia, laureato magistrale in Psicologia educativa e clinica; Dottore di ricerca in Sociologia e Specialista in Criminologia clinica e in Psicoterapia.
     
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  15. vitoc
     
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    :paper:

    ... Gli zoccoli del camoscio sono le quattro dita del violinista... appigliano l'aria... sono quattro assi in tasca a un baro. Con loro la gravità è una variante al tema, non una legge.

    Chiedo scusa per la libera "riduzione" un libro quello di Erri de Luca "Il Peso della farfalla" che inganna con la sua esilità di pagine per coivolgerti in una lettura densa e profonda che odora di mughi, di vita e di morte.
    A me oltre la tristezza....
     
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23 replies since 14/6/2008, 10:11   1353 views
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