[POST-IT ] Tesi FaD & forum nonufficiale ...e dintorni

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  1. _Nicoletta
     
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    I capitoli:

    * Introduzione;
    * Dalla multimedialità alle comunità virtuali;
    (* Il Camino de Santiago;
    * Il Camino de Santiago come comunità virtuale;
    * Il Camino oggi: convergenze tra realtà e comunità virtuale;
    * Conclusione;
    * App. 1: Messaggi delle liste;

    Dalla multimedialità alle comunità virtuali
    Tra on-line e off-line: la persona nella Rete
    Comunità e reticoli sociali
    La persona nella Rete: identità e pseudonimato
    qui: http://dinamico2.unibg.it/lazzari/santiago...ella/cap1_4.htm
    * App. 2: Interviste;)
    * Bibliografia.

    I sottocapitoli:

    * La comunicazione in rete;
    * Multimedialità e interattività in ambiente-internet;
    * Le comunità virtuali;
    * Tra on-line e off-line: la persona nella Rete.


    e qui dalluni di Bergamo:
    http://dinamico2.unibg.it/lazzari/santiago...ella/cap1_3.htm

    Dalla multimedialità alle comunità virtuali
    La comunicazione in rete
    qui: http://dinamico2.unibg.it/lazzari/santiago...ella/cap1_1.htm

    Dalla multimedialità alle comunità virtuali
    Multimedialità e interattività in ambiente-internet
    Ambiente-internet e i suoi micromondi
    La Computer-Mediated Communication
    qui: http://dinamico2.unibg.it/lazzari/santiago...ella/cap1_2.htm
     
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  2. _Nicoletta
     
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    Elementi Teorici per la Progettazione dei Social Network
    http://www.scribd.com/doc/326031/Elementi-...ork-10-20070924
    in pdf qui
    http://documents.scribd.com/docs/1oie60z3urjkl0jlpkl4.pdf
     
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  3. _Nicoletta
     
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    la frase iniziale
    qui è detta dal suo autore
    Godfrey Reggio
    http://www.stockexchangeofvisions.org/vision.php?id=211

    poi utile form@are la rivista on line:
    http://formare.erickson.it/archivio.html

    Milano, 23 aprile 2007 – Nielsen//NetRatings, leader globale nelle analisi e ricerche su Internet, comunica i dati ufficiali relativi allo scenario Internet in Italia nel mese di marzo 2007- utenza casa+ufficio.
    A marzo crescono in Italia i navigatori attivi: 18,8 milioni gli utenti che si sono connessi al Web almeno una volta nel mese da casa o dal luogo di lavoro (+2% rispetto a febbraio 2007, +5% rispetto a marzo 2006), che diventano 20,7 milioni prendendo in considerazione anche chi ha utilizzato applicazioni quali l’instant messenger o i programmi per scaricare musica e film.
    La navigazione da parte di questi utenti ha ormai frequenza quasi giornaliera (29 sessioni nel mese) e il tempo dedicato al Web da ciascuno, ossia 18 ore e 25 minuti, cresce di 1 ora e 20 minuti rispetto a febbraio e di quasi 4 ore rispetto a un anno fa.
    Intorno a Internet ruota quindi un’audience sempre più numerosa e interattiva che dedica maggiore attenzione al mezzo, stimolata in tal senso dalla penetrazione della banda larga sempre più diffusa. A marzo sono stati 14 milioni i navigatori che si sono collegati dalle loro abitazioni con connessioni veloci, il 77% di tutti i navigatori da casa. Con tempi davvero significativi: 29 ore nel mese per il navigatore broadband contro le 14 ore di chi è dotato del vecchio modem
    da qui
    http://blog.arscolor.com/file.axd?file=pr_070423_IT.pdf

    questo non mi serve ma è interessante
    “Il mondo del Web 2.0, e in particolare dei contenuti digitali audiovisivi, è il beneficiario privilegiato dell’alta velocità” commenta Ombretta Capodaglio, Marketing Manager Nielsen//NetRatings “L’ampliamento della banda consente una nuova esperienza di navigazione, più dinamica e appagante, capace di coniugare la fruizione televisiva dell’immagine e dei suoni con l’interattività della rete”.
    L’offerta di video online e di altri contenuti in streaming sta proficuamente cavalcando la nuova tecnologia. Segni di questa innovazione sono i successi dei siti del Web 2.0, non solo dei siti di video online come YouTube, i canali video di Libero, Alice, Google e le Web TV (come le sezioni TV e Multimedia di Repubblica e i Mediacenter di Corriere e Gazzetta), ma anche dei motori di ricerca “umani” come Wikipedia (6,6 milioni di utenti, più che raddoppiati nell’ultimo anno) e
    Yahoo! Answers (che in 10 mesi ha raggiunto un’utenza di 2,2 milioni) e dei siti dove costruirsi una vita virtuale come Second Life (ancora poco visitato in Italia, ma che solo nell’ultimo mese ha visto triplicare la propria utenza, passata dai 70 mila utenti di febbraio ai 230 mila utenti di marzo).
    Accanto a questi siti continua a crescere anche l’utilizzo delle applicazioni Internet (14,8 milioni a marzo, +12% rispetto al 2006), dagli instant messenger (7,2 milioni di utenti solo per MSN Messenger, +48% nell’ultimo anno) al peer-to-peer e al “for free”. eMule ha avuto 6,4 milioni di utenti a marzo (+49% rispetto a un anno fa), Skype 2,5 milioni (+54% nell’ultimo anno) e iTunes 2,1 milioni (+94% rispetto a marzo 2006).
    Per quanto riguarda le categorie più tradizionali a marzo gli internauti hanno intensificato la presenza sui siti governativi e della pubblica amministrazione (10,8 milioni di visitatori, +8% rispetto a febbraio), sui siti di ricerca di lavoro (+23% rispetto a febbraio) e sui siti di travel.
    L’avvicinarsi delle vacanze pasquali e dei ponti del 25 aprile e 1 maggio sembra infatti stimolare la voglia di viaggi: 9,5 milioni di persone (il 47% di tutti i navigatori italiani) hanno visitato un sito di travel nel mese di marzo.

    Milano, 4 aprile 2007 – Nielsen//NetRatings, leader globale nelle analisi e ricerche su
    Internet, presenta per la prima volta i dati ufficiali del fenomeno Web 2.0 in Italia (dati del mese di gennaio 2007 – panel casa + ufficio).
    Lo studio quantitativo sul Web 2.0 è stato presentato da Nielsen//NetRatings durante il convegno “Marketing Reloaded: slogan o vero cambiamento” di venerdì 30 marzo,
    organizzato dalla School of Management del Politecnico di Milano in collaborazione con Nielsen, Nielsen//NetRatings e Connexia,
    La dimensione del fenomeno
    Il Web 2.0 o My.Internet è l’ambiente in cui si sono sviluppati dei siti e delle applicazioni web, che mettono il controllo del contenuto, sia generato direttamente dall’utente che no, nelle mani del consumatore.
    A gennaio il 56% dei navigatori italiani, pari a 11 milioni 380 mila persone, hanno visitato almeno una volta i siti del Web 2.0. Questi utenti mostrano dati di consumo della rete più elevati rispetto alla media (27 ore e 50 minuti contro le 18 ore e 36 minuti della media), in virtù del frenetico bisogno di collegarsi assiduamente alla rete (44 collegamenti mensili contro i 29 della media).
    “Le applicazioni Web 2.0 facilitano la distribuzione dei contenuti e la socializzazione – ha dichiarato Daniele Sommavilla, Vice President South Europe di nielsen//NetRatings – e gli utenti hanno uno stimolo particolare ad affacciarsi alla finestra dell’online con continuità, per aggiornarsi, verificare se qualcuno ha risposto allo stimolo messo in rete precedentemente, condividere un’informazione, un parere, un’esperienza”.
    e anche qui
    http://www.nielsen-netratings.com/pr/PR_040407_IT.pdf

    altre notizie sulla Nielsen http://iab.blogosfere.it/tag/Nielsen%20Online image


    image
    Ma quanti sono i navigatori in più rispetto allo scorso anno? Sono più i giovani o i non-giovani a popolare la rete? Donne o uomini? E quali sono i siti più attraenti? Vediamo cosa dicono i dati della ricerca Nielsen Online.

    La ricerca condotta da Nielsen Online mette in evidenza una crescita del 23% degli utenti che accedono ad internet sia da casa che dall'ufficio. Sono ancora gli uomini a far registrare una presenza percentuale superiore, 52% rispetto al 42% delle donne, ma queste crescono molto più rapidamente (28% in un anno contro il 19% degli uomini). Crescono gli utenti appartenenti alle fasce d'età 12-17 (quasi 2 milioni, +24% rispetto al 2006) e 35-49 (8,3 milioni, +52% rispetto al 2006). Gli utenti maschi nella fascia d'età 18-24 diminuiscono mentre le donne risultano più numerose in tutte le fasce d'età.
    Tra le categorie di siti che registrano gli aumenti di utenti più significativi ci sono i siti di video con in testa Youtube , seguito da Alice Video, Google Video e Libero Video (+96%, con 10 milioni di utenti); dei siti di mappe e informazioni di viaggio con Google Maps, ViaMichelin, Paesionline, Google Earth e Mappy (+69%, con 9,5 milioni di utenti), i siti di broadcaster come Meidaset, Rai, Sky, La Repubblica TV e Corriere TV, (+68%, con 8,2 milioni di utenti) i siti che offrono strumenti di ricerca e traduzione per le lingue, Wikipedia, Yahoo! Answers, WordReference e Altavista Babel Fish (+65%, 10,2 milioni di utenti) i siti di news (+56% e 12,5 milioni di utenti) con La Repubblica, Il Corriere della Sera, MSN News, Ansa e Mediaset News, le communities (14,3 milioni di utenti, +46%), trainate soprattutto da Windows Live Spaces, Libero Community, Alice Community, MySpace e Facebook, più che raddoppiati sono gli utenti dei siti per le ricerche immobiliari (1,9 milioni).
    Per quanto riguarda l'e-commerce "in Italia cresce ma a piccoli passi (+6% nell'ultimo anno, con una penetrazione del 44% sul totale dei navigatori), che non gli consentono di ridurre il gap nei confronti di altri paesi europei come Regno Unito, Francia e Germania dove la penetrazione varia dal 60 al 67%" commenta Ombretta Capodaglio, Marketing Manager Nielsen Online. "Nonostante questo gap, è importante sottolineare come invece in Italia Internet intervenga massicciamente a supporto delle fasi di ricerca delle informazioni: i siti di confronto prezzi hanno un peso importante all'interno della categoria e-commerce, raggiungendo il 32% dei navigatori italiani."

    GLI UTENTI/ATTORI DEL WEB 2.1
    I siti di seconda generazione, quelli prodotti e aggiornati dagli stessi utenti attraverso il social networking come blogs, social bookmarking, wikis, podcasts, RSS feeds, registrano un interesse sempre maggiore, raccogliendo l'interesse di 13,6 milioni di utenti, il 61% dei navigatori italiani. I frequentatori di blog sono 6,4 milioni (con più di un navigatore su 5 che si muove attivamente in questi spazi della Rete).
    "In soli sei mesi - da gennaio a giugno del 2007 - la nostra analisi sui siti di Web 2.0 ha rilevato 2 milioni di visitatori in più. Questo dato conferma che il desiderio di condividere esperienze ed emozioni non è un fenomeno estemporaneo ma risulta invece essere sempre più radicato tra gli internauti" continua Ombretta Capodaglio. "Ponendo infatti l'attenzione su alcuni dei casi più noti del Web 2.0, emerge come l'interesse verso nuove forme di socialità sia un fenomeno tutt'oggi in crescita, che registra incrementi di utenza molto sostenuti: Wikipedia raccoglie 8,4 milioni di utenti, con una crescita del 59% nell'anno, YouTube con oltre 7 milioni e Myspace con 2,6 milioni di utenti hanno più che triplicato l'audience nell'ultimo anno." conclude la Capodaglio.
    qui 24 gennaio 2008
    Gli italiani e internet. I dati di Nielsen Online


    da Nielsen stessa ricerca ma a dicembre 2007
    http://www.nielsen-netratings.com/pr/pr_071228_IT.pdf
    I dati del mese di novembre 2007: oltre 9 milioni gli utenti che si collegano da ufficio
    Sono oltre 23 milioni gli utenti che si sono connessi al web almeno una volta a novembre da casa
    e/o da ufficio (24,5 se si includono anche gli utilizzatori di applicazioni come gli instant messenger, i
    software per la riproduzione video/audio o applicativi quali Skype e Google Earth), in crescita del
    3% rispetto al mese precedente. Nel dettaglio, gli utenti che accedono alla Rete da casa sono
    sostanzialmente stabili a 18,8 milioni, mentre quelli che navigano dall’ufficio continuano a crescere
    superando a novembre i 9,2 milioni, con un incremento del 5% rispetto ad ottobre.
    Le metriche riguardanti il consumo del web rimangono stabili o in lieve diminuzione rispetto al mese
    precedente: le sessioni per utente ammontano a 31, le pagine viste risultano essere poco meno di
    1.600, per un totale complessivo di tempo speso online nel mese oltre 21 ore e 50 minuti.
     
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  4. _Nicoletta
     
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    il web è nato per condividere le idee degli scienziati. Sostiene Tim Berners Lee che il sogno della comunicazione diretta attraverso il sapere condiviso deve essere possibile per gruppi di qualsiasi dimensione, gruppi che possono interagire elettronicamente con la medesima facilità che facendola di persona. Il web diventa un mezzo di gran lunga più potente per favorire la collaborazione tra popoli. Lui aveva in mente un mezzo di comunicazione attraverso il quale si potesse condividere sapere e grazie alla costruzione di un web ipertestuale tutti si potessero esprimere con facilità , acquisire sapere e veicolarlo velocemente. Così si formerebbe una rete di conoscenza che collabora per la comprensione reciproca e tutti coloro che vorrebbero entrare , lo potrebbero fare avendo così a disposizione una storia di decisioni e motivazioni da scoprire. Allora tutti i partecipanti hanno in comune la fiducia che incoraggia una comunicazione più spontanea e diretta.
    Lui immaginava il Web come uno spazio universale in cui possono viaggiare tutti i link ipertestuali. Uno specchio che riflette rapporti, conversazioni e interazioni sociali.
    Se si pensa il blog è tutto questo. Derrick De Kerckhove scrisse nella prefazione del libro di Giuseppe Granieri , blog generation, che il blog rappresenta la creatura più matura del web. Il funzionamento del blog si basa soprattutto sulla connessione di intelligenze , fondante sul collegamento delle stesse. In questo modo non si parla più della somma delle intelligenze ma di moltiplicazione delle stesse. Nel tempo questa intelligenza favorisce la creatività attraverso l'utilizzo delle conoscenze preesistenti.
    Le mie navigazioni di oggi sono state nel blog di Giuseppe Granieri:
    http://www.apogeonline.com/webzine/2007/01...19/200701031901
    http://www.bookcafe.net/blog/blog.cfm?id=427
    http://www.bookcafe.net/blog/vs.pdf
    http://www.bookcafe.net/blog/op_pubblica.pdf
    http://www.bookcafe.net/blog/intervistaipro.pdf
    http://www.lellovoce.it/article.php3?id_article=323
    Tra le tante navigazioni tutte molto interessanti perchè mi danno la possibilità di riflettere sul blog da tanti punti di vista, penso che il blog come strumento sia in grado di sviluppare la capacità di pensiero metariflessivo. Vabbè comunque lo dicono tutti!!
    Condivido con Giuseppe Granieri il fatto che in rete gli individui assumono due forme : da connessi si trasformano in coinvolti. A me sta succedendo che accendo il computer perchè mi incuriosisce leggere cosa si scrive in rete, dai miei blogger preferiti e poi scrivere ciò che penso sul mio blog.

    da http://bloggerimma.blogspot.com/search/label/Web

    La teoria del posizionamento sostiene che il Sè di ognuno occupa determinate posizioni a seconda del contesto e delle relazioni. Si parla di un Sè decentrato e spazializzato perchè costituito da un Io che cambia identità a seconda della propria posizione . Le posizioni sono chiamate anche voci perchè dialogano tra loro e si aggregano. Una persona infatti può identificarsi in diverse posizioni a seconda del contesto e delle relazioni, infatti un narratore a seconda di cosa scrive e dei momenti può essere un narratore, un personaggio della sua descrizione oppure può essere un ascoltatore . In quest'ultimo caso si pone al di fuori di sè per osservare se stesso e per riflettere su se stesso. Hermans ha elaborato questa teoria ulteriormente sostenendo che il Sè dialogico può occupare posizioni interne al soggetto o esterne. Le posizioni interne sono costituite da ciò che l'individuo sente di essere in reazione al contesto e alle relazioni interpersonali come l'Io studente, l'Io moglie ecc. I posizionamenti esterni sono i rispettivi in relazione al mondo esterno come il mio insegnante o mio marito, ecc.
    Le due teorie del Sè dialogico e del posizionamento ben si adattano al blog perchè il blog non è solo luogo di costruzione di conoscenza ma anche luogo di costruzione di identità. Le due teorie spiegano come si costruisce l'identità in un contesto comunicativo mediato dal computer. Le disquisizioni incentrate sulla genesi delle identità misero l'accento sulle identità come risultanti di fattori innati. Successivamente si discusse se l'identità o personalità fossero anche il risultato del contesto nel quale l'individuo era immerso e si concluse che la personalità era fortemente influenzata dall'ambiente sociale di ogni individuo. Ora si intende per identità il Sè dell'individuo che si costruisce in contesti dialogici, mediante i diversi posizionamenti che il Sè di volta in volta occupa. Per questo si parla di identità dialogiche, cioè identità che si costruiscono attraverso i diversi dialoghi del soggetto a seconda del contesto e delle relazioni.
    Leggendo alcuni post di blog diaristici si nota come secondo i blogger , ognuno esprime se stesso narrandosi perchè ci si maschera solo a se stessi. I blog sono diversi dalle chat o simili, perchè un blogger tende sempre a descrivere se stesso e le sue esperienze. Con questo descrive la proria identità. Nelle chat invece ci si può immedesimare in un'altra identità a seconda delle relazioni che si stabiliscono: una persona può dire di essere qualcun'altro , essere un altro ancora in un'altra chat e così via. Nel blog invece l'autore può solo occupare posizioni differenti a seconda del contesto, ma la propria identità è sempre conservata: ad esempio può essere narratore o spettatore se riflette su se stesso. Il fatto cruciale è che nei blog diaristici ognuno tende a conservare la stessa persona perchè l'atto del narrare è la tessitura della propria vita, ossia il dare un senso alla propria vita, alle proprie azioni. Quindi ognuno è ciò che scrive per capire meglio se stessi.

    da qui: http://bloggerimma.blogspot.com/2007/05/te...zionamento.html



    Gruppalità in rete

    Un gruppo che lavora nel blog sviluppa tutte le caratteristiche tipiche di un gruppo:
    la fiducia tra i membri , ulteriormente sviluppata dal linguaggio amichevole ,
    l'interdipendenza reciproci ( sociale e nel compito);
    la condivisione di conoscenza. Quest'ultima viene sviluppata dall'integrazione tra i membri del gruppo , che attraverso la fiducia reciproca mettono in gioco conoscenze tacite , importante per sviluppare la cultura del gruppo ; una cultura che diventa parte del gruppo stesso e che crea un clima sereno e distensivo , adatto a sviluppare le singole potenzialità che accrescono le performance del gruppo intero.
    Il gruppo che lavora nel blog diventa "gruppo di lavoro" che si impegna per raggiungere un obiettivo comune , ma d'altra parte si trasforma in "lavoro di gruppo" quando tutti si impegnano coerentemente per arrivare a raggiungere lo scopo del gruppo ; lo stesso docente diventa leader democratico che responsabilizza i membri, li rende autonomi , ma che sa anche ascoltare ponendosi con pensiero duale.
    da http://bloggerimma.blogspot.com/search/label/gruppo

    Modelli didattici di matrice costruttivistica

    L'approccio costruttivistico considera l'apprendimento come un processo nel corso del quale ognuno crea la propria rappresentazione della conoscenza mettendola in relazione con la propria esperienza. Le caratteristiche di tale approccio si possono ricondurre alla ricentralizzazione dell'apprendimento sul soggetto come partecipante attivo; il sapere è un costruzione personale nel quale elemento principale diventa il processo negoziale e quindi dell'apprendimento collaborativo. Per questo il processo didattico non è lineare ma molto ramificato.
    Il blog si interpone come strumento adatto ad amplificare la comunicazione che diventa reticolare, ma anche come strumento che fa condividere le informazioni , la cooperazione e l'integrazione personale.
    Per questo la rete come ambiente di apprendimento si presta bene a contestualizzare la conoscenza , ciò vuol dire che il sapere non è più astratto ma si concretizza nell'esperienza di condivisione , cooperazione e scambio di idee. Il blog rappresenta il luogo dove l informazione liberamente esplorabile in forma disordinata diventa filtrata ed elaborata dalla nostra mente.
    Gli individui esplorano ogni nodo della rete ed ogni nodo è il pretesto per un inizio di ricerca.
    Due sono i criteri fondamentali nel blog: creare e condividere: il blog è l'opportunità data a ciascuno, di essere presente e di esprimersi in rete. E' un sistema :

    * creativo,
    * generoso,
    * ricco.

    E' la prima psicotecnologia come la chiama Derrick De Kerckhove:

    "I sistemi di elaborazione dell'informazione come computer e video sono
    estensioni di alcune delle principali proprietà psicologiche della nostra mente.
    In questo senso possono essere definite come tecnologie della psiche :
    psicotecnologie".
    da http://bloggerimma.blogspot.com/search/label/costruttivismo

    con questa riflessione extra :
    perchè i blogger scrivono in rete

    Sto analizzando il motivo per cui si scrive in rete. Si scrive per esporsi allo sguardo dell'altro. Altro concepito sia come atre persone , in quanto caratteristica del blog è proprio la condivisione dei vissuti con i pensieri di altre persone; ma anche sè come Altro, nel momento in cui si scrive e ci si ri-legge ,si diventa in quel momento un'altra persona che sta riflettendo su quella scrittura ( che è la propria). E' un concetto veramente molto bello ,perchè io divento non- io!
    I blogger scrivono anche perchè sono fondamentalmente narcisisti; i narcisisti non sono contrariamente a quello che si pensa coloro che rimirano le proprie costruzioni, ma sono coloro che hanno bisogno del confronto positivo per affermare se stessi. Ecco il ruolo fondamentale dello spettatore tipico della dimensione relazionale del blog: questa componente estesica fa dello spettatore la parte fondamentale della dimensione comunicativa.
    Bettetini scrive: " è solo lo spettatore che ha coscienza delle forme con le quali entra in contatto e dei loro effetti sulla sua mente e sul suo corpo". http://bloggerimma.blogspot.com/search/label/lo%20spettatore


    questo si può applicare al forum
    Il blog socializzante

    Socializzazione è un processo di interazione tra il soggetto e l'altro da sè inteso questo come persona, situazione e ambienti di appartenenza. Il processo di socializzazione può anche essere acculturazione , cioè come appropriazione da parte del singolo di modelli, sistemi, messaggi provenienti da una certa cultura . Il ruolo del soggetto in tale processo è centrale ma anche l'ambiente acquista importanza , e l'aspetto conflittuale , inteso come uno dei possibili aspetti dell'interazione e come elemento qualificante e rappresentativo dei rapporti tra nuove e vecchie generazioni, diviene imprescindibile dal contesto sociale. La reciprocità diventa parte costitutiva dell'azione del blog. Ciò che agli educatori e pedagogisti preme è riuscire a distinguere una socializzazione che costruisce, da una che danneggia. La socializzazione concorre a formare un processo di coscientizzazione , di aumento di consapevolezza e apertura affettiva , di coerenza morale . In questa prospettiva l'educazione deve tracciare itinerari di progresso individuale e sociale , dare elementi di crescita qualitativa per l'individuo e il gruppo.
    Parlo di questo argomento perchè il blog è un mezzo di socializzazione , diventa mezzo che sperimenta positivamente una concezione unificatrice della vita.
    E' lo spettatore che mediante i suoi commenti fa spostare l'attenzione e le riflessioni su altro. Lo spettatore partecipa così alla reale costruzione di senso del blog ; l'interattività è ciò che definisce la scrittura narrativa in rete.
    http://bloggerimma.blogspot.com/search/label/socializzazione
     
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  5. _Nicoletta
     
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    1. COS’ È LA PEER EDUCATION: UNA DEFINIZIONE GENERALE.


    INTENDIAMO CON IL TERMINE “PEER EDUCATION” UNA
    STRATEGIA EDUCATIVA VOLTA AD ATTIVARE UN PROCESSO DI PASSAGGIO DI CONOSCENZE ED ESPERIENZE TRA I MEMBRI DI UN GRUPPO DI PARI STATUS.


    ALCUNI TRATTI COSTITUTIVI DELLA “PEER EDUCATION”:

    • PEER EDUCATION COME RIATTIVAZIONE DI UN PROCESSO NATURALE CHE TROVA DIFFICOLTA’ A SVOLGERSI AUTONOMAMENTE NELLA SOCIETA’ ATTUALE;

    • CARATTERIZZATA DA UNA FORTE SIMILITUDINE ESPERIENZIALE ED EMOTIVA TRA EMITTENTI E RICEVENTI;

    • GIA’ UTILIZZATA, PREVALENTEMENTE NEL MONDO ANGLOSASSONE, AL FINE DI PREVENIRE I COMPORTAMENTI A RISCHIO LEGATI ALL’AIDS E LE MST.


    2. LA PEER EDUCATION E IL GRUPPO DEI PARI.




    IL GRUPPO DEI PARI È LA DIMENSIONE SOCIALE TIPICA DELL’ADOLESCENZA



    IL GRUPPO DEI PARI SI ARTICOLA E SI ESPRIME SECONDO RUOLI SPONTANEI DERIVANTI DA DIFFERENZE ESPERENZIALI, QUESTO CONSENTE UNO SCAMBIO/PASSAGGIO DI INFORMAZIONI ED EMOZIONI NECESSARIE AD UNA CRESCITA SANA.


    2. LA PEER EDUCATION E IL GRUPPO DEI PARI (cont).


    NEGLI ULTIMI ANNI SI REGISTRA UNA CRISI DEL GRUPPO DEI PARI, CON CRESCENTE DIFFICOLTÀ DEI RAGAZZI A CONFRONTARSI E DISCUTERE, CHE SI COLLEGA AI SEGUENTI FENOMENI:

    • UN CAMBIAMENTO E UNA MESSA IN DISCUSSIONE DEI PROCESSI DI SOCIALIZZAZIONE INTERNI ALLA FAMIGLIA;
    • LA PRESENZA SEMPRE PIÙ INVASIVA DI NUOVI AGENTI DI SOCIALIZZAZIONE MASSMEDIALI (TELEVISIONE, MA POTENZIALMENTE ANCHE INTERNET);
    • LA DECADENZA DI AMBITI E DI REFERENTI ADULTI ISTITUZIONALI, COME ORATORI, PARTITI, ASSOCIAZIONI, CHE SIANO UN RIFERIMENTO PER I RAGAZZI.

     

    LA PEER EDUCATION SI PONE COME UN POSSIBILE AGENTE RIVITALIZZANTE
    DEL GRUPPO DEI PARI.


    3. UN CONTRIBUTO PSICOANALITICO: LA TEORIA DEI CODICI AFFETTIVI DI F. FORNARI.




    QUESTA TEORIA APPLICATA ALLE SITUAZIONI DI GRUPPO, DELINEA UNA
    “FONDAZIONE AFFETTIVO-FAMILIARE DEL COLLETTIVO”:


    • CHE UTILIZZA I CODICI AFFETTIVI (EROTEMI, PARENTEMI, NASCITA E MORTE) COME PROTOTIPO DI RELAZIONI E COME SCENARIO DI RIFERIMENTO PER I PROCESSI DECISIONALI E LE SCELTE COMPORTAMENTALI DELL’INDIVIDUO E DEL GRUPPO;
    • CHE METTE IN PRIMO PIANO I PROCESSI DI ACCOMUNAMENTO E DI CONDIVISIONE TRA INDIVIDUI;
    • CHE AIUTA A COMPRENDERE IL DELICATO PASSAGGIO DALLA CONOSCENZA/COMPRENSIONE DEI FENOMENI AI COMPORTAMENTI EFFETTIVI.


    3. UN CONTRIBUTO PSICOANALITICO: LA TEORIA DEI CODICI AFFETTIVI DI F. FORNARI (CONT).

    TRA I CODICI AFFETTIVI ED IN PARTICOLARE TRA I PARENTEMI (CODICE MATERNO, PATERNO, DEL BAMBINO, DEI FRATELLI), CONCENTRIAMO LA NOSTRA ATTENZIONE SUL CODICE DEI FRATELLI, “CHE SEMBRA COSTITUIRE UNA STRUTTURA PARITETICA DEL POTERE, CENTRATA SUL GRUPPO DEI PARI, IN UNA DIMENSIONE NON IPNOTICA”:

    • CARATTERIZZATA DA UNO SPIRITO NATURALE DI COOPERAZIONE, E DAL MANTENIMENTO DI MODALITÀ DI PENSIERO RAZIONALI;
    • ANALOGHE A QUELLE DESCRITTE DA BION COME “GRUPPO DI LAVORO”;
    • NELL’OTTICA DI QUELLO CHE FORNARI CHIAMAVA “DEMOCRAZIA AFFETTIVA”.



    APPARE SORPRENDENTE E DI GRANDE SIGNIFICATO ERMENEUTICO ED OPERATIVO IL LEGAME TRA IL “CODICE DEI FRATELLI” DELINEATO DA FORNARI E IL “GRUPPO DEI PARI”, CHE È OGGETTO DELLE STRATEGIE E PRATICHE DI PEER EDUCATION.

    4. IL PROCESSO DI RITRIBALIZZAZIONE:
    UNA CHIVE DI LETTURA ANTROPOLOGICA.



    L’ANTROPOLOGIA INDICA UNA CHIAVE DI LETTURA DELLA “PEER EDUCATION”, COME SPINTA DEL GRUPPO DEI PARI VERSO UNA “RITRIBALIZZAZIONE ADOLESCENZIALE”:

    • FONDATA SULLA NECESSITÀ DI RISPONDERE ALLA CONDIZIONE DI “SPAESAMENTO” DEGLI ADOLESCENTI DI FRONTE AI PROBLEMI DELLA CRESCITA
    • CARATTERIZZATA DA UNA DIVISIONE INTERNA E SPONTANEA DEL POTERE E DEI RUOLI, CONDIVISA E SUPPORTATA DAL FORTE SENSO DI APPARTENENZA, FONDATO SU VISSUTI ED INTERESSI COMUNI;
    • CON LO SVILUPPO DI UN AMBITO AUTONOMO DALLA SFERA DI INFLUENZA DEL MONDO ADULTO, PERCEPITA COME ESTRANEA ED A VOLTE “NEMICA”;
    • ATTIVANDO UNA RETE DI RELAZIONI AMICALI E GENERAZIONALI, CON LA NECESSITÀ COMUNE DI AFFRONTARE LA VITA SOCIALE.



    4. IL PROCESSO DI RITRIBALIZZAZIONE:
    UNA CHIVE DI LETTURA ANTROPOLOGICA (CONT.).







    LA PEER EDUCATION FAVORISCE UN PERCORSO DI RITRIBALIZZAZIONE DEL GRUPPO DEI PARI, CERCANDO DI SVILUPPARE DELLE DINAMICHE INTERNE DI TIPO NATURALE E SOLIDARISTICO CHE FAVORISCONO IL CONFRONTO E LA CRESCITA DEGLI INDIVIDUI.

    5. LA PEER EDUCATION DAL PUNTO DI VISTA SOCIO COMUNICATIVO.


    LA “PEER EDUCATION” SI CONFIGURA COME UNA FORMA MIRATA DI COMUNICAZIONE:

    COMUNICARE È UNA DELLE ATTIVITÀ SPECIFICHE DELLA SPECIE UMANA:
    • “NON SI PUÒ NON COMUNICARE” (WATZLAWICK);
    • È SEMPRE DI UN PROCESSO BIDIREZIONALE, IN CUI “COMUNICARE È INFLUENZARSI RECIPROCAMENTE” (GULOTTA).

    TRA LE CONDIZIONI INDISPENSABILI AD UNA COMUNICAZIONE EFFICACE INDIVIDUIAMO I SEGUENTI FATTORI:
    • LA MOTIVAZIONE DEI SOGGETTI A SCAMBIARSI DEI MESSAGGI E DUNQUE L’INTERESSE VERSO L’ARGOMENTO;
    • LA FIDUCIA E LA SIMILARITÀ TRA EMITTENTE E RICEVENTE, CHE RIDUCE LE INCOMPRENSIONI E LIMITA GLI EFFETTI DI CENSURA E DI AUTO CENSURA.


    5. LA PEER EDUCATION DAL PUNTO DI VISTA SOCIO COMUNICATIVO (CONT.).



    GLI INTERVENTI DI PEER EDUCATION PROPOSTI DA CONTORNO VIOLA SODDISFANO QUESTE CONDIZIONI:

    • LA SESSUALITÀ È UN INTERESSE NATURALE ED INNEGABILE DEGLI ADOLESCENTI;
    • I PEER EDUCATOR SONO PERCEPITI DAI RAGAZZI COME DEI LORO PARI ED ENTRANO AUTOMATICAMENTE IN SINTONIA CON ESSI USANDO LO STESSO LINGUAGGIO VERBALE E NON VERBALE;
    • COME SPIEGATO IN PRECEDENZA, NELL’ADOLESCENZA I REFERENTI NATURALI, PER ARGOMENTI QUALI LA SESSUALITÀ, SONO QUEI COETANEI CHE DIMOSTRANO UN PARTICOLARE CARISMA EMOZIONALE/ESPERENZIALE.


    6. CONSIDERAZIONI SULLA PRATICA PEDAGOGICA DELLA PEER EDUCATION.



    LE FACILITAZIONI NATURALI DI TIPO SOCIO-ANAGRAFICO CHE IL PEER EDUCATOR PORTA CON SÉ SONO “INCANALATE” E SUPPORTATE DA UN APPOSITO MODULO DI FORMAZIONE:

    • L’OBIETTIVO NON È CREARE DEI PICCOLI INSEGNANTI MA RAFFORZARE LA LEADERSHIP EMOTIVA NELLA CONDUZIONE DELLE ATTIVITÀ DI GRUPPO:
     IMPARANDO A RICONOSCERE E A GESTIRE LE DINAMICHE RELAZIONALI NEL GRUPPO CLASSE;
     APPRENDENDO LE TECNICHE DI BRAIN STORMING E DI ROLE PLAYING (GIOCHI DI RUOLO), AL FINE DI FAVORIRE LA LIBERA ESPRESSIONE EMOTIVA DELLA CLASSE.

    • NON È UN'OPERA DI CONVINCIMENTO MORALE/IDEOLOGICO DEI RAGAZZI, MA UNA AZIONE DI SENSIBILIZZAZIONE E RIFLESSIONE SULLE PROBLEMATICHE DELL’AIDS E DELLE MST E SUI LEGAMI DI QUESTE CON I COMPORTAMENTI SOCIO SESSUALI.



    6. CONSIDERAZIONI SULLA PRATICA PEDAGOGICA DELLA PEER EDUCATION (CONT.).






    IL RUOLO DEGLI ADULTI SI LIMITA AD ASSUMERE UNA FUNZIONE DI SOSTEGNO E LEGITTIMAZIONE DEL CICLO COMPLESSIVO DI FORMAZIONE/INTERVENTO, RICONOSCENDO COSÌ, DAVANTI A CERTE TEMATICHE, I PROPRI NATURALI LIMITI “SOCIO-ANAGRAFICI” DI FORMATORI.



    7. LE PROSPETTIVE DI SVILUPPO DELLA PEER EDUCATION.



    LE PROSPETTIVE DI QUESTA TECNICA EDUCATIVA SI BASANO SULLE POSSIBILITÀ DI ALLARGAMENTO ORIZZONTALE E VERTICALE:

    • LA PRIMA ESTENSIONE INDICA LA POSSIBILITÀ DI LAVORARE CON I RAGAZZI USANDO LA MEDESIMA METODOLOGIA DI INTERVENTO MA CON ALTRI CONTENUTI:

     AD ESEMPIO SULLE TEMATICHE DELLA COMUNICAZIONE E DELL’ESCLUSIONE NEL GRUPPO CLASSE;
     APPARE INVECE PIÙ DELICATO E PROBLEMATICO ATTIVARE INTERVENTI DI PEER EDUCATION SU TEMI SPECIFICI, QUALI I DISTURBI ALIMENTARI E LA TOSSICODIPENDENZA, PER L’ELEVATO RISCHIO DI EMULAZIONE INDOTTA DALL’OFFERTA DI UNA SINDROME PRECONFEZIONATA (LA “SINDROME ETNICA” INDICATA DA F. SCAPARRO), CHE QUESTI ARGOMENTI POTREBBERO PROVOCARE SE DIFFUSI A TAPPETO.


    7. LE PROSPETTIVE DI SVILUPPO DELLA PEER EDUCATION (CONT.).






    • LA SECONDA ESTENSIONE IPOTIZZA LA PREPARAZIONE INTERVENTI CON TARGET DIFFERENTI DAI RAGAZZI DELLE SCUOLE SUPERIORI, SPERIMENTANDO LA PEER EDUCATION ANCHE AL DI FUORI DI QUESTO CONTESTO, AD ESEMPIO CON GLI ADOLESCENTI CHE GIÀ LAVORANO, CON I GIOVANI-ADULTI O CON I GRUPPI DI GENITORI.
    slide sulla PEER education


    http://www.peer-education.it/downloads/SlideTeoriaPE2000.doc

    La teoria dell'identità sociale (in inglese Social Identity Theory o, in forma breve, SIT) rappresenta uno dei principali modelli esplicativi di mesolivello della psicologia sociale contemporanea, sia per gli approcci di social cognition che per la comprensione delle dinamiche funzionali intergruppi. La "Teoria" (che è in realtà un "modello complesso", composto da diverse sottoparti), è stata sviluppata primariamente in Inghilterra da Henri Tajfel e John Turner a partire dagli anni '70, e si è in seguito strutturata come il programma di ricerca fondamentale nella psicologia cognitiva sui gruppi, sia in ambito europeo che nordamericano.
    Le origini della SIT: il paradigma dei gruppi minimali [modifica]

    Le prime teorizzazioni della SIT, a partire dalla metà degli anni '50, sono derivate dal lavoro pionieristico di Tajfel sul cosiddetto paradigma dei gruppi minimali, ovvero sulle modalità di costituzione dei processi di discriminazione ed autosegregazione funzionale nei gruppi umani. Negli esperimenti di gruppo minimale, Tajfel suddivideva in maniera completamente casuale ed arbitraria i suoi soggetti sperimentali in due gruppi, differenziati da variabili minime e superficiali (ad esempio, la predilizione estetica per i dipinti di Klee rispetto a quelli di Kandinskij, o simili minuzie), per poi osservare come, spontaneamente, i soggetti assegnati ai due gruppi iniziassero in pochissimo tempo ad autopercepirsi come "gruppo diverso, migliore e contrapposto all'altro". I membri del proprio gruppo venivano quindi subito genericamente "preferiti" rispetto ai membri dell'altro gruppo.

    La forte tendenza degli esseri umani a creare distinzioni "noi/loro" nel contesto delle relazioni intergruppi, anche basando la distinzione su motivazioni del tutto banali, emerse da questi esperimenti come un processo psicologico istintivo, automatico e immediato.

    Da questi esperimenti, Tajfel iniziò a derivare una teorizzazione più complessa dei processi psicologici di auto ed etero-categorizzazione intergruppi, e delle dinamiche identitarie e sociocognitive connesse con la costruzione dell'appartenenza/opposizione di gruppo.

    La Social Identity Theory

    La SIT concettualizza il gruppo come luogo di origine dell'identità sociale: nell'uomo è spontanea la tendenza a costituire gruppi, a sentirsene parte ed a distinguere il proprio gruppo di appartenenza (ingroup) da quelli di non-appartenenza (outgroup), elicitando consequenzialmente dei meccanismi di bias cognitivo ed un comportamento di favoritismo per il proprio gruppo (e l'inverso per gli outgroups).

    Secondo la SIT, "l'identità sociale" dell'individuo si costruisce attraverso tre processi funzionalmente collegati:

    1. Categorizzazione: l'individuo costruisce "categorie" funzionalmente discriminanti di appartenenza, basate su fattori di vario tipo (per età, genere sessuale, posizione sociale o lavorativa, religione, appartenenza politica, tifo per una squadra di calcio, ideologie di riferimento, appartenenza etnica, etc...), tendendo a massimizzare le somiglianze tra i soggetti all'interno della categoria, massimizzando al contempo le differenze con le categorie contrapposte.

    2. Identificazione: le varie appartenenze ai diversi gruppi forniscono la base psicologica per la costruzione della propria identità sociale. L'identità sociale è in effetti costituita da una gerarchia di appartenenze multiple. È possibile distinguere tra Identità Situata (in un dato momento un'appartenenza può essere maggiormente saliente rispetto ad altre) ed Identità Transitoria (un'appartenenza categoriale momentanea, legata a particolari situazioni/momenti; ad es., chi si autopercepisce ed autocategorizza come "tifoso" solo in occasione dei Mondiali di calcio e non in altre situazioni).

    3. Confronto Sociale: l'individuo confronta continuamente il proprio ingroup con l' outgroup di riferimento, con una condotta marcatamente segnata da bias valutativi in favore del proprio ingroup. Il proprio gruppo viene implicitamente considerato "migliore" rispetto agli "altri", che vengono metodicamente svalutati o confrontati in chiave critica. "Corollario" di questo processo è che parte della propria autostima individuale può derivare anche dalla percezione di "superiorità" del proprio ingroup rispetto agli outgroups di riferimento, e questo fenomeno può quindi portare alla continua ricerca di occasioni di "confronto sociale" (esempi classici sono i continui confronti tra opposte tifoserie del tifo organizzato, o lo sviluppo di atteggiamenti razzistici nei confronti degli immigrati).

    La SIT si è dimostrata uno dei modelli teorici di mesolivello più euristici della psicologia sociale dei rapporti intergruppo, influenzando profondamente sia lo sviluppo di questa linea di ricerca in ambito accademico, che le teorizzazioni e le ricerche su fenomeni sociali quali il razzismo, le tensioni internazionali, le dinamiche di conflitto intergruppo, i fenomeni di marginalizzazione sociale, i rapporti interetnici, etc.

    Bibliografia:

    * Tajfel H. (1999). "Gruppi Umani e Categorie Sociali". Il Mulino, Bologna.
    * Taylor D. M., Moghaddam F. M. (2001). "Teorie dei Rapporti Intergruppi". Imprimitur, Padova.
    http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dell%2...t%C3%A0_sociale

    In sociologia e psicologia sociale si definisce gruppo un insieme di persone che interagiscono le une con le altre in modo ordinato sulla base di aspettative condivise riguardanti il rispettivo comportamento. È un insieme di persone i cui status e i cui ruoli sono interrelati. Dato che gli esseri umani sono fondamentalmente animali portati a cooperare, i gruppi sono una parte vitale della struttura sociale. I gruppi si formano e si trasformano costantemente; non è necessario che siano autodefiniti e spesso sono identificati dall'esterno.

    Alcune classificazioni [modifica]

    In base al tipo di relazione il gruppo può essere primario o secondario.

    * Il gruppo primario è composto da almeno tre persone che interagiscono per un periodo di tempo relativamente lungo, sulla base di rapporti intimi faccia a faccia (es: famiglia, gruppi di pari, piccole comunità).
    * Il gruppo secondario è composto da un numero di persone che interagiscono su basi temporanee, anonime e impersonali. I suoi membri non si conoscono personalmente o si conoscono in relazione a particolari ruoli formali anziché come persone nella loro completezza. Solitamente conseguono finalità specifiche e meno emotivamente impegnate come ad es. nelle aziende, nei partiti politici, nelle burocrazie statali.

    Si possono classificare i gruppi in base al numero di componenti.

    * La diade è un gruppo composto da due elementi, come madre-figlio, moglie-marito, due amiche del cuore. Ciò che caratterizza la relazione, nella diade, è il legame affettivo. Anche se la comunicazione si interrompe per qualche motivo e quindi non si hanno più interazioni (come nel caso della assenza di uno dei due componenti, oppure nel caso di una separazione dopo un brusco litigio) la relazione permane. Tuttavia affinché la diade continui ad esistere nella comunicazione vi è la necessità di un'attenzione reciproca la quale venendo meno interrompe l'interazione tra i due componenti e pone fine all'atto comunicativo. Nella Diade due persone stanno insieme perché si sono scelte, perché hanno interessi in comune o per compensazione. L'una trova nell'altra quello che pensa gli manchi. Si tratta di due persone che rinnovano la loro scelta nella volontà di continuare lo scambio comunicativo.

    * La triade è un gruppo composto da tre membri. Un classico esempio è la classica famiglia padre-madre-figlio. La comunicazione nella triade si modifica perché, pur rimanendo nell'ambito della relazione intima, due dei tre elementi possono temporaneamente interagire tra di loro escludendo il terzo. Ad esempio il padre ama andare a pesca con il figlio e diventa per loro una possibilità di comunicazione, mentre la madre non è coinvolta da questa esperienza che riguarda solo loro; allo stesso modo il bambino può essere escluso dalla scelta dell'acquisto di una casa e in tal caso l'interazione riguarda e coinvolge solo i genitori. Possiamo quindi dedurre che l'interazione, che riguarda solo la dimensione spazio/temporale del qui e ora, nella triade si articoli sempre su due dei membri, a seconda dello spostamento del centro di interesse. Risulta ovvio che, se la comunicazione si concentra sempre nella stessa coppia, esistono dei problemi di relazione nella triade. Si deduce, quindi, che sempre per questo stesso motivo nella triade è possibile la formazione delle coalizioni.

    * Il Piccolo Gruppo è un gruppo costituito solitamente da 4 a 10-12 membri. È uno dei modelli di interazione sociale fondamentali, e molte attività sociali e funzionali avvengono in o attraverso gruppi di tali dimensioni. Gruppi più ampi tendono a dare luogo alla formazione spontanea di sottogruppi di questa dimensione, sia in ambito sociorelazionale che operativo-lavorativo.

    * Il Gruppo Mediano è un gruppo costituito di solito da 10-12 a 25-30 membri. Col passaggio dal piccolo gruppo al gruppo mediano le relazioni personali divengono meno strette, ed in caso di interazione prolungata quest'ultimo tende a segmentarsi informalmente in piccoli gruppi.

    * Il Grande Gruppo, o Large Group, conta dai 30 membri in su. In tali tipi di gruppo le interazioni sono meno dirette e personali, e l'individuo è più soggetto alla dialettica di polarizzazione tra fenomeni di massificazione/individuazione. In linea teorica, le comunità, le organizzazioni sociali e le collettività sono forme particolari di very large group.

    La percezione di appartenenza [modifica]

    Secondo le Teorie della percezione sociale relative al tema della Social cognition, esistono varie motivazioni in base alle quali si percepisce la propria appartenenza ad un gruppo:

    * Per vicinanza. Spesso si inizia a frequentare delle persone che ci sono vicine fisicamente, ad esempio che abitano nello stesso quartiere, frequentano lo stesso bar, la stessa scuola ecc. Rappresentano sicuramente tutte occasioni per fare conoscenze o condividere delle esperienze. La vicinanza spesso rappresenta il primo motivo di contatto per la scelta di appartenere ad un gruppo spontaneo. Sulla base di questo criterio, infatti, si formano spesso gruppi per la condivisione del tempo libero.
    * Per somiglianza. Si tratta di un criterio di appartenenza relativo alla disposizione in alcune persone di ricercare nell'altro le proprie convinzioni, le idee i bisogni. Non si intende in questo caso somiglianza fisica, ma affinità di pensiero, interesse e stile di vita. La gratificazione di trovare altre persone con idee simili è ciò che porta, più di qualsiasi altro elemento, all'unione. All'interno di un gruppo più ampio sembra naturale il formarsi di sottogruppi, attraverso il criterio della somiglianza, infatti si stabiliscono alleanze e nascono simpatie che in genere durano nel tempo.
    * Per identificazione. Si può appartenere ad un gruppo anche quando non c'é somiglianza nelle idee o nei bisogni, ma con una motivazione per lo più inconscia di identificazione all'altro. La differenza con la somiglianza è nel meccanismo psicologico che entra in gioco e determina la scelta. Molti individui aspirano ad appartenere a gruppi che hanno un'identità specifica e che rappresentano uno status socialmente desiderabile. Entrare a far parte di un gruppo, quindi, può rappresentare per alcune persone realizzazione, successo e prestigio. Per identificazione si intende anche il processo di strutturazione della propria personalità e identità sociale attraverso l'interdipendenza con il gruppo, in quanto intervengono fattori soggettivi ed intersoggettivi, cioè appresi attraverso il contatto con il gruppo. Infatti gli atteggiamenti e le modalità di comunicazione si influenzano reciprocamente.

    I processi di interazione intergruppi (ovvero di relazione e confronto tra gruppi, e non solo nel gruppo) sono un tema assai complesso, di grande rilevanza teorico-applicativa nello studio dei conflitti sociali, della sociologia politica, dei problemi relativi al razzismo ed ai processi migratori. La più compiuta teoria delle relazioni intergruppi è attualmente la Teoria dell'identità sociale.

    Dinamiche del gruppo [modifica]

    Con l'espressione dinamica di gruppo si indica l'evolversi delle relazioni nel gruppo. Lo psicologo sociale Bruce Tuckman propose nel 1965 un modello di evoluzione della vita di gruppo che consiste in cinque fasi sequenziali:

    * Formazione (forming). I membri del gruppo si orientano e comprendono quale debba essere il comportamento nei riguardi del coordinatore e degli altri membri.
    * Conflitto (storming). Si sviluppa un clima di ostilità altri membri del gruppo e/o verso il leader, soprattutto per l'incertezza dovuta a mancanza di direttive e di sostegno psicologico, per la mancanza di strutturazione e per la resistenza alla struttura. Si sviluppa una resistenza emotiva di fronte alle esigenze del compito da svolgere come espressione alla propria indisponibilità.
    * Strutturazione (norming). I membri si accettano vicendevolmente, e si sviluppano delle norme di gruppo alle quali tutti si sentono impegnati.
    * Attività (performing). I membri del gruppo accettano il loro ruolo e lavorano per raggiungere i fini preposti.
    * Aggiornamento (adjourning). I membri del gruppo decidono una sospensione delle attività al fine di valutare il modus operandi e i risultati eventualmente ottenuti.

    La coesione di gruppo definisce il livello di solidarietà fra i membri, ma anche la condivisione di norme e il relativo senso di appartenenza. Questa coesione è determinata anche da fattori emotivi.

    Con l'espressione processi dinamici di gruppo ci si riferisce invece alle dinamiche relazionali ed affettive che hanno luogo nei gruppi terapeutici (il concetto è particolarmente usato in ambito Gruppoanalitico).

    Diversi tipi di Gruppi Sociali [modifica]

    * Caste: sono dei gruppi sociali ascrittivi e rigorosamente chiusi secondo una stratificazione sociale che vuole mantenere un criterio di purezza, viene trasmessa l'idea per cui vi sia un retaggio naturale e biologico, non culturale, anche i matrimoni sono di conseguenza endogamici.

    * Classi Sociali (Karl Marx): sono dei gruppi non ascrittivi basati su qualità socio-economiche, il cambiamento di lavoro e di luoghi di ritrovo permette di modificare il proprio status sociale.

    * Etnie: il gruppo etnico condivide fattori culturali ma non è un contenitore di informazioni quanto una forma di organizzazione sociale, un contenitore informativo, anche se vi è un senso di appartenenza. I confini sono più o meno attraversabili.

    Fredrik Barth interpretò la realtà sociale come un processo e per questo elaborò il modello generativo. Secondo lo studioso l'attraversamento di confini da parte di modelli esterni porta ad una risposta per la salvaguardia del gruppo e alla creazione di nuovi modelli generativi (es. di comportamento). Il contatto con l'esterno modifica in modo incorporativo non drastico.

    Voci correlate

    * Aspettativa (sociologia)
    * Comunità http://it.wikipedia.org/wiki/Comunit%C3%A0
    * Identità sociale http://it.wikipedia.org/wiki/Identit%C3%A0...enze_sociali%29
    * Teoria dell'identità sociale
    * Norma (scienze sociali)
    * Società http://it.wikipedia.org/wiki/Societ%C3%A0

    citare e prendere spunti da Bandura: http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dell%2...dimento_sociale


    I contributi maggiormente rilevanti per la psicologia sociale hanno avuto i seguenti obiettivi:

    * Comprendere le condizioni per le quali gli individui si conformano agli altri (Stanley Milgram)
    * Comprendere i comportamenti all'interno del contesto gruppale (intragruppo).
    * Studi sui rapporti intergruppi (ingroup-outgroup)
    * Capire l'influenza dei gruppi (team, organizzazioni, associazioni) sugli individui (Solomon Asch)
    * Comportamenti antisociali e prosociali (Philip Zimbardo)
    * L'effetto degli stili di leadership sulla prestazione dei singoli e del gruppo (Kurt Lewin)
    * I meccanismi di comunicazione persuasiva utilizzati in politica o nelle campagne pubblicitarie.

    Comprendendo un vasto dominio di conoscenza, la psicologia sociale è oggi articolata in diverse sottodiscipline molto specialistiche, tra i quali elenchiamo:

    * la psicologia dei gruppi;
    * la psicologia ambientale, tra cui:

    * la psicologia ecologica;



    vedi anche qui su wikipedia
    http://it.wikipedia.org/wiki/Gruppo_sociale




    e poi x la teoria http://it.wikipedia.org/wiki/Comportamentismo
    http://it.wikipedia.org/wiki/Costruttivismo_%28psicologia%29

    ?? :-|: non mi ricordo più perchè: http://it.wikipedia.org/wiki/Rete_sociale

    e anche http://it.wikipedia.org/wiki/Psicologia_sociale
     
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  6. _Nicoletta
     
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    Sono partita dal forum trovato sulla pagina del siuto del nettuno di scienze e tecniche psicologiche, la facoltà a cui mi ero iscritta
    http://www.consorzionettuno.it/forum_conso...uno/default.asp
    in Forum degli studenti, cercavo informazioni
    Laurea a distanza in Discipline della ricerca psicologico-sociale

    http://www.consorzionettuno.it/forum_conso...asp?FORUM_ID=28
    da qui ho trovato albaportal
    GROSSA scoperta!!!

    e poi albaportal quello che è diventato ora Piazza Nettuno
    https://nettunotsforumnonufficiale.forumcommunity.net/
     
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  7. _Nicoletta
     
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    vedere questo sito:
    http://www.spazioformazione.it/2002/home/index.asp
    Indice:
    Modelli alternativi di sviluppo (modelli no global)
    gruppo 01Amodelli organizzati da uomini
    gruppo 01B modelli organizzati da uomini
    gruppo 02Amodelli organizzati da donne
    gruppo 02Bmodelli organizzati da donne
    gruppo 02Cmodelli organizzati da donne
    esperienze di e-Learning
    gruppo 03 Università estere
    gruppo 04AUniversità italiane
    gruppo 04BUniversità italiane
    gruppo 05 Centri non universitari esteri
    gruppo 06 Centri non universitari italiani

    Sistemi Formazione professionale
    gruppo 07 Francia
    gruppo 08 Germania
    gruppo 09A Spagna (A)
    gruppo 09B Spagna (B)
    gruppo 10 Gran Bretagna

    Politiche europee della Formazione professionale
    gruppo 11 Le politiche del fondo sociale europeo
    gruppo 12 I programmi speciali

    La Formazione professionale in Italia
    gruppo 13 Il sistema della FP
    gruppo 14A La formazione al lavoro (A)
    gruppo 14B La formazione al lavoro (B)
    gruppo 14C La formazione al lavoro (C)
    gruppo 14D La formazione al lavoro (D)
    gruppo 15 La formazione sul lavoro
    gruppo 16A La formazione iniziale e individuale (A)
    gruppo 16B La formazione iniziale e individuale (B)
    gruppo 16C La formazione iniziale e individuale (C)
    gruppo 16D La formazione iniziale e individuale (D)
    gruppo 17A La formazione per lo sviluppo (A)
    gruppo 17B La formazione per lo sviluppo (B)
    gruppo 18A La formazione per le donne e delle donne (A)
    gruppo 18B La formazione per le donne e delle donne (B)
    gruppo 18C La formazione per le donne e delle donne (C)
    gruppo 18D La formazione per le donne e delle donne (D)
    gruppo 18E La formazione per le donne e delle donne (E)
    gruppo 18F La formazione per le donne e delle donne (F)
    gruppo 18G La formazione per le donne e delle donne (G)
    gruppo 19A La formazione per persone disabili (A)
    gruppo 19B La formazione per persone disabili (B)
    gruppo 19C La formazione per persone disabili (C)
    gruppo 19D La formazione per persone disabili (D)
    gruppo 19E La formazione per persone disabili (E)
    gruppo 19F La formazione per persone disabili (F)
    gruppo 20 La formazione per persone immigrate

    Resta, a questo punto il tentativo di dare una definizione di e-learning che sia sufficientemente ampia da evitare di canalizzare il dibattito futuro sull'e-learning. Si potrebbe, a tal fine, utilizzare quella fornita da S. Tanquist, autore di "Evaluating e-learning", che definisce l'e-learning come "tutto ciò che fa riferimento a qualsiasi cosa distribuita, resa possibile o mediata dalle tecnologie elettroniche con la finalità esplicita di generare apprendimento". qui: http://64.233.169.104/search?q=cache:ovHS-...clnk&cd=1&gl=it


    interessante anche
    La situazione in italia
    In Italia non esiste al momento alcuna istituzione pubblica o privata che si definisca specificamente Universita a distanza. Opera, invece, da circa tre anni un consorzio tra le università ed altri soggetti, denominato Nettuno (acronimo libero di Network per l'Università Ovunque il link rimanda però a uninett1 :-|:), e promosso direttamente da Ministero dell'università e della ricerca scientifica e tecnologia.


    Perchè una Università a distanza in Italia?
    L'Italia presenta esigene di diffusione della formazione universitaria molto forti:

    ha uno dei più bassi indici di laureati tra i Paesi dell'OCSE;

    denuncia una dispersione straordinariamente alta tra gli studenti universitari fuori sede;

    presenta una ridotta localizzazione di sedi universitarie specialmente nel Sud;

    il sistema è incentrato su poche unità di cosidetti mega-atenei che da soli raccolgono oltre un terzo del totale nazionale degli iscritti, a scapito della qualità della formazione e della interazione tra studenti e professori;

    il sistema tradizionale non riesce a formare un sufficiente numero di esperti dello sviluppo locale nel Sud, da dove tuttavia provengono - spesso senza più farvi ritorno - molti studenti delle università del Centro-Nord;

    il sistema di formazione universitaria degli insegnanti è rimasto sostanzialmente sulla carta da oltre vent'anni a causa sopratutto di una scarsa penetrazione capillare delle sedi universitarie tradizionali.


    Come potrebbe essere una Università a distanza in Italia?
    Una università italiana che volesse adottare il modello a distanza dovrebbe operare su tutto il territorio nazionale e, possibilmente, anche all'estero. Dovrebbe tuttavia presentare caratteristiche innovative rispetto alle procedure classiche di gestione della comunicazione a distanza e basarsi quindi su tecnologie essenzialmente on-line di comunicazione. Oggi queste tecnologie sono facilmente accessibili non soltanto alle grandi strutture collettive, ma anche agli utenti individuali. E' quindi possibile collegare in rete molte migliaia di potenziali studenti universitari impediti, per le più diverse ragioni, a partecipare ad un diritto essenziale ed ad un progetto complessivo di sviluppo culturale del Paese.
     
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  8. _Nicoletta
     
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    da http://www.infonodo.org/index.php?option=c...temid=9&id=1292

    1.1 Gruppi sociali e teorie di riferimento.





    L'uso corrente del termine "gruppo" sembra suggerire, come accennato prima, che si possa tralasciare una sua specificazione in termini operativi e che si possa immediatamente procedere all'analisi delle caratteristiche e della struttura dei gruppi che si desiderano analizzare. In realtà per procedere nella ricerca occorre una chiara definizione dei concetti teorici di riferimento e delle variabili che si desiderano prendere in esame.

    n generale, si può affermare che molti di questi tentativi reperibili nella letteratura psicososociale consistono nel chiarire quali siano gli elementi necessari e sufficienti alla costituzione di un gruppo, vale a dire quegli elementi che tutti gruppi sociali, nessuno escluso, devono avere in comune per poter essere definiti tali. Così, per alcuni ricercatori, la condizione essenziale per l'esistenza di un gruppo è la presenza di una struttura sociale, formale o implicita, che si esprime attraverso relazioni di status e di ruolo (Brown, trad. It., 2000). Mc Grath (1984) distingue i gruppi dagli aggregati sociali sulla base delle relazioni che intercorrono tra i membri: quanto più le relazioni implicano reciproca consapevolezza e interazione, tanto più si potrà parlare di gruppo. Bales (1950) definisce gruppi soltanto le forme di aggregazione caratterizzate da interazioni faccia a faccia, e dalla condivisione di scopi.


    La definizione che propone Sherif (Sherif, 1967) viene definita architetturale: il gruppo è una struttura, i cui membri sono legati da relazioni stabili nel tempo, definite sulla base di ruoli all'interno dei gruppi e di gerarchie di status. Secondo questo autore è attraverso le interazioni tra i membri che si costituiscono all'interno dei gruppi norme e valori condivisi. L'interazione tra i membri, prolungata nel tempo, diventa quindi il fattore critico della formazione dei gruppi: è grazie ad essa che prende forma la struttura del gruppo. Per Sherif, dunque, le condizioni minime indispensabili alla costituzione di un gruppo sono due: la struttura, data dai ruoli che i membri rivestono all'interno del gruppo e dal valore che a ciascun ruolo viene riconosciuto lungo la gerarchia di status condivisa; le norme e i valori condivisi che regolano il comportamento degli individui nel gruppo.


    Dal momento che i gruppi non esistono al di fuori della realtà sociale, una descrizione accurata di ciò che avviene all'interno di ciascun gruppo non può prescindere, secondo Sherif, dalle relazioni che essi intrattengono con altri gruppi presenti nel contesto sociale; tali relazioni possono essere caratterizzate dal conflitto o dalla cooperazione. Sherif giunse a questa conclusione in seguito ad una celebre serie di esperimenti sul campo condotti tra il 1948 e il 1952 in campi d'estate per i ragazzi (Sherif e Sherif, 1953; Sherif et al., 1961). In questi esperimenti l'autore manipolava le condizioni in modo che i gruppi fossero costretti o a competere o a collaborare. Ciò che osservarono Sherif e i suoi collaboratori fu un rapido e grave deterioramento delle relazioni e un aumento delle ostilità tra i gruppi quando essi erano in condizioni di competere e un miglioramento delle relazioni quando veniva introdotto, in un secondo momento, un compito la cui soluzione richiedeva loro di unire le forze per raggiungere un obbiettivo desiderato da entrambi. In seguito ai risultati ottenuti in queste ricerche l'autore concluse che uno studio accurato dei gruppi, deve necessariamente includere la dimensione longitudinale e considerare le relazioni intergruppi.


    Molti autori, tra cui Brown (2000), ritengono che la descrizione di Sherif possa escludere molti gruppi, ad esempio quelli non necessariamente caratterizzati da relazioni reciproche o quelli di grandi dimensioni - come i gruppi etnici, la classe sociale, la nazionalità - che pure rivestono un'importanza fondamentale nella definizione dell'identità degli individui. Questi tipi di appartenenze possiedono una forza grande quanto quella dell'interazione faccia a faccia nell'influenzare il comportamento.


    Proprio in riferimento a queste più ampie categorie sociali e alla propria esperienza individuale di ebreo discriminato per la propria appartenenza etnica, Lewin (Lewin, 1951) elabora la sua teoria dei gruppi. Egli riprende un principio della Gestalt e delle scienze naturali in genere: il tutto è più della somma delle singole parti. Se questo è vero un gruppo ha caratteristiche del tutto peculiari rispetto a quelle degli individui che lo compongono ed esso deve essere considerato come una specifica unità di analisi. Questo non significa affatto negare l'esistenza delle variabili individuali o di personalità, ma semplicemente che l'individuo e il gruppo costituiscono livelli di analisi differenti, entrambi oggetto di indagine. Il ruolo che le parti giocano nel definire le caratteristiche dell'insieme si esplica nella loro interdipendenza, cioè nelle caratteristiche dei legami che le tengono insieme. Quindi un gruppo, secondo Lewin, è una totalità dinamica caratterizzata da una stretta interdipendenza delle singole parti che lo compongono; le caratteristiche dell'insieme sono date dalle relazioni tra le sottoparti. Ne consegue che la condizione minima essenziale che definisce un gruppo, in base a questa posizione, è l'interdipendenza degli individui che lo compongono. Vi sono due tipi di interdipendenza: quella legata al compito, in base alla quale i membri condividono lo scopo di raggiungere un obbiettivo e quella della percezione di un destino comune, in base alla quale individui che in passato potevano non sentirsi legati in alcun modo, giungono a percepire improvvisamente di condividere la stessa sorte a causa di un evento esterno.


    La definizione data da Lewin tende ad includere gruppi di piccole e di grandi dimensioni; essa non implica necessariamente relazioni faccia a faccia tra i membri che lo compongono. Vi sono tuttavia ricerche (Tajfel et al.1971) che appartengono ad una prospettiva cognitivista le quali dimostrano come non sia l'interdipendenza dei membri la condizione necessaria e sufficiente a generare negli individui un comportamento legato all'appartenenza a gruppi sociali, ma piuttosto una caratteristica legata alle modalità di funzionamento del sistema cognitivo dell'individuo: la categorizzazione sociale.


    Il processo di categorizzazione è quell'operazione del sistema cognitivo che consiste nel raggruppare gli oggetti all'interno di insiemi in base alle loro caratteristiche comuni. Tutti gli oggetti che l'individuo conosce sono "catalogati" in memoria in raggruppamenti per categoria, in modo che, di fronte ad essi il sistema cognitivo sia in grado innanzitutto di riconoscere non solo l'oggetto di cui ha avuto esperienza diretta in passato, ma anche oggetti di natura simile e, quindi, di avere a disposizione le informazioni essenziali che lo riguardano. Grazie a questo processo, ad esempio, non abbiamo bisogno di conoscere tutti i tavoli per riconoscere di essere di fronte ad un tavolo e per sapere quale sia la sua funzione.


    Una conseguenza di questo processo è data dalla differenziazione categoriale: il sistema cognitivo tende a sovrastimare le differenze tra due categorie differenti e a sottostimare quelle interne alle categorie. In sintesi, due categorie differenti appaiono molto diverse tra loro, ma, internamente, molto omogenee. (Tajfel e Wilkes, 1963; Deschamps, 1996). Intorno agli settanta Henry Tajfel volle dimostrare che la sola categorizzazione sociale e non la percezione di un destino comune, portava gli individui ad assumere comportamenti determinati dall'appartenenza al gruppo, in particolare, un comportamento di favoritismo nei confronti dei membri del proprio gruppo e un comportamento contrario di discriminazione nei confronti dei membri di altri gruppi. In seguito ai risultati di una celebre serie di esperimenti in cui Tajfel e coll. (Tajfel, Billig, Bundy, Flament, 1971) riuscirono isolare l'effetto della categorizzazione da altre variabili, sembrò dimostrato sperimentalmente questo assunto: la categorizzazione sociale porta ciascun individuo a percepirsi come molto simile ai membri del proprio gruppo e molto differente rispetto ai membri di altri gruppi, che d'altro canto, sembrano "tutti uguali" (cfr. par. 1.4). Quindi sulla base di questo modello teorico, un gruppo esiste quando due o più individui percepiscono di appartenere alla medesima categoria sociale; quando, cioè, un insieme di persone sente di essere parte di un gruppo. Questa idea esprime, in sintesi, la teoria dell'autocategorizzazione.


    Brown (2000) ritiene tuttavia che un tale tipo di definizione del concetto di gruppo sia eccessivamente legata alla soggettività: "...non sembra catturare una caratteristica importante dei gruppi, e cioè il fatto che la loro esistenza è normalmente nota alle altre persone ( Merton, 1957). [...] Per questa ragione [...] un gruppo esiste quando due o più individui definiscono se stessi come membri e quando la loro esistenza è riconosciuta da almeno un'altra persona" [pagg. 16-17 (corsivo dell'Autore)].





    Ognuna delle definizioni di gruppo che sono state analizzate sembra possedere una sua validità e costituire un progresso, se non nel definire le condizioni necessarie e sufficienti a determinare la sua esistenza, per lo meno nel descrivere i processi implicati all'interno dell'unità di analisi "gruppo". Per questo motivo, nel scegliere come riferimento per questa ricerca la teoria dell'identità sociale di Tajfel, non si è voluto escludere il modello strutturale di Sherif e il concetto di destino comune di Lewin come aspetti differenti di analisi
     
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  9. _Nicoletta
     
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    un po' di bibliografia presa da tesionline http://www.tesionline.it/consult/bibliografia.jsp?idt=9204

    Bibliografia
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  10. _Nicoletta
     
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    Oggi si è abbandonata la prospettiva che vede il sistema
    informatico come il protagonista dell’interazione, poiché gli studiosi si sono accorti che questa
    prospettiva non tiene in considerazione il contesto in cui avviene l’interazione, essendo un
    approccio centrato esclusivamente sull’utilizzatore, che considera il sistema informatico come il
    fine dell’interazione dalla stessa tesi..la preview http://www.tesionline.it/consult/pdfpublic.../9204/9204p.pdf
    beh non c'è altro di utile
    e non so se questo mi servirà
     
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  11. _Nicoletta
     
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    Una biblio con testi forse:-|: utili

    Bibliografia

    Le pubblicazioni contenute in questa bibliografia sono elencate in ordine alfabetico in base ai seguenti criteri:

    * le opere di un solo autore sono ordinate in base al cognome di quest'ultimo;
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    * le opere in cui la responsabilità intellettuale è attribuita ad un ente collettivo sono schedate sotto la denominazione dell'ente che le ha prodotte.

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    Noventa A. (1996), I gruppi di auto mutuo aiuto: dall'approccio familiare all'approccio di comunità, "Il seme e l'albero", 8.

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    Sezione autonoma dei portatori di handicap, Associazione studenti dell'università di Magonza (s.d.), Manuale di peer counseling & programma di training in peer counseling, [s.n.], [s.l.]. 2. ed. ampliata. Traduzione di Peer counseling training manual, Indipendent living resource center, San Francisco (USA). Materiale non convenzionale.

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    Skovholt T.M. (1974), The client as helper: a means to promote psychological growth, "Counseling psychologist, 4.

    Tocco Mariella (1998-1999), I gruppi di auto-aiuto e i loro effetti, Università degli studi La Sapienza, Facoltà di Psicologia, Roma. Tesi di laurea.

    Tornaboni Maria Rosa (1998-1999), I gruppi di autoaiuto, Università degli studi di Urbino, Facoltà di Sociologia, Urbino. Tesi di laurea.

    Trautmann Franz, Barendregt Cas (1994), The European peer support manual = Manuale europeo di sostegno tra pari. Il sostegno tra pari come metodo di prevenzione dell'AIDS nelle persone tossicodipendenti, NIAD, Utrecht; Commissione delle Comunità Europee, [Bruxelles]. A fogli mobili.

    Twelve steps and twelve traditions (1993), Alcoholics anonymous world

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    Vanzini Paolo (1997?), I cavalieri di San Giacomo. L'esperienza dell'auto aiuto nel campo psicosociale a Verona. Materiale informativo del periodo 1990-97, [s.n.], [s.l.].

    Veneto. Gruppo di lavoro regionale (1996), Corsi per smettere di fumare. Linee guida per il conduttore, Centro di educazione alla salute, servizio regionale di documentazione, Padova.

    altra bibliografia ma senza anno e editore qui: http://www.bfs.unina.it/firstlevel/testiesami2.htm
     
    .
  12. _Nicoletta
     
    .

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    per cercare su google un testo
    con la chiave di ricerca : bibliografia
    per cui quando si trova la citazione
    Sherif e Sherif 1969
    Bibliografia: nome autore anno
    wooowwwwwwwwwww

    oppure sul catalogo dell'opac (le biblioteche) sotto il nome dell'autore però

    SIT teoria dell'identità sociale su wikipedia
    http://it.wikipedia.org/wiki/Teoria_dell&#...t%C3%A0_sociale
     
    .
  13. _Nicoletta
     
    .

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    altra bibliografia (bella davvero)
    da qui: http://www.formazioneinfm.it/bibliografia.asp

    Bibliografia

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    Argomenti

    * COMUNICAZIONE INTERPERSONALE
    * PSICOLOGIA SCOLASTICA
    * PSICOLOGIA DELLA SICUREZZA
    * COACHING
    * SELEZIONE DEL PERSONALE
    * COMUNICAZIONE INTERNA
    * ASSESSMENT: analisi e sviluppo competenze
    * FORMAZIONE FORMATORI
    * CLIMA ORGANIZZATIVO
    * EVOLUZIONE PERSONALE

    eccola
    :fiori:

    COMUNICAZIONE INTERPERSONALE

    * Taifel H. Gruppi umani e categorie sociali 85 Il Mulino Bologna
    * Tommasi M. e Laterza D. Dirigere guidare coinvolgere - l’arte del comando e la gestione dei collaboratori Franco Angeli 2005
    * Watzlawick P. e al. La realtà inventata 89 Feltrinelli Milano
    * Bandler R. Grinder J. La metamorfosi terapeutica 80 Astrolabio Roma
    * Foester H. V. Sistemi che si osservano 87 Astrolabio Roma
    * Scheflen A. E. Il linguaggio del comportamento 77 Astrolabio Roma
    * Scardovelli M. Feedback e cambiamento 98 Borla Roma
    * De Bono E. Conflitti Sperling e Kupfer
    * Watzlawick P. e al. Pragmatica della comunicazione umana 71 Astrolabio Roma
    * Simini M. La comprensione reciproca Angeli
    * Novaga M. Borsetti G. Il lavoro di gruppo 79 Patron Bologna
    * Le Roux P. Presentare per convincere 88 Lupetti Milano
    * Goffman E. Modelli di interazione 76 Il Mulino Bologna
    * Erickson M. H. A scuola di ipnosi 83 Boringhieri Torino
    * Cialdini R. B. Le armi della persuasione 88 Giunti Barbera Firenze
    * Bandler R. Grinder J. La struttura della magia 81 Astrolabio Roma
    * Argyle M. Il corpo e il suo linguaggio 78 Zanichelli Bologna
    * Watzlawick P. La realtà della realtà 76 Astrolabio Roma
    * Kotter J.P. Il fattore leadership 89 Sperling and Kupfer
    * Truini D. Guida alla comunicazione interpersonale e di gruppo 92 Angeli Milano
    * Ricci Bitti P.E. Zano B. La comunicazione come processo sociale 83 Il Mulino Bologna
    * Luft J. Psicologia e comunicazione 75 Isedi Milano
    * Trentini G. Il cerchio magico. Il gruppo come oggetto e come metodo in psicologia sociale e clinica 88 Angeli Milano
    * Mastronardi V. Le strategie della comunicazione umana 98Angeli
    * Calamonico P. Microcosmo. Il piccolo gruppo. Dinamiche formazione psicoterapia 94 Nis Roma
    * Nenzoni F. L´Arte della persuasione Angeli
    * Lanzara G.F. La progettazione dell´azione mappe cognitive e dilemmi del comportamento in una situazione organizzativa complessa 87 Angeli Milano
    * Anchisi R. Gambotto M.D. Non solo comunicare Libreria Cortina Torino1995
    * Kondo Y. La motivazione. Una chiave per il management 92 Itaca Milano
    * Kelley R. Il potere dei collaboratori. Come creare collaboratori capaci di guidarsi...e leader che sappiano farsi seguire 94 Angeli Milano
    * Blanchard K. Carew D. Parisi Carew E. Ratti F Costruire gruppi di successo 93 Angeli Milano
    * Bennis W. Nanus B. Leader Anatomia della leadership. Le 4 chiavi della leadership effettiva 93 Angeli Milano
    * Bennis W. Come si diventa leader 90 Sperling e Kupfer Milano
    * Luft J. Introduzione alla dinamica di gruppo 73 La Nuova Italia Editrice Firenze
    * Kharabanda O. Stallworthy E. Kharabanda O. Stallworthy E.
    * Quaglino G. P. Appunti sul comportamento organizzativo 90 Tirrenia Stampatori Torino

    PSICOLOGIA SCOLASTICA

    * Cecchini A. (a cura di) I giochi di simulazione nella scuola, Zanichelli, Bologna, 1987
    * Augenti A., Polacek K. Sistemi di orientamento, Sei, Torino, 1982
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    * Vigiletti M. Il metodo dell'attivazione dello sviluppo scolastico e professionale, in: Orientamento Scolastico e Professionale, n. 3, 1991
    * Zaniello G. Scuola e impresa: cultura, professionalità e orientamento, Maggioli, Rimini, 1988
    * Zaniello G. Educazione e orientamento professionale, Armando, Roma, 1987
    * Sarchielli G. Fraccaroli F. Orientamento e aspettative lavorative,in: Scuola e Professione, n. 4 1989
    * Giovannini G. Pombeni M.L. Il rischio composito, in: Scuola e Professione, n. 2, 1987
    * Pombeni M.L. Orientamento scolastico e professionale: un orientamento sociopsicologico, 90 Il Mulino, Bologna
    * Manganelli Rattazzi A.M., Comucci Tajola A., Capoz Aspettative di istruzione e occupazione nei giovani. Un'analisi di adolescenti veneti, 88 Patron, Bologna
    * Cavallini F. Il novizio e la tribù. Come inserire efficacemente i giovani nelle organizzazioni 1991, Angeli, Milano
    * Camiciotti G. L'orientamento personale degli alunni, Le Monnier, Firenze, 1981
    * Pombeni M.L. Orientamento: per una riconsiderazione critica del concetto e della pratica, in Scuola e Professione, n. 2, 1989
    * Augenti A. L'orientamento: i problemi istituzionali e normativi, in: Orientamento Scolastico e Professionale, n. 1-2, 1987
    * Bellamio D., De Benedetti M., Cigada F., Pasquali Orientamento e formazione. Didattica orientativa e capacità trasversali, 91 Unicopli, Milano

    PSICOLOIGA DELLA SICUREZZA

    * Ufficio Internazionale del Lavoro Lo studio del lavoro e la psicologisa della sicurezza lavorativa, Angeli, Milano, 1983
    * Scarpitti G., Zingarelli D. (a cura di) Il telelavoro: teorie e applicazioni. La destrutturazione del tempo e dello spazio nel lavoro post-industriale, Angeli, Milano, 1993
    * Organizzazione internazionale del lavoro Stress at work. La ricerca comparativa interpersonale, Angeli, Milano, 1994
    * La Rosa M., Bonzagni M., Gosetti G., Grazioli P. Stress e management, Angeli, Milano, 1994
    * Favaretto G. Stress e nuove tecnologie, Unicopli, Milano, 1990
    * Berra A., Prestipino T. Ufficio internazionale del lavoro, Lo studio del lavoro e la psicologia della sicurezza lavorativa, Angeli, Milano, 1983

    COACHING

    * Reddy M. Il couseling aziendale Sovera editore Roma 1994
    * Looss W.. Coaching per mamager. La consulenza ad personam per lo sviluppo dei dirigenti: problemi affrontati a quattr´occhi Angeli Milano 1992
    * Bass B.M.. Psicologia e guida degli uomini nelle organizzazioni Angeli Milano 1975
    * Tommasi M. Manuale applicativo di Coaching Franco Angeli Milano 2007

    SELEZIONE DEL PERSONALE

    * Quadrio A., Ugazio V. Il colloquio in psicologia clinica e sociale. Prospettive teoriche e applicative, Angeli, Milano, 1992
    * Trentini G. Contributo allo studio della validità e sensibilità del colloquio nell'azione orientativa, in: Contributi dell'Istituto di Psicologia dell'Università Cattolica del Sacro Cuore, 1967.
    * Gemelli A. L'orientamento professionale dei giovani nella scuola, in: Vita e pensiero,1947
    * Bellotto M., Miragliotta A. L'influenza di alcuni fattori sull'intensità degli orientament valoriali dei giovani verso il ruolo lavorativo, in: Contributi Dipartimento di Psicologia, Università di Palermo, Anno IV, n. 1 1990
    * Trentini G. (a cura di) Manuale del colloquio e dell'intervista,Isedi-Mondadori, Milano 1980
    * Pombenim L., D'Angelo M.G. L'orientamento di gruppo, Nis, Roma 1994
    * Iacci P., Pugliese S. L'ingegnere in Azienda, professionalità, selezione, formazione e sviluppo, Unicopli, Milano 1989
    * Bellotto M. Possibili opzioni operative del colloquio, in: Teoria e prassi del colloquio e dell'intervista(a cura di G. Trentini), Nis, Roma 1989
    * Castiello D'Antonio A. La diagnosi psicologica in psicologia del lavoro e dell'organizzazione,in: Bollettino di Psicologia Applicata, ottobre/dicembre, 1991
    * Zerilli A. (a cura di) Reclutamento, selezione e accoglimento del personale, Angeli, Milano 1988
    * Lodigiani F. Il reclutamento nella selezione del personale, Edizioni Isper,Torino 1981
    * Dunette M.D. La psicologia della selezione del personale, Angeli, Milano 1992

    COMUNICAZIONE INTERNA

    * Schmidt E. Comunicare nelle organizzazioni. La teoria sistemica della comunicazione nella formazione aziendale, Unicopli, 1990
    * Rampini F. La comunicazione aziendale, Etas Libri, Milano, 1990
    * Quaglino G.P. La comunicazione come processo organizzativo, Micro and Macro Marketing, n. 3, 1992
    * Pitton U. La comunicazione nella gestione del personale nel caso del cambiamento organizzativo: il caso di un'impresa di assicurazioni, in Costa G. (a cura di), Manuale di gestione del personale, UTET, Torino, 1992, volume III
    * Passerini W., Tomatis A.A. Management dell'ascolto, Angeli, Milano, 1992
    * Methodos (a cura di) Comunicazione interna: una sfida per le imprese (Ricerca Confindustria) Sipi, Roma, 1992
    * Del Mare G., Canino A. L'integrazione aziendale mediante i processi interni, in Cuneo G.F.(a cura di), Riprogettare l'impresa per competere in un mondo senza confini, Il Sole-24 Ore Libri, Milano 1992
    * Del Mare G., Canino A. La comunicazione in azienda, in Cuneo G.F. (a cura di),Riprogettare l'impresa per competere in un mondo senza confini, Il Sole-24 Ore Libri, Milano 1992
    * Del Mare G., Canino A., Azzoni G. Come si comunica all'interno di un'impresa, Lupetti, Milano, 1990
    * Confindustria (a cura di) La comunicazione interna nelle imprese. Materiali per un dibattito,Sipi, Roma, 1993
    * Coda V. Comunicazione e immagine nella strategia dell'impresa, Giappichelli, Torino, 1991
    * Cattaneo G., Comboni R. Le comunicazioni interne: il caso Ibm Italia, in Costa G. (a cura di), Manuale di gestione del personale, UTET, Torino, 1992, volume III
    * Butera F. Le comunicazioni interne come fattore strutturante nelle organizzazioni di servizi, Studi Organizzativi, n. 4, 1990

    ASSESSMENT: analisi e sviluppo competenze

    * Piccardo C. Empowerment. Strategie di sviluppo organizzativo centrato sulla persona, Raffaello Cortina Editore, 1995
    * Jaffe D.T., Scott C.D., Empowerment. Come creare un ambiente di lavoro responsabilizzato. Una guida pratica per avere successo, Angeli, Milano 1994
    * De Vito Piscicelli P. La valutazione nelle organizzazioni, in: Psicologia e Lavoro, n. 5-11, 1988
    * Bettini S Il counseling di orientamento, in: Professionalità, n. 2, 1992
    * Bellotto M., Rotondi M. Un modello giapponese per la valutazione delle capacità,in: Skill, Anno VIII, n. 2, 1990
    * Zerilli A. (a cura di) La valutazione del personale, Angeli, Milano, 1987
    * Vaccani R. Professionalità, attitudine e carriera, Etas Libri, Milano, 1992
    * Sangiorgi G. Risorsa uomo e valutazione psicosociale, Angeli, Milano, 1994
    * Rowentree D. L'autodiagnosi del manager, Angeli, Milano, 1992
    * Percy J.P. Il colloquio di valutazione e supporto con i collaboratori.Guida pratica, Angeli, Milano, 1993
    * Morhman A.M., Resnick West S.M., Lawler E.E. La valutazione dei dipendenti. Come progettare sistemi di valutazione della performance dei dipendenti rispondenti alle Vostre esigenze reali, Angeli, Milano,1992
    * Majer V. Valutazione del potenziale delle risorse umane, Itaca, Milano, 1991
    * Levati W., Serao' M.V. Assessment Center. Analisi di un metodo di valutazione della risorsa umana, Angeli, Milano, 1993
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    FORMAZIONE FORMATORI

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    * Lipari D. Progettazione e valutazione nei processi formativi, Edizioni Lavoro, Roma
    * Vergani A. La qualità nella formazione: pensarla, progettarla e realizzarla, in skill, n. 9
    * Schein E. Lezioni di consulenza. L'attualità della consulenza di processo come risposta necessaria alle sfide dello sviluppo organizzativo, Raffaello Cortina Editore, Milano, 1992
    * Aif (a cura di) Professione formazione, Angeli, Milano, 1992
    * Bass B.M., Vaughan T.A. La formazione del personale nelle aziende, Angeli, Milano, 1992
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    * Carrozzi G.P., Quaglino G.P. Il processo di formazione, Angeli, Milano, 1981
    * Carrozzi G.P. Fare formazione, Il Mulino, Bologna 1985
    * Carrozzi G.P., Quaglino G.P. Il processo di formazione. Dall'analisi dei bisogni alla valutazione dei risultati, Angeli, Milano, 1992
    * Bonetti D., Meneghelli A. Assertività e training assertivo. Giuda per l'apprendimento in ambito professionale, Angeli, Milano 1992
    * Berne E. A che gioco giochiamo 67, Bompiani, Milano
    * Amietta F., Amietta P.L. (a cura di) Valutare la formazione, Unicopli, Milano, 1992
    * Contessa G. La formazione, Città Studi, Milano, 1993
    * Knowles M. Quando l'adulto impara. Pedagogia e andragogia, Angeli, Milano, 1993
    * Lipari D. Idee e modelli di progettazione nei processi formativi, Edizioni Lavoro, Roma, 1987
    * Quaglino G.P., Varchetta G. La formazione e il suo centro, Tirrenia stampatori, Torino, 1988
    * Bellotto M. Rapporto tra Culture Organizzative e Formazione, Atti del Convegno di Studi su Formazione e Gestione delle Risorse Umane nella Politica dei Servizi, Catania, 1991
    * Piccardo C. L'analisi della domanda di formazione, in: Sviluppo e Organizzazione, n: 93, 1986
    * AA. VV. T-Group: Storia della più significativa invenzione sociale del secolo, Clup, Milano, 1990
    * Bellotto M. I metodi attivi nei gruppi di formazione, in: Avallone (a cura di F.), La formazione psicosociale, Nis, Roma, 1989
    * Castagna M. La lezione, metodi e idee per la formazione degli adulti, Unicopli, Milano, 1988
    * Spaltro E.,Rigli U. Giochi psicologici, Celuc, Milano, 1980
    * Bellotto M. "Il metodo dei casi: funzione difensiva e funzione asplorativa, in
    * La Rosa M., Grandi S. (a cura di) La formazione del management nell'area pubblica e dei servizi: un modello, Angeli, Milano,1994
    * Bellotto M. Glossario della formazione, in: Skill, Anno XI, n. 8, 1993
    * Bellotto M., Rotondi M. Il contributo della psicologia alla formazione manageriale in Giappone, in: Rivista AIF, Anno IV, n. 11, 1990
    * Goguelin P., Cavozzi J., Dubost J., Enriquez La formazione psicosociale nelle organizzazioni, Isedi, Milano, 1972

    CLIMA ORGANIZZATIVO

    * White D. Il risveglio del cuore in azienda, Guerini e Associati, Milano, 1997
    * Poiani M. Conflitto e cambiamento. Guida per la soluzione dei conflitti e della conflittualità nelle imprese, Angeli, Milano, 1980
    * Quaglino G.P., Cortese P., Ronco L. Clima organizzativo, in: Sviluppo e Organizzazione, n. 147,1995
    * Bellotto M., Trentini G. Un modello interpretativo delle culture organizzative, in: Skill, Anno VIII, n. 1, 1990
    * Schein E. Cultura d'azienda e leadership, Guerrini e Associati, Milano, 1985
    * Quaglino G.P., Mander M. I climi organizzativi, Il Mulino, Bologna, 1987
    * Gagliardi P. (a cura di) Le imprese come culture. Nuove prospettive di analisi organizzativa, Isedi, Torino,1986
    * De Vito, Piscicelli P. La diagnosi organizzazione, Angeli, Milano, 1984
    * Argyris C. Superare le difese organizzative. Strategie vincenti per facilitare l'apprendimento nelle organizzazioni, Raffaello Cortina Editore, Milano 1993
    * Zeleznik A. (a cura di) Motivazione, produttività e soddisfazione nel lavoro, Il Mulino, Bologna, 1964
    * Mc Gregor D. L'aspetto umano dell'impresa, Angeli, Milano, 1960
    * Thompson D.J. (1988) L'azione organizzativa. Isedi, Torino

    EVOLUZIONE PERSONALE

    * Foester H. V. Sistemi che si osservano 87, Astrolabio, Roma
    * Bateson G. Mente e natura. Un'unità necessaria, Adelphi, Milano, 1984
    * Leavitt M. Fondamenti di psicologia per dirigenti, 68, Etas/Kompass, Milano
    * Watzlawick P. (1987) Di bene in peggio, Feltrinelli, Milano
    * Watzlawick P. (1984) Istruzioni per rendersi infelici, Feltrinelli, Milano
    * Antonietti A. (1994) Il pensiero efficace: metodi e tecniche per la soluzione creativa dei problemi, Angeli, Milano

    Da tesi on line: http://www.tesionline.it/consult/pdfpublic.../6077/6077b.pdf
    per la tesi: Counseling e coaching per la formazione dei manager: l'esperienza di Bayer
    Bibliografia
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    www.europa.eu/italia/documenti/EB66.pdf
    (EUROBAROMETRO 66, autunno 2006)


    il link della biblio è questo ma non riesco a risalire a nessun titolo di tesi
    http://www.tesionline.it/__PDF/19266/19266b.pdf



    Invece non utile ma interessante (ci sono ricaduta... :-|: il baratro delgi extra...aiut... :P)
    titolo della tesi: Linguaggio, ideologia e categorizzazione sociale :
    un’analisi psicologico sociale del documento
    di rivendicazione dell’attentato a Marco Biagi


    qui: http://www.cavi.univ-paris3.fr/lexicometri...df/JADT_024.pdf

    ovvio che metto la bibliografia un se sa mai! :adv:

    è un po' come il libro sull'analisi linguistica quantitaiva del Mein kampf

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    ah JADT 2004 sta per : 7es Journées internationales d’Analyse statistique des Données Textuelles :)
     
    .
  15. _Nicoletta
     
    .

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    Aggiungere ed integrare

    Ancora oggi la Formazione a Distanza viene vista con una certa diffidenza o, comunque, tende ad essere considerata una forma di didattica 'di serie B', rispetto a quella tradizionale.
    Questa prospettiva, pero', non tiene conto in modo adeguato del fatto che la FaD e, nella fattispecie, la formazione in rete, di terza generazione, differisce sostanzialmente dalla didattica tradizionale, faccia a faccia, al punto che risulta, per certi versi azzardato un confronto con essa.
    Inoltre, le due forme di insegnamento non si escludono necessariamente a vicenda, ma possono trovare una proficua integrazione, che può' dare luogo ad un modello di educazione innovativo, in cui vengono privilegiati: la formazione della conoscenza come processo ricorsivo, mai concluso, che può' essere continuamente arricchito, modificato, ampliato, oltre che come processo collaborativo, in cui ogni discente può' fornire il suo apporto, in cui vengono valorizzati i contributi dei singoli, la cooperazione per un obiettivo comune, la possibilità' di un percorso di formazione che risponda alle esigenze individuali, sia a livello di contenuto, sia di tempi di fruizione.

    Per poter far comprendere i vantaggi che la FaD offre, e' necessario non solo fornire dei materiali di elevata qualità' ed un supporto tecnologicamente avanzato ed efficiente, ma anche diffondere una vera e propria cultura dell'e-learning.
    Come afferma Carl Rogers, non e' possibile insegnare, ma solo facilitare l'apprendimento; si apprende solo ciò che viene percepito rilevante per la propria crescita, all'interno di un ambiente in cui vige un clima di fiducia e di ridotta minaccia per il se'.


    Da sistemare Dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, l’introduzione di supporti audiovisivi multimediali come strumenti per l’apprendimento a distanza, segna il passaggio dalla prima alla seconda generazione di FAD, caratterizzata da un uso integrato di materiale a stampa, registrazioni sonore, trasmissioni televisive e, talvolta, software didattici (courseware). La formazione a distanza via etere sembra essere il modo più rapido ed efficace per educare ed istruire larghe porzioni di popolazione ed, infatti, le nuove opportunità offerte dal mezzo televisivo rispetto alle tecnologie utilizzate in precedenza sono rilevanti: l’uso delle immagini più facili da comprendere per un pubblico analfabeta, esercita un impatto e un interesse inediti e notevolmente più efficaci rispetto alla statica freddezza dei fogli di carta o all’intangibile voce via radio.
    Seconda generazione: istruzione a distanza (IAD). A partire dagli anni sessanta si affermano i cosiddetti sistemi FaD multimediali o di seconda generazione, caratterizzati da un uso integrato di materiali a stampa, trasmissioni televisive, registrazioni sonore e in alcuni casi di software didattico (Courseware o CBT) e da linee programmatiche organizzate. Come spiega Aretio (1992), è difficile definire o individuare le caratteristiche specifiche dell’educazione (o dell’insegnamento) a distanza di questa seconda generazione, poiché non tutti intendono allo stesso modo il termine «distanza». Dall’altra parte, fa riflettere ancora Aretio, esiste una grande varietà di modalità di insegnamento in funzione del tipo di sostegno politico e sociale, dei bisogni formativi della popolazione non soddisfatti dal sistema tradizionale di istruzione e dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione o delle tecnologie dell’informazione. Non solo. Questa seconda generazione è caratterizzata poi dalla rapidissima evoluzione che nel giro di pochi decenni ha prodotto notevoli cambiamenti di metodi, di materiali, dei mezzi e della struttura che non trova confronti con il sistema educativo tradizionale il quale, al contrario, è contrassegnato dai lenti cambiamenti.

    Esamineremo brevemente alcune caratteristiche delle linee programmatiche del IAD cercando di individuare alcuni ambiti e limiti di tale sistema.

    1. Separazione allievo docente. Sicuramente una delle caratteristiche salienti dell’istruzione a distanza è la separazione tra il docente e il discente. Questa distanza, al di là di come sarà gestita, struttura il processo di insegnamento-apprendimento in modo diverso da quello tradizionale, passando dal rapporto faccia a faccia al rapporto dilazionato nel tempo e nello spazio, in cui «l’apprendimento si basa sullo studio indipendente da parte dell’allievo di materiali prodotti specificatamente a tale scopo» (Aretio, 1992, p.45).

    2. Impegno di mezzi tecnici e approccio tecnologico. Una delle spinte più importanti nello sviluppo dei sistemi di istruzione a distanza di seconda generazione è rappresentata dallo sviluppo e dai progressi delle tecnologie di comunicazione che hanno ridotto ostacoli di carattere geografico, economico o di altra natura.

    3. Organizzazione di sostegno. Nello studio a distanza viene prevalentemente incoraggiato l’apprendimento individuale, per cui lo studente si trova da solo e non in gruppo (Aretio, 1992), ed è proprio per questo motivo che l’organizzazione istituzionale ha il compito di fornire ai suoi discenti aiuto, motivazione, facilitazioni e controllo dell’apprendimento. Keegan (1990) ha definito tale apprendimento individuale assistito: «artificiale». Il limite consiste in questo: il docente che costruisce i materiali didattici non conosce a priori quali saranno le «reazioni» degli studenti e non può neppure ricevere un feedback immediato da parte degli stessi tale da aiutarli per adattare il contenuto e la presentazione di nuove integrazioni.

    4. Apprendimento individuale. Rispetto alla generazione precedente si formulano linee programmatiche di ricerca, in particolar modo sui metodi e sulle strategie di insegnamento-apprendimento a distanza: c’è un dichiarato intento di utilizzare un approccio più centrato sull’allievo, più rispondente alla diversificazione dei bisogni educativi degli allievi, sia in termini di contenuto che di sostegno didattico.

    Pur riconoscendo la fondamentale dimensione dei bisogni e delle necessità individuali di ogni studente che apprende, il limite più forte è che questo sistema non riesce a colmare la dimensione sociale in quanto come spiega Wedemeyer lo studio rimane indipendente e porta «.[…] gli insegnanti e i discenti a espletare i loro compiti e responsabilità essenziali, lontani gli uni dagli altri» (Wedemeyer, 1977, citato da Keegan, 1993).

    5. Comunicazione bidirezionale. Uno degli aspetti cui i maggiori teorici dell’istruzione a distanza hanno voluto porre maggior rilievo è stata l’introduzione della comunicazione bi-direzionale, la quale rendeva possibile finalmente l’interazione tra docente e discente. Tuttavia la comunicazione che s’instaura è di tipo bilaterale (comunicazione uno-a-uno), dove si stabilisce un rapporto esclusivo fra studente e il docente. In questo tipo di organizzazione l’aspetto sociale è sicuramente il più sacrificato in quanto il contatto tra gli studenti è del quasi del tutto assente, o delegato a rari incontri in presenza. Infatti Keegan, in una lucida analisi sulle caratteristiche fondamentali dell’istruzione a distanza, scrive: «la quasi permanente assenza del gruppo dei discenti per tutta la durata del processo di apprendimento, cosicché, viene impartito un insegnamento individuale e non di gruppo, con la possibilità […] di incontri occasionali sia per scopi didattici sia di socializzazione» (Keegan, 1990).

    6. Modalità di comunicazione di massa. I mezzi di comunicazione di massa si sono rilevati i canali privilegiati nell’istruzione a distanza in quanto hanno rappresentato un mezzo efficace per sostituire la presenza del docente e soprattutto per distribuire materiale didattico.

    In conclusione possiamo dire che: tra la prima e la seconda generazione FaD rimane costante il fatto che esse si basano prevalentemente sulla produzione e distribuzione di materiali didattici nei confronti della popolazione da formare e in generale sembrano che siano più preoccupate a coprire le distanze geografiche che quelle socio-cognitive. Il limite più forte di questi sistemi consiste nell’instaurare una debole interazione tra gli attori dei processo formativo in quanto, come abbiamo visto, la comunicazione tra docente e studente tuttavia rimane marginale e episodica mentre fra gli studenti è quasi del tutto inesistente. Ciò inevitabilmente ha delle ripercussioni sull’apprendimento il quale risulta essere sacrificato nella sua componente sociale e cognitiva, venendo ridotto a un fatto esclusivamente individuale.
    http://www.comunicareinrete.com/tesi/telem...one-a-distanza/


    Nell’evoluzione della FAD segna una tappa fondamentale la diffusione dello standard VHS (video home system), prodotto dalla società giapponese JVC a partire dal 1976. Le opportunità formative, a seguito di questa introduzione, si rafforzarono in maniera considerevole, sia perché le videocassette permettendo di registrare e rivedere una trasmissione in differita, introdussero la norma di formazione asincrona, sia perché attraverso il loro supporto, fu possibile realizzare corsi a distanza anche da acquistare. In questo modo la FAD comincia ad assumere quelle caratteristiche tanto importanti quanto inimitabili che la rendono preferibile ad un tradizionale corso formativo in presenza: la possibilità di personalizzare l’offerta formativa.

    Il passaggio alla terza generazione di FAD è segnato dall’avvento del digitale. A metà degli anni ottanta, grazie alle straordinarie potenzialità del personal computer, utilizzato ormai anche in ambienti famigliari, si assiste ad una svolta del paradigma educativo, sia nell’ambito dell’istruzione a distanza, sia in quello dell’istruzione in presenza: l’utente viene ad assumere un ruolo attivo nel proprio percorso formativo. Nasce la formazione on line che sfrutta le potenzialità del web e che permette all'utente di essere seguito passo passo durante la lezione.

    La formazione a distanza può, allora, essere definita come un processo di distribuzione di informazioni asincrono grazie al quale è possibile verificare l’apprendimento con test e simulazioni, raccogliere i dati sulla fruizione e profitto dei singoli utenti, conservare e predisporre tutte le statistiche e report, rendere visibili in tempo reale i dati del processo formativo.

    Esistono vantaggi immediatamente intuibili della formazione a distanza: il risparmio di costi di spostamento , il risparmio di tempo, la fruizione in ufficio o a casa ed anche nel tempo libero, l’alta diffusione , la tempestività e capillarità, la tracciabilità della formazione, l’aiuto alla formazione continua, vantaggi e risparmi nei tempi e nelle modalità degli aggiornamenti.

    Link di interesse:
    www.corsi-formazione.info
    www.quality.bicomega.it, bicomega.it/fad, formazione.bicomega.it
    www.formazione-professionale.net
    Apprendimento a distanza, apprendimento aperto, apprendimento collaborativo sono nati in epoche certamente pre-telematiche. Essi, tuttavia, hanno trovato, nella telematica, la base per arricchimenti, sviluppi e modificazioni sostanziali di nuovo tipo, grazie alla possibilità di avere a disposizione risorse informative ed umane remote, alla possibilità di partecipare a gruppi virtuali di svariata cultura, sesso, età, religione e di interagire in modo paritario e diretto con tutti.

    . E-Learning
    Fra E-Learning e blended learning e FAD le differenze riguardano principalmente:
    - il tipo di apprendimento promosso: si può sviluppare un apprendimento prevalentemente individuale contrapposto ad un apprendimento di tipo collaborativo;
    - la funzione della tecnologia:essa può essere orientata a creare un ambiente che mette a disposizione del materiale informativo (lezioni teoriche) ed esercizi o permettere lo scambio collaborativo in gruppo e la realizzazione di prodotti congiunti
    - l'integrazione o meno dell' attività a distanza con attività in presenza: ciò pone la necessità di stabilire quali funzioni vengono svolte da ciascuna delle due componenti del percorso formativo.
    Molti sono gli ambienti on line a cui si collegano spesso diversi modelli formativi di riferimento, che enfatizzano spesso la necessità di promuovere nei partecipanti un apprendimento di secondo livello, ovvero la capacità di imparare ad imparare in un certo ambito di conoscenza. Uno di questi modelli che si configura come particolarmente originale in questo ambito, in quanto orientato a promuovere non tanto la capacità di apprendere quanto quella di costruire conoscenza, è quello che gli stessi autori, Bereiter e Scardamalia (in stampa) chiamano Knowledge Building. Tale modello è stato elaborato nel corso di un'attività di ricerca di oltre 15 anni, che ha portato parallelamente alla messa a punto dell'ambiente di collaborazione on line denominato prima CSILE (Computer- Supported Intentional Learning Environment) e, in anni più recenti, Knowledge Forum.

    Da qui -->http://formare.erickson.it/archivio/marzo_04/cacciamani.html (non dichiaratamente)

    In un’epoca di web 2.0 e network sociali, in cui la rete si arricchisce di partecipazione, condivisione, authoring, può’ apparire superato occuparsi ancora di lezioni che hanno luogo in presenza e sono corredate da materiale pubblicato su web. Con il nuovo web interattivo di My Space, Wikipedia e Writely la condivisione e modifica di informazioni online e in tempo reale non richiede considerevoli competenze informatiche, consentendo un aumento vertiginoso del numero di contenuti, anche di tipo didattico, disponibili online. Nuovi ambienti e nuovi modi di comunicare sembrano caratterizzare il futuro della rete , mediante applicazioni innovative come i “webtop” desktop virtuali che forniscono spazi di lavoro online.
    Tuttavia nell’attuale mondo accademico, le potenzialità dei nuovi sistemi tecnologici appaiono parzialmente limitate e la lezione tradizionale in presenza, associata a strumenti informatici di supporto (web-enhanced teaching), è la situazione didattica più diffusa. Dalla recente indagine della CRUI sullo stato dell’e-learning negli Atenei italiani (www.fondazionecrui.it/elue), risulta, infatti, che gli Atenei che hanno un supporto informatico e didattico utilizzano principalmente le proprie risorse per l’arricchimento delle forme tradizionali di insegnamento in presenza, e cioè per incrementare la qualità dell’insegnamento e offrire flessibilità alle modalità di fruizione di tale tipo di offerta didattica.
    Risulta cioè che la forma più frequente di uso delle tecnologie nell’insegnamento riguarda ancora questa specifica tipologia: quella dell’insegnamento in presenza (la lezione “tradizionale”), accompagnata da materiali di supporto (Video, ppt, testi, multimedia), fruiti durante la lezione e poi ottenuti per lo studio a casa, sempre più spesso utilizzando il web.
    La didattica non è quindi concepita come un trasferimento di contenuti veicolati esclusivamente e totalmente dalla rete (e-learning). La realtà formativa universitaria sembra essere caratterizzata in prevalenza da un insegnamento tradizionale integrato ed arricchito, più o meno frequentemente, con tecnologie informatiche e web-based.



    Come analizzare il discorso nei forum: come e di cosa si parla


    PaolaSpadaro
    M.BeatriceLigorio
    UniversitàdiBari


    Gli ambienti di comunicazione mediata producono un tipo di discorso specifico (Ligorio, 2002) che, pur condividendo alcune caratteristiche sia con la comunicazione orale che con la comunicazione scritta tradizionale (Ong, 1988), costituiscono una modalità di comunicazione ancora non indagata a fondo. Nel caso dei forum, grazie all'asincronia e alla rilevanza della dimensione testuale, sembra essere privilegiata sia una riflessione anticipata rispetto al momento reale di comunicazione (si può riflettere e modificare il testo prima di renderlo pubblico), sia una riflessione successiva, data dalla possibilità di rileggere il contenuto delle note a cui si vuole replicare, ma anche quello delle proprie note.
    Questi aspetti sicuramente si combinano in modo peculiare con le caratteristiche, gli specifici interessi, motivazioni, aspettative e obiettivi, più o meno espliciti del gruppo, della comunità che si ritrova a comunicare via forum.
    In questo testo si vuole proporre una metodologia di analisi delle note postate in un forum utilizzato da una comunità di ricerca, capace di cogliere la specificità del discorso e di dar conto di cosa si discute e come, con quale stile e con quali obiettivi.
    Da qui--> http://formare.erickson.it/archivio/maggio_04/2spadaro.html





    Elementi per la costruzione di un protocollo di analisi dell'attività di un webforum

    StefanoCacciamani
    UniversitàdellaValD'Aosta


    Si avverte da più parti la necessità di sistematizzare metodi di indagine che consentano di analizzare quel particolare ambito di ricerca rappresentato dall'interazione di una comunità entro un webforum. Sempre più diffuse sono infatti, in questo settore, le ricerche che, utilizzando metodi sia di tipo qualitativo che quantitativo (Ligorio, 2002; Cesareni e Pascucci, 2004; Cacciamani, 2003) cercano di analizzare la complessità di tali interazioni, scegliendo diverse variabili o unità di analisi, orientandosi a rilevare l'emergenza di diversi fenomeni conversazionali o legati all'attività di costruzione di conoscenza.
    Scopo del presente articolo è offrire un contributo di sistematizzazione ad un possibile protocollo di analisi dell'interazione in un webforum. Quando parliamo di protocollo di analisi facciamo riferimento ad una serie di operazioni che il ricercatore deve compiere nel momento in cui si è posto un obiettivo di ricerca e deve organizzare un piano di analisi dei dati. In realtà occorre precisare che la definizione delle operazioni del protocollo ha una funzione importante fin dalla progettazione dell'attività di ricerca: è in relazione all'obiettivo dell'indagine e alla modalità di trattamento dei dati prevista che occorre predisporre le modalità attraverso cui la ricerca farà emergere i dati da studiare. Nella nostra analisi procederemo distinguendo in fasi le azioni che caratterizzano tale protocollo e condurremo la nostra riflessione in rapporto a due distinti scenari metodologici: per ogni fase si esaminerà cosa accade se l'approccio utilizzato è di tipo sperimentale o di tipo etnografico.

    Da qui http://formare.erickson.it/archivio/maggio...cacciamani.html





    2. Storia recente della formazione a distanza. Generazioni a confronto


    Questa caratteristica e la tipologia di progettazione dei materiali didattici portano a definire alcune forme di e-Learning come 'soluzioni di insegnamento centrato sullo studente'. Spesso, per lo più erroneamente, si identifica l'e-Learning con qualsiasi tipologia di formazione erogata tramite tecnologia informatica (di qualsiasi tipo: CD-ROM,Internet,intranet,…), in realtà la componente Internet e/o web e la presenza di una tecnologia specifica, definita in tempi recenti (piattaforma tecnologica,o LMS) distingue l'e-Learning da altre versioni di formazione a distanza come i CBT (Computer Ba ed Training) e le procedure di tracking della formazione lo distinguono dai WBT (Web Ba ed Training).
    Si parla, quindi, di e-Learning come terza generazione (o evoluzione) della formazione a distanza.Si parla di online education, cioè inteso come un percorso formativo inteso come processo sociale, anche e mediato dalla tecnologia, che avviene attraverso la rete grazie all’interazione dei partecipanti.
    Proprio questo elemento innovativo, rispetto alle generazioni di FaD precedenti,
    favorisce il superamento dell’isolamento del singolo e ne valorizza invece le sue relazioni di gruppo. Nella FaD un ruolo decisivo è giocato dalle tecnologie della comunicazione (stampa, mezzi di trasporto, telecomunicazioni, reti, ecc.) ed è quindi evidente come l’evoluzione di mezzi di quest’ultime abbia costantemente condizionato lo studio e lo sviluppo dei sistemi FaD.
    Negli ultimi anni, grazie anche all’aumento dell’affidabilità, delle prestazioni e della semplicità d’utilizzo, le potenzialità dei calcolatori e delle reti di calcolatori per comunicare conoscenza, interagire, condividere risorse e collaborare sono state sempre più apprezzate e applicate con successo. Inoltre, il collegamento di un gran numero di reti prima non connesse tra loro, ha reso accessibili enormi potenziali di risorse umane e informative.
    Molto prima della diffusione della telematica, l’educazione a distanza si è sviluppata facendo uso di numerosi mezzi quali la posta, la televisione, la distribuzione di videocassette e CD-ROM. L’evoluzione dei mezzi di comunicazione ha via via influenzato anche gli aspetti metodologici della formazione, per questo è importante ripercorrere le tappe fondamentali di questa evoluzione.

    Pertanto il salto di qualità di questa nuova era della FaD consiste nello spostamento dell’attenzione dai soli contenuti erogati, ai processi che realizzano l ’apprendimento, che vedono l ’allievo come protagonista attivo della propria formazione.
    Infatti gli studenti partecipano anche alla creazione di contenuti: essi non sono più solo spettatori e fruitori di contenuti, ma collaborano alla progettazione ed elaborazione degli stessi. Si passa quindi da una comunicazione 'uno a uno ' o 'uno a molti ', tipiche delle prime generazioni, ad una comunicazione 'molti a molti '.

    Le nuove tecnologie multimediali offrono inoltre, la possibilità di mantenere i rapporti tra coloro che frequentano l ’aula virtuale attraverso la posta elettronica, i newsgroup o le videoconferenze.
    La FaD di terza generazione si avvale delle risorse dell’ ICT (Information &Communication Technology) disponibili e in continua evoluzione.


    Già nel 1927 la BBC sperimenta un metodo di insegnamento via radio complementare a quello scolastico, ma lo sviluppo maggiore di questi metodi di insegnamento si ha negli anni ’30 in Canada e in Australia, dove, per mezzo di trasmissioni radiofoniche, si cerca di contrastare le difficoltà educative dovute alle enormi distanze. Dagli inizi degli anni ’70 l’Open University diventa il modello per gli altri istituti universitari per quanto riguarda la formazione a distanza.
    Si parla dunque di formazione a distanza, quando si verificano alcune particolari condizioni quali: la separazione fisica tra l’insegnante e lo studente, la non contemporaneità tra l’erogazione dei contenuti formativi e l’apprendimento degli stessi, la presenza di un medium tecnologico che agisca da collegamento tra insegnante e discente e tra i singoli studenti, la presenza di un’organizzazione didattica strutturata, la presenza di una qualche forma di feedback tra insegnante e studente.
    La storia dell’istruzione a distanza attraversa un itinerario che viene generalmente schematizzato in tre "generazioni".
    La Prima generazione di educazione a distanza, basata su testi manoscritti e stampati, prende piede e si espande nell’Ottocento, quando le nuove tecniche di stampa e lo sviluppo del trasporto ferroviario resero possibile la produzione e la distribuzione estensiva a costi sostenibili di materiale didattico a favore di gruppi di studenti distribuiti su vaste aree geografiche.
    I media sono costituiti da materiale stampato e dal sevizio postale. Da qui l’appellativo di "corsi per corrispondenza". L’interazione tra docente e studenti risulta estremamente lenta ed il rapporto educativo circoscritto allo scambio di elaborati. Il rapporto tra insegnante e corsisti è esclusivamente "one way", la trasmissione dei contenuti di tipo verticale e per niente interattiva, sia se si considera il feedback studente-insegnante, che in relazione al rapporto tra corsisti, completamente assente nei corsi per corrispondenza.
    Una Seconda generazione di educazione a distanza inizia a muovere i primi passi verso la fine degli anni ’60. E’ basata su un maggior numero di media che vanno dalle trasmissioni televisive e radiofoniche, all’uso di audio e video cassette. A partire dagli anni ’80 fanno la loro comparsa anche i computer con CD-ROM, effetti sonori e grafica sempre più avanzata. E’ la cosiddetta "didattica multimediale" che amplia il livello interattivo del percorso di formazione.
    L’infrastruttura della comunicazione rimane di tipo massmediale, basata sul rapporto uno a molti, specie per quanto riguarda i corsi radiotelevisivi. Anche nella seconda generazione di educazione a distanza vengono mantenute le basi pedagogiche ed istituzionali della didattica per corrispondenza. In particolare il percorso di insegnamento/apprendimento viene visto come un processo di trasmissione della conoscenza dal docente allo studente nel quale il primo ha il ruolo di concepire e strutturare il materiale didattico relativo ad una determinata materia e il secondo quello di acquisire le informazioni necessarie per conoscere l’argomento presentato. La comunicazione è dunque unidirezionale e la conoscenza è vista come una sostanza da travasare. La partecipazione alla formazione del processo e del prodotto didattico da parte dei corsisti risulta poco significativa, proprio per la mancanza di feedback immediato, di confronto e di reali strumenti ed occasioni di collaborazione. L’apprendimento non è visto veramente come un processo sociale, viene anzi trasformato in un processo individuale, poiché non implica interazioni dinamiche tra studenti e docenti.
    Ciò che accomuna i sistemi di prima e seconda generazione è il concepire l'apprendimento quasi esclusivamente come processo individuale: i corsisti studiano i materiali e, al più, possono chiedere assistenza ai loro formatori.
    Il riproporre anche a distanza, seppure con l'inevitabile mediazione della tecnologia, l'apprendimento come processo sociale è, invece, l'idea chiave dei sistemi FaD di Terza generazione, o formazione in rete, proprio a significare come la maggior parte del processo formativo avvenga in rete, attraverso l'interazione dei partecipanti in una vera e propria comunità di apprendimento che ha come obiettivo il superamento dell'isolamento del singolo e la valorizzazione dei suoi rapporti con il gruppo. La terza generazione di educazione a distanza, basata sulle telecomunicazioni elettroniche, rappresenta una svolta dal punto di vista pedagogico e sociale, prima ancora che a livello tecnologico.
    Dalla formazione a Distanza alla Formazione in Rete
    Il settore della formazione a distanza (d’ora in poi FaD) certamente è stato tra i primi a riconoscere il potenziale comunicativo e informativo della telematica, intravedendo fin dall’inizio quali potevano essere i vantaggi e i benefici che si potevano trarre dalla sua implementazione nella didattica. Non è un caso che proprio in questo settore si siano avute le prime applicazioni: infatti, oltre ad affermarsi fin dall’inizio come forma alternativa di formazione rispetto a quella tradizionale, essa è stata caratterizzata nella sua storia dal progressivo sviluppo delle tecnologie della comunicazione (mezzi di trasporto, radio, televisione e telecomunicazioni) che hanno poi costantemente condizionato anche l’altrettanto progressiva evoluzione dei sistemi per la formazione a distanza (Nipper, 1989).
    Secondo Kaye (1989) è molto difficile fare una panoramica sull’educazione a distanza nel mondo per due ragioni principali:
    La prima riguarda la diversità dei sistemi (pubblici e privati) e degli insegnamenti, in cui questo tipo di formazione è utilizzata, che vanno da quelli di livello secondario a quelli post-universitari, senza tralasciare la formazione tecnica professionale. Ne risulta che, all’interno dello stesso Paese, la responsabilità dei servizi di formazione a distanza può essere ampiamente condivisa da molteplici organizzazioni, ministeri dipartimenti;
    La seconda ragione concerne il carattere molto frammentario delle pubblicazioni disponibili sull’istruzione a distanza in alcuni Paesi: il numero delle pubblicazioni sembra inversamente proporzionale a quello degli studenti coinvolti.

    L'interazione a distanza fra i partecipanti si realizza attraverso i cosiddetti sistemi di "computer conferencing" e cioè ambienti di comunicazione, strutturati per aree tematiche (gli argomenti del corso), basate sulla messaggistica elettronica. La costituzione della cosiddetta "classe virtuale", un ambiente in cui poter interagire con il tutor, con esperti, con il gruppo dei pari e partecipare attivamente al processo formativo, rappresenta il frutto di una nuova consapevolezza educativa e delle possibilità di comunicazione messe a disposizione dalle nuove tecnologie telematiche, in particolare da quelle legate ad Internet.
    Le reti consentono di aggiungere ad una tipologia comunicativa del tipo uno a molti (in cui gli scambi vanno da un punto di emissione centrale, cioè dal docente, a un insieme di allievi/riceventi, con eventuale comunicazione in senso inverso), che ha caratterizzato i modelli di prima e seconda generazione, una tipologia comunicativa del tipo molti a molti, in cui il discente ha la possibilità di interagire con il docente ed in più può stabilire interazioni e rapporti cooperativi con gli altri partecipanti. In un sistema del genere, oltre a velocizzare il meccanismo di risposta da parte del discente verso il docente e quindi a migliorare l’interattività complessiva, si aggiungono le possibili interazioni tra i discenti stessi che offrono, in varia misura, spazi e opportunità per forme di apprendimento cooperativo tra pari.
    Diversamente dagli interventi tradizionali a distanza, all’interno dei quali l’aspetto comunicativo è sempre stato considerato meno importante rispetto alla fruizione individuale dei materiali, nella formazione in rete è proprio la collaborazione tra i partecipanti il meccanismo che stimola e facilita l’apprendimento. Di conseguenza, cambia anche il ruolo del docente, che si trasforma da polo trasmettitore di conoscenze in tutor, animatore di discussioni in rete, orientatore e facilitatore di processi di orientamento, scambio, apprendimento.
    Il processo formativo assume così il carattere di un’attività di negoziazione e di cooperazione, in cui i partecipanti si supportano reciprocamente all’interno della comunità, all’interno delle quali possono trovar posto ruoli e apporti aggiuntivi quali animatori ed esperti. Non a caso i sistemi di terza generazione hanno infatti dimostrato una particolare efficacia nella formazione dell'adulto, dove la condivisione del vissuto personale, in relazione all'argomento di studio, gioca un ruolo molto forte nella crescita del gruppo. Proprio questo aspetto rappresenta infatti una delle lacune dei sistemi di formazione a distanza di seconda generazione, in cui predomina un tipo di apprendimento caratterizzato da una successione di operazioni condotte prevalentemente in isolamento. E’ proprio l’aspetto negoziatorio dell’interazione, assieme a fattori quali la disponibilità di personale di supporto per il sostegno del sistema comunicativo, l’espandibiltà dei soggetti partecipanti, la modificabilità ed integrabilità del materiale in corso d’opera e soprattutto possibilità di avvalersi dell’esperienza stessa dei partecipanti, a rappresentare il valore aggiunto fornito dalla formazione in rete.
    Nel nuovo paradigma educativo, così come si va configurando nella formazione in rete, la figura del discente diventa lo snodo di una complessa rete di interazioni che si sviluppano sia con figure e ruoli (docenti, esperti, colleghi, comunità virtuali di apprendimento), sia con istituzioni e organizzazioni in grado di produrre ed erogare risorse e formazione più strutturata.
    Le interazioni bidirezionali, sono facilitate dai nuovi media e servizi resi disponibili dalle tecnologie di rete, anche se molto spesso gli incontri faccia a faccia sono da considerarsi insostituibili per ragioni di carattere pratico, psicologico ed emotivo. E’ altresì ovvio che diversi fattori concorrono al processo di decisione rispetto ai media da utilizzare, come il tipo di contenuti, il numero di studenti e la loro collocazione geografica, la disponibilità di tempo e di risorse economiche.
    Dunque non si tratta di dimenticare gli strumenti tradizionali, non è neppure sufficiente un’integrazione delle nuove tecnologie. Conciliare innovazione e tradizione richiede la capacità di individuare e privilegiare le necessità e i bisogni formativi degli individui.
    L’elemento più evidente nella formazione in rete è la flessibilità nella conduzione del corso. Grazie alla frequente interazione tra i corsisti e tra i partecipanti e i tutor, questi ultimi hanno l’opportunità di monitorare quasi in tempo reale lo stato di avanzamento del corso e l’acquisizione delle conoscenze da parte dei singoli corsisti. Questo consente di effettuare una valutazione in itinere del corso e dei partecipanti, permettendo al tutor di modificare tempi e contenuti, ovvero di rimodellare l’intervento formativo sulle esigenze didattiche dei formandi, esigenze rilevabili grazie alle discussioni ed alle stesse modalità comunicative di rete.
    La possibilità di affrontare un problema o una situazione didattica tenendo in considerazione i punti di vista degli altri è sicuramente uno dei tratti distintivi della formazione in rete. I corsi a distanza tradizionali hanno spesso trascurato questa dimensione, sfruttando solo marginalmente il patrimonio di esperienze, abilità e conoscenze che ogni partecipante porta con se e che in un sistema di apprendimento in rete può essere condiviso con quello degli altri. Combinando poi le diverse conoscenze ed esperienze personali con le risorse informative presenti sulle reti, la differenza tra formazione a distanza convenzionale e formazione in rete diventa ancora più evidente.
    Un ulteriore aspetto che differenzia la terza generazione di formazione dalle altre è costituito dal controllo e dalla gestione del materiale didattico, che diventa importante quasi quanto il materiale stesso. Le piattaforme di gestione dell’apprendimento di terza generazione, permettono infatti di ottenere notevoli vantaggi sia per gli studenti che per gli amministratori di sistema. I primi hanno la possibilità di sfruttare profili di apprendimento personali, di iscriversi a corsi on-line e in aula, di seguire corsi interattivi live o al proprio ritmo di apprendimento, i secondi possono gestire le offerte dei corsi, i cataloghi e i curricula, effettuare operazioni di tracking e di testing sulle attività degli studenti.
    Confrontando formazione in presenza con formazione a distanza di tipo tradizionale e formazione in rete, si nota come nella prima venga a mancare l’indipendenza spazio-temporale. In termini pratici ciò significa che l’erogazione della docenza e la sua fruizione devono avvenire nello stesso luogo e nello stesso istante. Questo tipo di approccio alla formazione caratterizza la maggioranza delle istituzioni formative.
    L’educazione in presenza offre tuttavia, rispetto all’educazione a distanza, un vantaggio non trascurabile che consiste nella possibilità per tutti gli attori del corso, studenti quindi e docente, di comunicare in maniera immediata gli uni con gli altri. Si può quindi affermare che se da un lato la dipendenza spazio-temporale limita la libertà dei partecipanti al corso, dall’altro garantisce, da un punto di vista tecnico, l’esistenza di una comunicazione diretta nella quale lo scambio di informazioni può risultare molto efficace.
    L’educazione a distanza rappresenta una tappa di passaggio necessaria per giungere alla formazione in rete. Nella formazione in rete ritroviamo infatti tutte le caratteristiche della formazione in presenza ed in aggiunta quel livello di interattività (tra docente e discente) che avevamo momentaneamente perso nell’educazione a distanza di tipo tradizionale.
    La comunicazione nella formazione in rete risulta necessariamente mediata, come nell’educazione a distanza di tipo tradizionale, questa volta però il media risulta tanto potente da simulare una presenza virtuale dei partecipanti in un luogo anch’esso virtuale; il livello di interattività rimane quindi elevato e le principali forme di comunicazione (orale e scritta) vengono garantite.
    Spunti di approfondimento:
    Garrison G. R., 'Three generation of technological innovation', "Distance Education" n° 6, 1985, pp. 235-241
    Nipper S., 'Third generation distance learning and computer conferencing', in R. D. Mason e A. R. Kaye (a cura di), 'Mindweave: Communication, computers and distance education', Oxford, UK, Pergamon Press, 1989
    Trentin G., 'Didattica in' rete, Garamond, Roma, 1996

    guardare il PRIN qui--> http://www.ricercaitaliana.it/prin/dettagl...-2004115830.htm
    E-learning: come migliorare la cooperazione nello spazio virtuale all' interno di organizzazioni complesse

    Abstract
    Nonostante le forme di e-learning partecipativo siano largamente diffuse e formino un ampio corpus di esperienze concrete si riscontra una notevole carenza di dati empirici sul modo in cui le comunità virtuali professionali vengono progettate, gestite e tutorate. Sappiamo molto poco sulle buone pratiche di gestione delle esperienze di e-learning e sui cambiamenti organizzativi che l' uso di e-learning sollecita. Il progetto si propone di studiare tre tematiche collegate relative all' e-learning all' interno di esperienze concrete condotte in organizzazioni complesse: la dimensione formativa, la dimensione organizzativa e la dimensione tecnologica. Ciascuna di queste tematiche sarà approfondita in modo specifico da una delle unità locali di ricerca, che convergeranno sia nel riferimento ad un unico modello di analisi - quello delle "comunità di pratiche" fornito dalla psicologia culturale - che nella adozione di metodologie qualitative di indagine di ispirazione etnografica. La ricerca si propone inoltre di approfondire la conoscenza dei processi di base che sostengono o impediscono lo sviluppo della cooperazione negli ambienti di cooperazione mediata da computer. Simulazioni in ambienti cooperativi virtuali (immersivi e non) verranno svolte da uno dei gruppi di ricerca al fine di comprendere come si possa migliorare la co-referenza (un fattore importante per la cooperazione e la comprensione reciproca secondo il modello teorico che sta alla base del progetto) tra i partecipanti ad un ambiente elettronico. <<<
    Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca
    Giuseppe MANTOVANI Università degli Studi di PADOVA
    Obiettivo del Programma di Ricerca
    1. Obiettivo generale: comprendere il funzionamento sociale e interattivo delle esperienze di e-learning che sono indirizzate a finalità di apprendimento di alto livello cognitivo in organizzazioni complesse. Lo studio - in accordo con le teorie di riferimento "situate" che sono adottate dai partecipanti al progetto - si propone di identificare i fattori di successo delle esperienze di e-learning in contesti sociali, tecnologici e operativi specifici.
    2. Un obiettivo concreto: formulare delle guidelines "situate" in specifici contesti culturali, tecnologici ed organizzativi che possano guidare la progettazione e l' implementazione di esperienze di e-learning in organizzazioni complesse fornendo concreti suggerimenti circa la gestione di tempi, spazi, risorse organizzative, piattaforme tecnologiche (sono in corso di perfezionamento intese con funzioni della pubblica amministrazione responsabili della progettazione e gestione di esperienze di e-learning).
    3. Un obiettivo teorico: identificare i fattori che aumentano la collaborazione negli ambienti di comunicazione mediata dal computer. I modelli dell' azione situata e delle comunità di pratiche - condiviso da tutte le unità di ricerca - suggerisce che per migliorare la cooperazione negli ambienti elettronici sia necessario aumentare la co-referenza. Verranno creati ambienti virtuali collaborativi (sia immersivi che non) su cui verranno condotte simulazioni interattive multi-participante per identificare modalità efficaci di produzione della co-referenza negli ambienti elettronici.
    4. Un obiettivo metodologico: mettere a punto una metodologia di indagine dei processi di negoziazione del significato in contesti organizzativi; questa metodologia deve permettere di collegare le micro-interazioni conversazionali che intercorrono tra le persone nella vita di ogni giorno con le macro-interazioni che coinvolgono gruppi, organizzazioni ed anche istituzioni (e le loro organizational memories dinamiche e narrative) nella loro continua attività di sense-making delle situazioni che si presentano nella vita quotidiana.
    5. Le esperienze di e-learning che ci interessano sono quelle che mirano a realizzare apprendimenti di abilità complesse, in cui la conoscenza individuale si forma a contatto con il sapere ed il saper-fare di "comunità di pratiche" precise sotto il profilo organizzativo e culturale. Queste esperienze di apprendimento di alto livello incontrano difficoltà a svilupparsi negli ambienti elettronici per due motivi: in primo luogo perché non dipendono dal modello dell' informazione come "information transfer" (ma a quello della "costruzione di significato") e per questo motivo ricevono scarsa attenzione dalla ricerca più tradizionale e in secondo luogo perché è difficile riprodurre negli ambienti virtuali i processi e i segnali che consentono alle persone una facile co-referenza nelle situazioni di vita quotidiana. <<<
    Risultati parziali attesi
    I risultati delle singole fasi e del lavori delle singole UL non sono isolabili dal progetto generale e dai suoi risultati globali. <<<
    Durata
    24 mesi
    Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
    La ricerca sulle applicazioni delle nuove tecnologie informatiche in organizzazioni sociali complesse evidenzia la necessità di sviluppare modelli dell' azione e della conoscenza delle persone che siano in grado di spiegare i processi che si verificano negli ambienti di comunicazione mediata dal computer. Nello studio delle applicazione di e-learning che hanno luogo in organizzazioni sociali complesse sono necessarie due cose. Anzitutto sviluppare modelli di apprendimento e di cooperazione che rendano conto dei processi di cooperazione nella vita quotidiana delle persone, dei gruppi e delle organizzazioni. In secondo luogo analizzare in modo attento e con metodologie "situate" i processi attraverso cui l' apprendimento a distanza avviene in contesti specifici dal punto di vista sociale, culturale, organizzativo e tecnologico.
    Per quanto riguarda il primo aspetto del problema, lo sviluppo di modelli pertinenti di apprendimento e di cooperazione, il progetto si riferisce alla teoria sociale e culturale dell' apprendimento che è stata sintetizzata nella notissima espressione "comunità di pratiche" (Wenger, 1998) e nelle altrettanto note concezioni dell' apprendimento come apprendistato in un contesto sociale in cui vengono acquisite conoscenze pratiche efficaci (Rogoff, 1995), della "cognition in practice" (Lave, 1988), della "teoria dell' azione situata" (Suchman, 1987; Clancey, 1997; Clark, 1997). Le radici di questo approccio risalgono alla psicologia culturale che considera la conoscenza come una produzione sociale e culturale, e che riserva una speciale attenzione alla funzione degli artefatti nello strutturare sia l' ambiente in cui le persone vivono sia più specificamente gli ambienti di apprendimento (Cole, 1996; Hutchins, 1995; Engestrom e Middleton, 1996; Heath e Hindmarsh, 2000; Mantovani, 1996 a, b; 2000 a, b). Su questo aspetto il progetto intende intervenire, sulla base del riferimento (condiviso dai tre gruppi che partecipano alla ricerca) al modello delle "comunità di pratiche", alla "teoria dell' azione situata" e alla psicologia culturale, per comprendere (anche con esperimenti di simulazione in ambienti virtuali immersivi e non) sul piano teorico quali siano i fattori che maggiormente influenzano il successo delle esperienze di e-learning (ci riferiamo al ruolo della co-reference nel consentire una comunicazione "situata" tra i partecipanti ad ambienti virtuali) e per identificare sul piano pratico delle "guidelines" efficaci a migliorare gli effetti dell' e-learning all' interno di organizzazioni complesse.
    Per quanto riguarda il secondo aspetto del problema, che consiste nell' analisi dell' effettivo svolgimento di esperienze di e-learning, il progetto applicherà in modo innovativo alcune metodologie di ispirazione etnografica che permetteranno di ricostruire i flussi di comunicazione e le forme di cooperazione che emergono all' interno di contesti di vita reale quotidiana. Saranno in particolare usate l' analisi conversazionale, l' analisi delle narrative e l' analisi del discorso (che si applica sia al parlato che a documentazione scritta) in modi che permettano di cogliere i processi organizzativi e di gruppo accanto ai più consueti processi individuali. Queste metodologie sono particolarmente idonee per l’ analisi delle attività che quotidianamente si svolgono negli ambienti di lavoro (Zucchermaglio, 2002, 2003) nel corso delle quali le competenze sono costruite e distribuite nei contesti sociali di azione condivisa e collaborativa in cui anche l'uso degli strumenti tecnologici è mediato dai processi di interpretazione congiunta e di interazione sociale.
    Elenchiamo qui di seguito alcuni dei punti di riferimento teorici e applicativi della ricerca:
    1. Cooperazione: Suchman nelle ricerche sui "centri di coordinazione" (1997) ha messo in luce la centralità di tali attività di collaborazione e di interazione coordinate e distribuite, tra le quali particolare rilievo assume la scoperta dell'inseparabilità delle tecnologie dalle attività per le quali e nelle quali sono usate: gli artefatti tecnologici operano come membri attivi dei sistemi di cognizione distribuita, svolgendo una funzione sia semiotica che strumentale nella mediazione delle pratiche lavorative condivise. Diventa pertanto particolarmente rilevante indagare la costruzione di repertorio di significati e pratiche condivise, anche tacite, essenziali per comprendere gli usi degli artefatti tecnologici all'interno di comunità specifiche (Heath e Luff, 2000; Zucchermaglio, 2002).
    2. Mediazione: Cole (1995) ed Engestrom (1999) mostrano che non esistono pratiche lavorative che abbiano un significato al di fuori di un sistema di significati condivisi da una certa comunità di individui. Un sistema di posta elettronica, un software di gestione testi, un data base non saranno mai utilizzati in modi uguali in diverse comunità di pratiche lavorative, ma assumeranno specifici significati e sosterranno pratiche lavorative peculiari proprio grazie alla mediazione di un sistema di pratiche pre-esistente ad essi (Zucchermaglio, 2003).
    3. Comunità di pratiche: Wenger (1998), Lave e Wenger (1991), Brown e Duguid, (1991), Orr (1990). L' azione umana è sempre costruita attraverso la risposta di altri, in contesti sociali. E' infatti solo l' interazione sociale che rende possibile l' esistenza di un "universo di discorso" come sistema di significati condivisi (G. Mead). L' azione umana, specie quando è mediata dagli artefatti tecnologici, é quindi sempre un' azione sociale, i cui significati vengono costruiti nel discorso, nella conversazioone e nelle narrazioni che hanno luogo nel corso delle pratiche sociali che condividiamo con altri individui (M. Bachtin).
    4. Modelli di e-learning: Sfard (1998) descrive due metafore che sono state utilizzate per descrivere i processi di apprendimento: la metafora della "trasmissione"; di informazione e quella della "partecipazione" ad una comunità. Nel primo caso apprendere significa trasferire una parte di conoscenza da una fonte oppure da una persona esperta ad un' altra. Nel caso dell'apprendimento come partecipazione, invece, il processo centrale è quello di entrare a far parte attivamente di una certa comunità e di una data cultura. Simons, van der Linden e Duffy (2000) puntualizzano come il passaggio da una metafora ad un' altra implica anche una serie di altri cambiamenti:
    a) cambiano gli obiettivi dell' apprendimento che da fattuali, a volte isolati dal loro contesto per cui diventa difficile coglierne a pieno i significati, a breve termine, riproduttivi e non chiaramente collegati alle abilità necessarie per metterli in atto, diventano centrati sul significato e sui reali contesti dell' uso, a lungo termine e orientati verso la riproduzione;
    b) cambiano le abilità considerate rilevanti rispetto alle strategie di apprendimento. Le abilità procedurali passano in secondo piano mentre diventano centrali abilità di pensiero alte (metacognitive e regolative) e abilità di lavoro collaborativo e creativo;
    c) i modelli pedagogici sono sempre più improntati sulla soluzione di problemi e sulla personalizzazione dei casi di studio mentre il modello della lezione frontale è sempre meno utilizzato;
    d) le modalità di valutazione cambiano radicalmente: dal testing quantitativo centrato sul confronto tra le conoscenze iniziali e quelle finali, alla valutazione dei portfolio e all' analisi delle competenze e dei processi più che delle conoscenze.
    5. I modelli di apprendimento alla base dell' e-learning, anche se non sono sempre esplicitati, dipendono dai due diversi modi di vedere l' apprendimento, come trasferimento o come partecipazione. Il presente progetto adotta il modello di e-learning partecipativo. Questo fatto ha due tipi di implicazioni:
    a) poiché l' apprendimento avviene partecipando in modo strutturato e sistematico alle attività di una comunità di pratiche (inizialmente in modo periferico e poi via via in modo sempre più pieno, condividendone le regole, i linguaggi, i modi di fare le cose) dovremo studiare le esperienze concrete di e-learning che si svolgono all' interno di contesti di vita reale in organizzazioni complesse. Solo in questi ambiti potremo individuare le configurazioni più efficaci di uso delle tecnologie in rapporto alle differenti caratteristiche e ai differenti bisogni dei gruppi e delle organizzazioni. Gli ambienti di lavoro sono sempre specifici e sono quindi da indagare con un approccio il più possibile "situato"; di qui l' interesse del nostro progetto per la definizione di guidelines per l' e-learning in organizzazioni complesse.
    b) sappiamo dalla letteratura (Olson e Olson, 2000; McGrath e Hollingshead, 1994) che l' apprendimento partecipativo può incontrare notevoli difficoltà negli ambienti elettronici a causa della difficoltà dei partecipanti di costruire un "common ground". Il successo della cooperazione nell' e-learning dipende dal fatto che i partecipanti condividano una certa consapevolezza delle situazioni (situation awareness) che devono affrontare (Mantovani e Riva, 1999). I sistemi e-learning di solito danno poco sostegno ai partecipanti nella produzione di significati condivisi perché la creazione di un "terreno comune" ai partecipanti di un ambiente interattivo dipende dalla co-referenza, che negli ambienti di comunicazione mediata dal computer è spesso ostacolata dal fatto che in essi il contesto sociale è presente in forme inadeguate (Covi & al. 1998; Moon, 1999). Una parte del lavoro del progetto sarà dedicata all' approfondimento in ambienti virtuali collaborativi (sia immersivi che non immersivi) della conoscenza delle condizioni che possono migliorare la co-referenza - e di conseguenza la collaborazione - negli ambienti elettronici (Benford e al., 2001; Cottone e Mantovani, 2001; Gamberini e al., 2003; Mantovani e Spagnolli, 2001; Mantovani e al., 2000; Slater e Steed, 2000; Spagnolli e al., 2003)
    6. Sul miglioramento della cooperazione nelle esperienze di e-learning i contributi di derivazione psicologica si incontrano con i contributi di derivazione tecnologica . Dal punto di vista operativo il riferimento è alle questioni dell' accessibilità e della valutazione.
    a) per quanto riguarda l' accessibilità il riferimento principale è all’ IMS Global Learning Consortium, che nel luglio 2002 ha definito le “Guidelines for developing accessibile learning applications 1.0”. La verifica dell'accessibilità di un sito è un'operazione molto complessa, che va al di là di una pura e semplice validazione del codice, finalizzata unicamente a rendere flessibile la struttura della pagina e non ad entrare nel merito dei contenuti che devono essere resi accessibili anche dal punto di vista cognitivo e concettuale. La verifica dell' accessibilità tiene anche conto dell'interazione tra l'utilizzatore umano e le interfacce software e che mette in relazione il concetto di accessibilità con quello di usabilità.
    b) per quanto riguarda la valutazione, il bilancio di un lavoro di gruppo comporta l' analisi di tre dimensioni: team performance ( l’insieme delle abilità, strategie e azioni adottate da un team per realizzare un’attività collettiva), teamwork (competenze sociali, negoziazione delle pratiche, assunzione di ruoli, condivisione di responsabilità) e team product (il sapere costruito socialmente). Le prime due si situano in una prospettiva di valutazione di processo, l’ultima in una prospettiva di valutazione di prodotto. Occorrono quindi metodologie miste che rendano conto sia dei processi che dei prodotti. A seconda delle dimensioni verranno usate metodologie specifiche che utilizzeranno set di strumenti di indagine ad hoc.

    Bibliografia
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    Zucchermaglio, C., Gruppi e interazione sociale, in G.Mantovani (a cura di), Psicologia sociale, Firenze, Giunti, 2003.
    Parole Chiave
    E-LEARNING; COOPERAZIONE; ORGANIZZAZIONI; COMUNITÀ DI PRATICHE

    Modelli psicologici, pedagogici e sociali per l'apprendimento e la valutazione in comunità di pratica virtuali http://www.ricercaitaliana.it/prin/dettagl...28.htm#abstract

    Università degli Studi di Padova
    Abstract
    La ricerca si pone l'obiettivo d'indagare, in prospettiva psicologica, pedagogica e sociale comunità virtuali di pratica formate da studenti universitari, insegnanti, operatori educativi e sanitari ed elaborare modelli formativi che sfruttino e valorizzino le funzionalità delle reti telematiche e degli ambienti virtuali immersivi.
    Le Comunità che costruiscono conoscenza (KCB), prospettate da Carl Bereiter e Marlene Scardamalia, e le comunità di pratica, delineate e studiate da Jean Leave ed Etienne Wenger, rappresentano i modelli primari di riferimento teorico-pratico.
    Verranno studiati i processi cognitivi (comprensione, cambiamento concettuale –conceptually change- e problem solving) metacognitivi e d'interazione sociale (sostegno, tutoraggio, monitoraggio e valutazione reciproca tra pari) attivati durante pratiche dialogiche in ambienti d'interazione virtuali, on-line, blended, immersivi e mobili.
    Altro focus d'interesse sarà rappresentato dalle interazioni sociali intessute in rete, da cui emergono "identità digitali" e "identità di competenza", o profili professionali, personali e di comunità, pre e in service; verranno anche studiate le caratteristiche ergonomiche e comunicative di strumenti per la fruizione di tecnologie immersive e virtuali.
    Si prevede inoltre di studiare e sviluppare modelli interpretativi e algoritmi per l'analisi dell'interazione on-line utilizzando la Social network Analisys e la costruzione di profili utente. In base ai risultati dell'analisi precedente si costruiranno sistemi automatici o autopoietici che:
    - adattino l'ambiente in modo automatico all'utente o
    - permettano all'utente di modellare in itinere l'ambiente o
    - presentino delle opzioni per fornire uno scaffolding all'utente.
    Parte integrante del progetto è la realizzazione di ambienti personalizzabili i cui tool siano interoperabili.
    La valutazione dei processi cognitivi, metacognitivi, conativi ed affettivi in prospettiva costruttivista socio-culturale (new assessment) rappresenterà un ulteriore polo d'interesse: essi verranno rivisitati e, da una prospettiva tradizionale di tipo "eterogestito", si tracceranno linee guida per una nuova ed innovativa prospettiva co- auto-gestita. <<<
    Coordinatore Scientifico del Programma di Ricerca
    Bianca Maria VARISCO Università degli Studi di PADOVA
    Obiettivo del Programma di Ricerca
    Nei sistemi attuali di formazione, universitari e non, si confrontano due principali modelli di apprendimento (De Kock, Sleegers and Voeten, 2004; Cacciamani e Giannandrea, 2004; Varisco 2000) che possiamo definire basati sulla "trasmissione di conoscenza" e sulla "costruzione di conoscenza".
    I primi sono ispirati alla metafora della mente che apprende come "contenitore" riempito di conoscenza attraverso un processo trasmissivo eterogestito dal docente. Questi modelli, pur economici sul piano organizzativo e di gestione, sembrano non essere in grado di sviluppare effettiva competenza, rischiando di produrre invece conoscenza "inerte", scarsamente utilizzabile in contesti reali.
    I modelli del secondo tipo, che si basano su un apprendimento collaborativo interno a "comunità di pratica", pur essendo più promettenti in ordine ai problemi indicati, fanno fatica a farsi spazio nella formazione proprio per ragioni di natura organizzativo-gestionale (vincoli spazio-temporali, elevato numero di soggetti in formazione, rigidità delle tradizionali infrastrutture formative, etc.).
    L'introduzione di ambienti di collaborazione on-line nella formazione sembra offrire, in proposito, un'interessante opportunità per una maggiore diffusione e applicazione di tali modelli.
    Obiettivo generale del progetto di ricerca è proprio quello di mettere a punto modelli formativi efficaci per le comunità che utilizzano ambienti on-line. Saranno oggetto di studio comunità di diversa natura: di studenti universitari, di insegnanti e operatori educativo-formativi in servizio, di personale socio-sanitario. In riferimento ad esse, si approfondiranno aspetti cognitivi e metacognitivi, intersoggettivi, identitari e culturali. Inoltre si studieranno, svilupperanno e sperimenteranno sul campo ambienti e strumenti informatici e telematici a supporto e promozione di comunità di pratiche virtuali, per le quali saranno messe anche a punto modalità di co- auto-valutazione e miglioramento delle competenze.
    Il gruppo di ricerca, nel suo complesso, farà riferimento all'Associazione Collaborative Knowledge Building Group come unità operativa già esistente, alla quale afferiscono i membri del progetto, contando su una collaborazione da tempo consolidata e comprovata dalla promozione di numerosi seminari e pubblicazioni. Tra queste ultime va annoverato il numero monografico di Rassegna di Psicologia curato da M. B. Ligorio (n. 1, 2005). <<<
    Durata
    24 mesi
    Base di partenza scientifica nazionale o internazionale
    Ampia è la letteratura e la ricerca sulle Comunità di Pratica (Lave, Wenger, 1991; Wenger, 1998; Wenger, McDermott, Snyder, 2002) e sulle Comunità che costruiscono conoscenza (Bereiter, 2002; Scardamalia, 2003; Cacciamani, Giannandrea, 2004).
    Secondo C. Bereiter (2002) tutta la conoscenza è potenzialmente migliorabile, e ognuno dovrebbe sforzarsi per migliorarla attraverso quello che lui chiama "discorso progressista". Egli parla di centralità del discorso e afferma che il miglioramento della conoscenza e il progresso del discorso che "sta costruendo conoscenza" sono una cosa unica. Bereiter parla di "comunità che costruiscono conoscenza" (KBC) e le distingue da altre "comunità di discorso", in quanto, in esse, il discorso è "progressista", portatore di innovazione ovvero di consapevole e continuo miglioramento dei costrutti stessi attraverso la pratica della comunità. Il miglioramento della conoscenza è un'impresa sociale. La costruzione della conoscenza è una proprietà che caratterizza le istituzioni educative.
    Una comunità di pratica, secondo l'accezione di Lave e Wenger, viene intesa come "gruppo di persone che condividono l'amore per qualcosa che praticano, e che interagiscono per apprendere insieme a praticarla in modo migliore". Una comunità di pratica, la cui identità viene definita dallo stesso dominio d'interesse dei suoi affiliati, rilascia identità ai suoi stessi membri, volontariamente ad essa appartenenti: l'identità in pratica è "un modo di essere nel mondo". I partecipanti di una comunità, perseguendo il proprio comune interesse nel loro dominio di pratica, si coinvolgono in attività e discussioni, aiutandosi reciprocamente e condividendo informazioni. Costruiscono così relazioni che permettono loro di apprendere l'uno dall'altro. L'apprendimento è considerato esso stesso come "identità", traiettoria che "incorpora il passato e il futuro in un vero processo di negoziazione del presente".
    Se quelle espresse sono le caratteristiche evidenziate dalla letteratura in relazione alla qualità degli apprendimenti e al valore formativo delle comunità di pratica, altre ricerche sottolineano i vantaggi dell'uso degli ambienti on-line in prospettiva costruttivista sociale (Hsu, 2004), evidenziando che le interazioni on-line:
    -possono promuovere la comprensione di materiali da apprendere attraverso l'integrazione di diversi punti di vista, informazioni e idee conflittuali su un comune argomento di studio (Clark e Slotta, 2000; Hoadley e Linn, 2000; Linn, Davis e Bell, 2004);
    -possono favorire, attraverso le attività di cooperazione, il cambiamento concettuale (Fishman & D'Amico, 1994) e lo sviluppo delle abilità metacognitive (Park, 1999; Cacciamani, 2003);
    -incoraggiano gli studenti ad utilizzare nuove strategie di problem solving grazie alla collaborazione, affrontando compiti autentici (Herrington, Oliver e Reeves, 2003);
    -promuovono le competenze sociali utili al lavoro in gruppo (Edelson, 2001, Krajcic, 2000).
    Anche nella formazione delle identità diventa fondamentale il ruolo assolto dagli strumenti di mediazione utilizzati durante l'interazione: dal linguaggio, inteso come strumento di mediazione simbolico per eccellenza (Vygotskij, 1990), alle risorse degli ambienti telematici. In modo particolare, gli ambienti di ultima generazione, quali le chat testuali, gli ambienti bi- e tridimensionali, i forum di discussione, le pagine web, fino ai più recenti web-log, offrono particolari opzioni che sembrano assecondare la natura dialogica e la negoziazione sociale e culturale delle identità (Annese, 2002; Ligorio e Hermans, in stampa).
    Partecipazione, identità narrativa e senso di appartenenza sono intessute in unica trama dagli individui in interazione attraverso gli artefatti. La trama è tessuta su una matrice comune rappresentata dall'intersoggettività, cioè dall'accordo che gli individui raggiungono rispetto al significato del contesto (Rommetveit, 1979; Wells, 1993) e dall' accettazione della individualità propria ed altrui (Matusov, 2001). L'intersoggettività è sia punto di partenza che punto di riferimento lungo tutto il percorso di crescita individuale e comunitaria; infatti è l'intersoggettività che garantisce il carattere coeso e flessibile dell'individualità, acquisita attraverso la partecipazione, l'acquisizione di nuove abilità e di nuovi tratti identitari (Mininni, 2003). Nei contesti formativi essa è ancora più rilevante se consideriamo che l'apprendimento consiste in una accettazione di significati, da attribuire al contesto, diversificati in relazione alle attività (Colomb, 1999; Lemke, 1990; Leach e Scott, 2002), quindi anche nella interiozzazione di un Me capace di osservare ed attribuire senso al mondo da diversi punti di vista.
    La costruzione di una matrice intersoggettiva è un'attività del tutto contestuale che, negli ambienti virtuali, è definita dalla negoziazione degli aspetti che sono meno visibili in rete: il sé fisico (Ligorio, Spadaro, in stampa). Acquistano invece rilievo, grazie all'interazione on-line, l'ancoraggio ad altre "voci" che prendono corpo, l'interiorizzazione di nuove "voci" (Ligorio, Talamo, Pontecorvo, in stampa); l'appartenenza intesa come partecipazione individualizzata piuttosto che come omologazione.
    Un ulteriore aspetto messo in luce dalle ricerche nazionale e internazionali sulle comunità di pratica supportate dalle Nuove Tecnologie (NT), riguarda l'importanza delle Tecnologie Immersive Virtuali (TIV), ambienti artificiali intelligenti nel quale il soggetto è immerso e può fruire di contenuti multimediali complessi.
    Lo studio congiunto delle NT applicate alla comunicazione -e in particolare delle TIV- e del funzionamento delle comunità di pratica, si rivela dunque di particolare importanza per quelle comunità che sono disperse sul territorio, gestiscono processi lavorativi sul lungo termine/in un arco di tempo ampio, richiedono la messa in atto di saperi aggiuntivi rispetto a quelli tradizionalmente posseduti dai loro componenti.
    Le ricerche più recenti (Riva, 2004; Riva,Galimberti et al., 2003; Riva e Gamberini, 2000) sottolineano la possibilità che i mezzi di comunicazione distribuiti possano rappresentare un significativo strumento di empowerment. Infatti, rispetto alle tecnologie di comunicazione tradizionali, tali media offrono una maggiore interattività e un miglior adattamento delle informazioni ai diversi bisogni.
    A questo proposito risulta centrale l'attuale incremento sia della mobilità dei supporti tecnologici, attraverso lo sviluppo delle comunicazioni mobili (dall'UMTS verso le cosiddette tecnologie di "quarta generazione"), sia della ricchezza e completezza delle comunicazioni, attraverso lo sviluppo di tecnologie multimediali, insieme ad un'aumentata attenzione agli aspetti della percezione umana e dell'interazione uomo-macchina (Mantovani, 1995).
    Le TIV integrano, quindi, tecnologie di comunicazione e tecnologie dedicate alla simulazione attraverso l'utilizzo della realtà virtuale.
    In tal senso è sentita l'esigenza di progettare le interfacce secondo criteri ispirati ad un'ergonomia di prevenzione, il più possibile rispettosa dell'individuo e delle sue logiche cognitive e di interazione. Infatti, per quanto l'attenzione all'usabilità stia aumentando, spesso i progettisti si muovono ancora secondo una logica di ergonomia correttiva, puntando cioè a modificare gli strumenti o forzando gli utenti ad adeguarsi a regole d'uso "imposte" per risolvere problemi di usabilità emersi nelle fasi finali di realizzazione (Riva, 2003; Gamberini e Spagnolli, 2002; Gamberini e Valentini, 2001). L'approccio proposto nel presente studio si fonda, invece, sull'ergonomia di prevenzione e concorre a definire un modello di analisi in cui "fattore umano" e aspetti specifici dell'interazione uomo-macchina-uomo siano considerati fin dalle prime fasi di progettazione degli ambienti e delle componenti hardware del sistema.
    Ritornando alle ricerche sulle tecnologie virtuali più propriamente finalizzate alla formazione, è da rilevare che particolare importanza assumono quegli ambienti per la formazione on-line che permettono di tracciare ed elaborare automaticamente un'enorme quantità di informazioni, agevolando notevolmente il compito di raccolta dei dati da parte del ricercatore (Calvani et al., 2005; Mazzoni; 2005). I dati del tracciamento e l'analisi dei materiali sono fondamentali per la valutazione delle attività in rete svolte dai singoli discenti e per la valutazione del progetto formativo stesso. Inoltre l'analisi dei materiali in rete è il punto di partenza per la costruzione di profili e per la personalizzazione dell'ambiente, per la sua adattabilità e per la realizzazione di strumenti utilizzabili nella costruzione di conoscenza, nella scrittura collaborativa e nella produzione caleidoscopica, ovvero una produzione che connette materiali provenienti da elaborati di differenti autori e inseriti in diversi strumenti. Occorrono perciò modelli interpretativi e algoritmi che consentano, da un lato, di andare oltre il singolo dato numerico, considerando anche e soprattutto la qualità complessiva dell'attività svolta in rete e le relazioni tra i dati e, dall'altro, di integrare l'analisi quantitativa delle attività in rete con l'analisi semantica delle scritture. Nello stesso tempo occorrono modelli delle tipologie delle interazioni in rete su cui fondare la progettazione e la realizzazione di ambienti interoperativi, personalizzabili e utilizzabili per attuare una didattica basata su un paradigma costruzionista socio culturale (Duffy, Jonassen, 1996; Gero, 2002; Hernandez et al., 2003). Un metodo di analisi particolarmente adeguato per superare i problemi predetti è la Social Network Analysis (Mazzoni e Bertolasi, 2005; Scott, 1997; Wasserman e Faust, 1994), che utilizza varie proprietà di un gruppo o comunità di discenti che collabora in rete per la costruzione di conoscenza: status sociometrico, analisi di clique, analisi di Bonacich, (Bonacich, 2002) analisi di Freeman (Freeman, Capper, 1999). A differenza dei metodi quantitativi tradizionali, che si basano su caratteristiche e attributi dei singoli attori (messaggi inviati, ricevuti, ecc.), la Social Network Analysis (SNA) si basa su dati relazionali, ovvero collegamenti, contatti o legami che caratterizzano un gruppo di persone o un insieme di organizzazioni più o meno complesse (famiglie, associazioni, società, nazioni, ecc.). Altri modelli di interpretazione dei dati tracciati derivano dalle analisi statistiche di riduzione dei dati come, ad esempio, l'analisi fattoriale delle corrispondenze multiple o la cluster analysis. Questi modelli permettono di aggregare le variabili quantitative individuali circa le attività svolte in rete per riuscire a costruire dei profili di utilizzo delle risorse di rete, oppure degli "stili" di navigazione all'interno delle varie risorse proposte per la formazione dei discenti. L'analisi semantica prende origine dall'analisi conversazionale (Pontecorvo et al. 2004, Zuczkowski, 1995) e potrebbe fruire dei contributi che emergono da ricerche sviluppate in settori differenti da quello della formazione e maggiormente connessi al Knowledge Management (KM).
    In definitiva l'uso di strumenti specifici per la negoziazione e la produzione, per la produzione della conoscenza e la metariflessione sulla produzione stessa, crea modalità multiprospettiche e riattraversamenti che favoriscono la consapevolezza del processo in atto (Rossi, Toppano, 2003). L'interoperabilità tra gli strumenti trova applicazione sia nelle attività collaborative, sia nella riflessione individuale (pur sempre condivisa) che si realizza ad esempio nell'e-portfolio alla cui realizzazione concorrono riflessioni sulle identità, percorsi narrativi (Wenger, Bruner), modellizzazioni didattiche (Abrutyn, Danielson, Barrett, Paulson), attività nella comunità di pratica con le tecnologie (Wenger et al. 2005).
    In riferimento all'apprendimento in comunità di pratica, rilievo sostanziale assumono i processi valutativi che, da attività collaterali e/o finali, diventano pratiche pervasive, da etero-dirette diventano co- auto-gestite e da discrete diventano continue. Inoltre, nell'attuale concezione della valutazione, apprendimento-istruzione e assessment non sono considerate attività o processi distinti, bensì in prospettiva "olistica". Ne consegue che gli obiettivi dell'educazione e i criteri di valutazione delle pratiche sviluppate sono negoziati e condivisi da tutti gli attori o membri della comunità. Il contenuto dell'assessment viene concettualizzato come "patterns di adattamento" o competenza (Masterpasqua 1989; Boscolo1997). Le ricerche internazionali sulla valutazione identificano dunque come questioni focali, aperte al dibattito, il bilanciamento tra: assessment dell'apprendimento e per l'apprendimento (valutazione formativa); assessment di prodotto e assessment di processo; assessment co-gestito (tra i vari attori della comunità) e assessment auto-gestito; assessment cognitivo e assessment delle dimensioni metacognitive, conative, affettive e sociali. Inoltre l'assessment dovrà essere sempre sensibile al contesto, come lo è ogni processo umano (Mantovani, 1998). L'unità d'analisi dell'assessment è rappresentato da "gente in azione", che usa strumenti di pratiche discorsive, nel caso delle comunità virtuali sostanziate da chat, e-mail, forum etc. L'apprendimento si sviluppa attraverso l'esperienza, attraverso continui confronti, assestamenti, ri-pensamenti e ri-elaborazioni fattuali (Wittek, 2004). Il new assessment (ovvero la valutazione a matrice costruttivista socio-culturale, come per esempio il Portfolio e l'e-portfolio -portfolio digitale), è un interno strumento di lavoro ed un artefatto per l'apprendimento e la valutazione, che rende trasparente la cognizione umana (conoscenze e abilità). L'osservazione riflessiva, che è riflessione sull'azione e in azione (Schön, 1983), riflessione durante l'apprendimento e riflessione sull'apprendimento, è il focus delle attività con il portfolio (Baltimote, 2004). Il Portfolio, in particolare, è considerato come strumento e metodo per una valutazione formativa, educativa o conseguente (Wiggins, 1998; Gielen et al., 2003), che non ha lo scopo intrinseco di certificazione. Con il porfolio prodotto e processo diventano un'olistica unità d'analisi, che usa un metodo misto (sia quantitativo che qualitativo) in modo che i risultati ottenuti (punteggi o giudizi) possano essere sia costantemente confrontati che interpretati attraverso la narrazione di storie, la negoziazione, la condivisione e la costruzione di significato.
    Se la ricerca sulla valutazione in prospettiva costruttivista socio-culturale è ormai avanzata, molto arretrata risulta quella inerente la valutazione di apprendimenti e competenze in contesti formativi on-line. Al momento gli strumenti di co- e auto-valutazione implementati in ambienti formativi in rete, sia on-line sia di tipo misto (blended), si limitano per lo più all'uso di questionari autovalutativi in entrata (allo scopo di conoscere le aspettative, i punti di vista e le eventuali difficoltà circa l'utilizzo delle NT), al tracciamento automatico delle attività svolte, i cui dati offerti non vengono quasi mai elaborati, e alla co-valutazione (soprattutto finale) di Project Work, sviluppata dai vari attori coinvolti nella "comunità" on-line: formandi, docenti-esperti, tutor, soggetti esterni (Varisco, Luciani, 2005). Ancora in pochi casi si propone, oltre al tutoraggio, la revisione e la valutazione tra pari, quest'ultima svolta tendenzialmente nel momento finale della valutazione, rivolta a certificare lo svolgimento delle pratiche sviluppate. Tali strumenti, legati ad un tipo di valutazione preminentemente sommativa, sono ancora prevalentemente etero-gestiti e scarsamente rivolti ad una co- auto-regolazione delle pratiche, come richiederebbe l'approccio costruttivista e la proposta di vere Comunità di pratica.
    Ops guardare la bibliografia


    Componenti psicologiche e basi neurali dell'azione sociale
    Università degli Studi di Padova
    se dovesse servire è qui:
    http://www.ricercaitaliana.it/prin/dettagl...-2005111741.htm

    Come può essere incrementata l’intelligenza umana attraverso artefatti, comunità e reti?

    di Kai Hakkarainen, Kirsti Lonka, Sami Paavola


    La tesi sostenuta da Hakkarainen, Lonka e Paavola in questo loro saggio, pubblicato per la prima volta nel 2004, è per molti versi innovativa. Secondo i tre autori finlandesi, la tradizionale visione che vede nell’intelligenza un carattere dell’individuo, localizzato nel suo cervello, si dimostra come scarsamente esplicativa, soprattutto considerando le modalità in cui oggi si produce e si gestisce la conoscenza. Molto più efficace, al contrario, sembra essere un’interpretazione dell’intelligenza come un elemento determinato dalle reti di interazione che collegano tra loro i soggetti e dagli artefatti da essi utilizzati per acquisire, manipolare e trasmettere informazioni. In questo senso, non è l’individuo ad “essere intelligente”, ma le reti di individui e artefatti, reti che permettono ai singoli di pensare meglio, di essere più creativi e di affrontare con più efficacia problemi di natura intellettuale. Questa visione dell’intelligenza ha, potenzialmente, grandi implicazioni in tutti i settori della vita sociale (quali la gestione delle organizzazioni, la didattica e la formazione, il lavoro, ecc.), ma soprattutto in quelli in cui a fare la differenza è principalmente la qualità delle conoscenze prodotte, come nel caso della ricerca scientifica e tecnologica.
    Vedi qui:
    http://nettunotsforumnonufficiale.forumcom...net/?t=13592469
    equi
    http://www.conoscenzaeinnovazione.org/dettaglio.asp?Id=59

     
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61 replies since 5/1/2008, 22:10   16142 views
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