[POST-IT ] Tesi FaD & forum nonufficiale ...e dintorni

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  1. _Nicoletta
     
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    Dare un nome alle cose è la grande e seria consolazione concessa agli umani.

    Elias Canetti
    La tortura delle mosche
    p. 17
     
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  2. _Nicoletta
     
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    1.
    L'elaborazione
    di una nozione unificante


    La "comunicazione" è una nozione apparsa molto recentemente, almeno nel senso in cui la s'intende oggi. La parola è certamente utilizzata da tempo - il suo uso è attestato nel francese antico - ma bisogna attendere la metà del ventesimo secolo perché il campo coperto dal suo significato cominci davvero ad ampliarsi. (...) La prima tappa dell'elaborazione della moderna nozione di comunicazione è consistita nel colmare quello che allora appariva un fossato tra alcune modalità d'azione prive di nome e il lessico in grado di designarle. La nuova nozione di comunicazione, nata nel mondo scientifico in seno alla "cibernetica", ha permesso di connettere tra loro modalità d'azione disparate. In un primo tempo essa svolse dunque un ruolo unificante, prima di svelare ambizioni ancora maggiori, di divenire cioè un valore molto più generale e in gran parte identificato con la "modernità".

    Philippe Breton
    Titolo L'utopia della comunicazione p. 13


    vedi qui per spunti http://www.tecalibri.altervista.org/B/BRETON_utopia.htm
     
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  3. _Nicoletta
     
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    Formazione a distanza
    http://www.fi.cnr.it/r&f/n7/trentin.htm
    http://it.wikipedia.org/wiki/Formazione_a_distanza correlati: http://it.wikipedia.org/wiki/E-learning
    e-- :-|: http://it.wikipedia.org/wiki/EBook
    con invece http://it.wikipedia.org/wiki/Learning_Management_System

    http://www.formare.erickson.it/archivio/maggio/online.html
    http://www.farnt.unito.it/tutorb/Moduli/Mo...menti%20b10.pdf
    http://www.irre.veneto.it/fad/www_fad/gener_FAD.htm
    http://www.costruttivismoedidattica.it/art...llaborativo.pdf

    La Formazione a Distanza (FaD) ha oltre un secolo di storia. Nello specifico, si possono distinguere tre generazioni:

    * La prima generazione risale alla fine del diciannovesimo secolo, si basa sulla corrispondenza ordinaria, prevalentemente cartacea, in cui l'interazione tra docente e studente e' limitata allo scambio degli elaborati ed a rarissimi incontri in presenza.
    * La seconda generazione si afferma alla fine degli '60, si avvale di materiali pluri e multimediali, (stampa, trasmissioni televisive, radiofoniche, software didattico). Tra docente e allievi le interazioni sono scarse, anche se effettuate tramite nuovi mezzi come il telefono, il fax, la posta elettronica.
    * La terza generazione, detta anche formazione in rete, che si e' imposta in questi ultimi quindici-venti anni, si avvale delle reti telematiche, non solo per la trasmissione dei materiali, ma anche come ambiente per dare vita a processi di apprendimento collaborativo. La formazione avviene prevalentemente in rete, le conoscenze vengono costruite attivamente dai partecipanti stessi e le interazioni, sia con il docente, sia tra i discenti, assumono un ruolo fondamentale.

    Ancora oggi la Formazione a Distanza viene vista con una certa diffidenza o, comunque, tende ad essere considerata una forma...

    http://www.humantrainer.com/articoli/anna_...a_distanza.html


    La formazione a distanza

    Con l’acronimo F.A.D. si intende "Formazione a distanza", cioè un approccio didattico innovativo basato sui mezzi di comunicazione messi a disposizione dalle più recenti tecnologie.

    Nel passato, a questo proposito, si è fatto uso di un sistema molto semplice di insegnamento a distanza, che può essere considerato il progenitore di quello attuale: l’insegnamento per corrispondenza attraverso la posta classica (Formazione a distanza di prima generazione). In tale paradigma l'insegnamento a distanza si concretizzava a due vie: emittente e ricevente in stretto e continuo contatto, anche se non fisico tra di loro; questo sistema è essenziale per ottenere un’eccellente formazione professionale: il ricevente svolge, infatti, una funzione fondamentale nell’apprendimento a distanza, in quanto il soggetto emittente può richiedere ad esso aiuto ogni qual volta si trovi di fronte a una reale difficoltà.

    Dalla seconda metà degli anni Sessanta del secolo scorso, l’introduzione di supporti audiovisivi multimediali come strumenti per l’apprendimento a distanza, segna il passaggio dalla prima alla seconda generazione di FAD, caratterizzata da un uso integrato di materiale a stampa, registrazioni sonore, trasmissioni televisive e, talvolta, software didattici (courseware). La formazione a distanza via etere sembra essere il modo più rapido ed efficace per educare ed istruire larghe porzioni di popolazione ed, infatti, le nuove opportunità offerte dal mezzo televisivo rispetto alle tecnologie utilizzate in precedenza sono rilevanti: l’uso delle immagini più facili da comprendere per un pubblico analfabeta, esercita un impatto e un interesse inediti e notevolmente più efficaci rispetto alla statica freddezza dei fogli di carta o all’intangibile voce via radio.

    Nell’evoluzione della FAD segna una tappa fondamentale la diffusione dello standard VHS (video home system), prodotto dalla società giapponese JVC a partire dal 1976. Le opportunità formative, a seguito di questa introduzione, si rafforzarono in maniera considerevole, sia perché le videocassette permettendo di registrare e rivedere una trasmissione in differita, introdussero la norma di formazione asincrona, sia perché attraverso il loro supporto, fu possibile realizzare corsi a distanza anche da acquistare. In questo modo la FAD comincia ad assumere quelle caratteristiche tanto importanti quanto inimitabili che la rendono preferibile ad un tradizionale corso formativo in presenza: la possibilità di personalizzare l’offerta formativa.

    Il passaggio alla terza generazione di FAD è segnato dall’avvento del digitale. A metà degli anni ottanta, grazie alle straordinarie potenzialità del personal computer, utilizzato ormai anche in ambienti famigliari, si assiste ad una svolta del paradigma educativo, sia nell’ambito dell’istruzione a distanza, sia in quello dell’istruzione in presenza: l’utente viene ad assumere un ruolo attivo nel proprio percorso formativo. Nasce la formazione on line che sfrutta le potenzialità del web e che permette all'utente di essere seguito passo passo durante la lezione.

    La formazione a distanza può, allora, essere definita come un processo di distribuzione di informazioni asincrono grazie al quale è possibile verificare l’apprendimento con test e simulazioni, raccogliere i dati sulla fruizione e profitto dei singoli utenti, conservare e predisporre tutte le statistiche e report, rendere visibili in tempo reale i dati del processo formativo.

    Esistono vantaggi immediatamente intuibili della formazione a distanza: il risparmio di costi di spostamento , il risparmio di tempo, la fruizione in ufficio o a casa ed anche nel tempo libero, l’alta diffusione , la tempestività e capillarità, la tracciabilità della formazione, l’aiuto alla formazione continua, vantaggi e risparmi nei tempi e nelle modalità degli aggiornamenti.
    http://www.corsi.abruzzo.it/formazione_a_d..._a_distanza.htm

    Link di interesse:
    bicomega.it
    corsi-formazione.info
    quality.bicomega.it
    bicomega.it/fad
    formazione.bicomega.it
    formazione-professionale.net


    ah poi non se ne aprla mai nel FAD ma
    L'INCHIESTA: CEPU E GRANDI SCUOLE, LA GRANDE FREGATURA?
    Comunicazioni
    Cepu e Grandi Scuole: gioie e dolori?

    A distanza di tre anni Studenti.it realizza una nuova inchiesta su quello che è uno dei più noti enti di assistenza allo studio. Vogliamo verificare se, in tanti mesi, qualcosa è cambiato oppure no. Stavolta abbiamo raccolto anche la testimonianza dell'azienda, da confrontare con gli ultimi racconti arrivati in redazione

    a cura di Marta Ferrucci
    Qualche anno fa la redazione di Studenti.it ha svolto un'inchiesta su Cepu e Grandi Scuole partendo da segnalazioni di utenti rimasti decisamente poco contenti dei servizi acquistati.
    Alcuni denunciavano tutor non all'altezza della situazione, disguidi amministrativi, burocratici e formativi che a qualcuno hanno fatto perdere intere sessioni d'esame e diverse migliaia di Euro.
    Le polemiche su questi disservizi non si sono mai placate e, a distanza di anni, ci siano sentiti in dovere di verificare come stanno le cose anche perchè, da parte di Cepu, sono arrivati segnali di un tentativo di migliorare i servizi offerti ed il rapporto con i clienti.

    Come stanno davvero le cose?
    Nonostante verifichiamo che su Studenti.it continuano ad arrivare tutti coloro che sentono il bisogno di raccontare la loro dissavventura con Cepu, è tuttavia doveroso dire che l'azienda ha inserito dei correttivi affinchè i clienti insoddisfatti siano sempre meno: ad esempio Cepu ci segnala che sono da poco state inserite delle condizioni integrative ai contratti che gli studenti stipulano con l'azienda: queste garantiscono la ripreparazione, senza alcun onere a carico del cliente, in caso di mancato superamento delle prove d'esame per le quali lo stesso ha acquistato l'assistenza didattica prevista nel contratto.
    Ci sono poi le telefonate ai clienti - sia all'inizio dell'erogazione del servizio che dopo 6 mesi - per verificare la loro soddisfazione ed infine è presente un Ufficio Clienti a livello di Direzione Generale dove rivolgersi per qualsiasi richiesta, osservazione o lamentela.

    Questi accorgimenti però evidentemente non bastano a risolvere tutti i disservizi. Ci rendiamo conto che, tra centinaia di clienti, è facile trovarne qualcuno insoddisfatto tuttavia riteniamo che alcuni dei problemi sollevati dalle persone che ci hanno contattato siano abbastanza gravi e vadano al di la' del semplice disservizio o disguido.
    Ad esempio a Paola, ragazza russa che vive a Milano, nel colloquio con Cepu era stato assicurato che avrebbe potuto fare l'esame di maturità da privatista attraverso di loro e, dopo aver sottoscritto un contratto da 9.800€ per 3 anni di assistenza, ha scoperto dal Provveditorato agli studi che i cittadini extracomunitari non possono fare l'esame di stato da privatisti: il servizio acquistato da Cepu, insomma, era del tutto inutile. Paola ha provato ad annullare il contratto ma per settimane non è riuscita ad entrare in contatto con le persone competenti a trattare il suo caso. C'è riuscito solo il suo avvocato e la sua situazione oggi è tutt'altro che risolta. Che fine ha fatto l'Ufficio Clienti?

    Tra le testimonianze arrivate in redazione c'è chi, addirittura, ha scoperto che la Fitness Academy del Cepu a cui si era iscritto per ottenere l'agognato tesserino da istruttore sportivo non gli avrebbe mai permesso di raggiungere tale qualifica in quanto l'accordo tra Cepu e la Federazione sportiva di riferimento non era stato rinnovato. Il protagonista di questa vicenda ha perso molti mesi e riottenuto i suoi soldi solamente dopo moltissime insistenze.

    Nonostante gli anni passino i racconti degli ex clienti Cepu si somigliano sempre molto. Quello che hanno in comune e che salta subito agli occhi è un primo approccio estremamente rassicurante con gli addetti Cepu che descrivono servizi ed assistenza eccezionali. Dopo la firma del contratto, però, le cose cambiano: chi ci ha scritto racconta di aver aspettato mesi per avere un piano di studi, di non aver mai avuto un tutor, di aver ricevuto il materiale didattico sbagliato o di non essere stato iscritto all'esame ed in tutti i casi, chi ha provato a mettersi in contatto con gli uffici, non ci è riuscito se non attraverso il proprio avvocato.
    Insomma, mentre Cepu è di una efficienza incredibile nel sollecitare ed ottenere i pagamenti da parte di chi si rivolge a loro, non lo è altrettanto nel rimborsare chi ne ha diritto che, il più delle volte, si ritrova a dover aspettare mesi -se non anni- e mettere in mezzo un legale, ed anche questo ha il suo costo!
    http://www.aetnanet.org/modules.php?name=N...rticle&sid=6273

    ah qui ha scritto anche la Poletti, Rigutti e la nettunianna Schenetti (l'ho messo già tutto qui nel post il testo e immagini)
    http://www.formare.erickson.it/archivio.html guardare il numero
    n. 51 giugno 2007
    Studiare dal web: vecchi e nuovi quesiti
    di Gisella Paoletti
    Editoriale
    di G. Paoletti
    Temi
    - Studiare dal web all’università: l’uso di schemi e risorse online
    di L. Giannini, C. Nati e G. Paoletti
    - Gli studenti rispondono: quanto è utile il web-enhanced teaching?
    di G. Paoletti e S. Rigutti
    - Ricerche bibliografiche online: analisi di usabilità di un sito bibliotecario d’ateneo
    di S. Rigutti e G. Tognolli
    - Studenti universitari e siti di facoltà: uno studio di usabilità
    di G. Tognolli, M. Bordignon, C. Lombardini, A. Morandini, K. Petrovic e D. Rossit
    - La comunicazione televisiva come sistema multimediale
    di R. Bergamo, S. Rigutti e R. Schenetti
    :-|:

    forse questo non serve
    comunque porta un elenco dei corsi on line di formazione
    http://www.ildiogene.it/formazione.php

    questo invece interessante
    Formazione a Distanza

    I.1.1 Formazione a Distanza

    Apprendimento a distanza, apprendimento aperto, apprendimento collaborativo sono nati in epoche certamente pre-telematiche. Essi, tuttavia, hanno trovato, nella telematica, la base per arricchimenti, sviluppi e modificazioni sostanziali di nuovo tipo, grazie alla possibilità di avere a disposizione risorse informative ed umane remote, alla possibilità di partecipare a gruppi virtuali di svariata cultura, sesso, età, religione e di interagire in modo paritario e diretto con tutti.

    C’è un diffuso consenso sulla possibilità di distinguere tre generazioni di insegnamento a distanza, che poi corrispondono ad altrettante generazioni storicamente collegate allo sviluppo e alla diffusione della comunicazione.

    Prima generazione: insegnamento per corrispondenza. Le prime applicazioni di una certa significatività delle metodologie FaD si ebbero alla fine del diciannovesimo secolo, quando nuove tecniche a stampa e lo sviluppo del trasporto ferroviario resero possibile la produzione e la distribuzione estensiva del materiale d’insegnamento a favore di gruppi studenti distribuiti su vaste aree geografiche. Questa prima generazione è nota come insegnamento per corrispondenza ed ha avuto una grande espansione nella maggior parte dei Paesi industrializzati dell’occidente specialmente in Inghilterra, in Svezia e negli Stati Uniti. Il sistema di comunicazione fra l’insegnante e lo studente era molto semplice: i mezzi utilizzati si limitavano al testo manoscritto o stampato, e ai servizi postali che erano poco costosi ed efficienti. La metodologia consisteva nel riprodurre «per iscritto» l’insegnamento cattedratico tradizionale. Tale sistema presentava una dinamica di insegnamento molto rigida e lenta, e si trovava nell’incapacità di promuovere attività complementari, una maggiore interazione fra gli studenti e l’istituzione, e di guidare meglio lo studio individuale.

    Seconda generazione: istruzione a distanza (IAD). A partire dagli anni sessanta si affermano i cosiddetti sistemi FaD multimediali o di seconda generazione, caratterizzati da un uso integrato di materiali a stampa, trasmissioni televisive, registrazioni sonore e in alcuni casi di software didattico (Courseware o CBT) e da linee programmatiche organizzate. Come spiega Aretio (1992), è difficile definire o individuare le caratteristiche specifiche dell’educazione (o dell’insegnamento) a distanza di questa seconda generazione, poiché non tutti intendono allo stesso modo il termine «distanza». Dall’altra parte, fa riflettere ancora Aretio, esiste una grande varietà di modalità di insegnamento in funzione del tipo di sostegno politico e sociale, dei bisogni formativi della popolazione non soddisfatti dal sistema tradizionale di istruzione e dallo sviluppo dei mezzi di comunicazione o delle tecnologie dell’informazione. Non solo. Questa seconda generazione è caratterizzata poi dalla rapidissima evoluzione che nel giro di pochi decenni ha prodotto notevoli cambiamenti di metodi, di materiali, dei mezzi e della struttura che non trova confronti con il sistema educativo tradizionale il quale, al contrario, è contrassegnato dai lenti cambiamenti.

    Esamineremo brevemente alcune caratteristiche delle linee programmatiche del IAD cercando di individuare alcuni ambiti e limiti di tale sistema.

    1. Separazione allievo docente. Sicuramente una delle caratteristiche salienti dell’istruzione a distanza è la separazione tra il docente e il discente. Questa distanza, al di là di come sarà gestita, struttura il processo di insegnamento-apprendimento in modo diverso da quello tradizionale, passando dal rapporto faccia a faccia al rapporto dilazionato nel tempo e nello spazio, in cui «l’apprendimento si basa sullo studio indipendente da parte dell’allievo di materiali prodotti specificatamente a tale scopo» (Aretio, 1992, p.45).

    2. Impegno di mezzi tecnici e approccio tecnologico. Una delle spinte più importanti nello sviluppo dei sistemi di istruzione a distanza di seconda generazione è rappresentata dallo sviluppo e dai progressi delle tecnologie di comunicazione che hanno ridotto ostacoli di carattere geografico, economico o di altra natura.

    3. Organizzazione di sostegno. Nello studio a distanza viene prevalentemente incoraggiato l’apprendimento individuale, per cui lo studente si trova da solo e non in gruppo (Aretio, 1992), ed è proprio per questo motivo che l’organizzazione istituzionale ha il compito di fornire ai suoi discenti aiuto, motivazione, facilitazioni e controllo dell’apprendimento. Keegan (1990) ha definito tale apprendimento individuale assistito: «artificiale». Il limite consiste in questo: il docente che costruisce i materiali didattici non conosce a priori quali saranno le «reazioni» degli studenti e non può neppure ricevere un feedback immediato da parte degli stessi tale da aiutarli per adattare il contenuto e la presentazione di nuove integrazioni.

    4. Apprendimento individuale. Rispetto alla generazione precedente si formulano linee programmatiche di ricerca, in particolar modo sui metodi e sulle strategie di insegnamento-apprendimento a distanza: c’è un dichiarato intento di utilizzare un approccio più centrato sull’allievo, più rispondente alla diversificazione dei bisogni educativi degli allievi, sia in termini di contenuto che di sostegno didattico.

    Pur riconoscendo la fondamentale dimensione dei bisogni e delle necessità individuali di ogni studente che apprende, il limite più forte è che questo sistema non riesce a colmare la dimensione sociale in quanto come spiega Wedemeyer lo studio rimane indipendente e porta «.[…] gli insegnanti e i discenti a espletare i loro compiti e responsabilità essenziali, lontani gli uni dagli altri» (Wedemeyer, 1977, citato da Keegan, 1993).

    5. Comunicazione bidirezionale. Uno degli aspetti cui i maggiori teorici dell’istruzione a distanza hanno voluto porre maggior rilievo è stata l’introduzione della comunicazione bi-direzionale, la quale rendeva possibile finalmente l’interazione tra docente e discente. Tuttavia la comunicazione che s’instaura è di tipo bilaterale (comunicazione uno-a-uno), dove si stabilisce un rapporto esclusivo fra studente e il docente. In questo tipo di organizzazione l’aspetto sociale è sicuramente il più sacrificato in quanto il contatto tra gli studenti è del quasi del tutto assente, o delegato a rari incontri in presenza. Infatti Keegan, in una lucida analisi sulle caratteristiche fondamentali dell’istruzione a distanza, scrive: «la quasi permanente assenza del gruppo dei discenti per tutta la durata del processo di apprendimento, cosicché, viene impartito un insegnamento individuale e non di gruppo, con la possibilità […] di incontri occasionali sia per scopi didattici sia di socializzazione» (Keegan, 1990).

    6. Modalità di comunicazione di massa. I mezzi di comunicazione di massa si sono rilevati i canali privilegiati nell’istruzione a distanza in quanto hanno rappresentato un mezzo efficace per sostituire la presenza del docente e soprattutto per distribuire materiale didattico.

    In conclusione possiamo dire che: tra la prima e la seconda generazione FaD rimane costante il fatto che esse si basano prevalentemente sulla produzione e distribuzione di materiali didattici nei confronti della popolazione da formare e in generale sembrano che siano più preoccupate a coprire le distanze geografiche che quelle socio-cognitive. Il limite più forte di questi sistemi consiste nell’instaurare una debole interazione tra gli attori dei processo formativo in quanto, come abbiamo visto, la comunicazione tra docente e studente tuttavia rimane marginale e episodica mentre fra gli studenti è quasi del tutto inesistente. Ciò inevitabilmente ha delle ripercussioni sull’apprendimento il quale risulta essere sacrificato nella sua componente sociale e cognitiva, venendo ridotto a un fatto esclusivamente individuale.
    http://www.comunicareinrete.com/tesi/telem...one-a-distanza/


    aaah il sito della Garitto: http://www.uninettuno.it/e/skins/uninettuno/home/index.asp
    nb vedere se si riesce a vedere un po' di didattica avevo trovato una sua lezione online cercando sotto Garito (sempre che non perdo tempo per neinte)

    esiste ancora !!!! :D http://www.scuolaradioelettra.it/it/home/ (è gruppo CEPU eh! :adv: )
    eccolo il famigerato http://www.cepu.it/






    Studiare dal web all’università: l’uso di schemi e risorse online

    di Linda Giannini, Carlo Nati e Gisella Paoletti *



    Decenni di ricerche sullo studio: come si studia, in quali condizioni lo studio garantisce un ricordo accurato e a lungo termine, ci forniscono un quadro talvolta problematico riguardo alle abitudini di studio degli studenti, anche a livello universitario.
    Ne riassumiamo alcuni aspetti, che riguardano il processo di annotazione e selezione delle informazioni importanti, le modalità di integrazione di informazioni verbali e visive provenienti da più fonti.
    Poichè la presentazione di documenti e materiali avviene sempre più frequentemente tramite il web, esamineremo come si studiano i documenti che sono forniti on-line, chiedendoci se l’elaborazione di tali documenti ha caratteristiche analoghe a quelle dei tradizionali documenti cartacei, quale uso viene fatto di questi documenti, se si tiene conto del fatto che le fonti da analizzare ed integrare sono spesso più numerose che nello studio dal testo tradizionale.

    Leggere e selezionare
    Innanzitutto qualche cenno al processo di studio così come viene messo in atto dagli studenti universitari.
    Si sa che la maggior parte degli studenti prende appunti sia durante l’ascolto delle lezioni, sia durante lo studio dei testi (Goetz e Palmer, 1991). Così facendo essi operano una trasformazione dei documenti che implica la selezione di una parte delle informazioni dei documenti fonte.
    Tale trasformazione/selezione è necessaria per poter comprendere e ricordare le le informazioni più importanti tra le molte lette. Il problema è che spesso la selezione viene svolta molto precocemente (durante la prima lettura dei documenti, quando ancora non si possiede una solida rappresentazione mentale delle informazioni) e che questa selezione non viene seguita da un controllo della correttezza ed esaustività delle note prodotte rispetto ai documenti fonte.
    Riassumiamo i risultati di un’indagine condotta con 50 studenti universitari del secondo anno a cui è stato chiesto di studiare un testo e poi di ripassarlo in un secondo incontro (dati da: osservazione del processo più intervista sulle credenze e i comportamenti).
    È risultato che 47 studenti su 50 hanno operato una forma di annotazione-selezione delle informazioni (sottolineando o riassumendo il testo), e che 31 studenti hanno svolto questa operazione di selezione durante la prima lettura del testo.
    La selezione immediata può essere una strategia efficace, in quanto implica una attivazione nei confronti del testo, la produzione di ipotesi riguardo alla struttura globale e all’importanza delle informazioni selezionate. Per esserlo tuttavia dovrebbe essere seguita da una forma di controllo: formata una prima rappresentazione mentale del contenuto (uno schema, una macrostruttura) si potrà tornare alla fonte originale per monitorarne la correttezza e l’esaustività, chiedendosi se delle informazioni importanti sono state trascurate, se altre ipotesi erano più adeguati.
    Nella nostra indagine questo controllo ha avuto luogo solo per una parte degli studenti. In altre parole un terzo degli studenti ha prodotto molto precocemente un secondo testo più breve e memorizzabile e lo ha studiato senza più controllarne la correttezza/esaustività.
    Aggiungiamo che solo 9 studenti su 50 hanno prodotto delle note “complete”, contenenti tutte le informazioni rilevanti per la formazione di una rappresentazione corretta. Gli altri hanno prodotto/selezionato nel testo una formulazione riassuntiva non interamente corretta.

    Come interpretare questi risultati? Il bicchiere è mezzo pieno o mezzo vuoto? I risultati possono essere visti contemporaneamente come confortanti e sconfortanti.
    Confortanti perché più della metà degli studenti ha selezionato le informazioni rileggendo il testo originale, rivedendo le note.
    Sconfortanti perché pochi studenti hanno prodotto delle note che rivelano un’analisi attenta del contenuto del testo; molti hanno selezionato le informazioni durante la prima lettura, non hanno riletto le parti problematiche, hanno prodotto velocemente un breve sunto, non hanno ricontrollato la correttezza di ciò che poi hanno memorizzato (Paoletti, 2007).

    L’integrazione delle informazioni: testi e grafici
    E cosa succede quando gli studenti devono integrare due (o più) fonti di informazione? Per esempio testi e grafici?
    Si introducono informazioni iconiche, grafici, animazioni nei testi, nei multimedia, nelle presentazioni via web allo scopo di aiutare la comprensione del testo e di rendere le informazioni più ricordabili. Tuttavia il multimedia principle sostenuto da Mayer (2001), secondo il quale le informazioni vengono spesso comprese meglio se fornite per mezzo di un testo e di una rappresentazione iconica rispetto a quando vengono fornite solo tramite il testo, purtroppo sembra avere severe limitazioni. Spesso tali supporti sono inefficaci perché ci si scontra con la tendenza a ignorare o elaborare solo superficialmente le informazioni iconiche (Peeck, 1994).

    Quando legge un testo accompagnato da informazioni visive (per esempio dei grafici), il lettore esperto procede incrementalmente: letto un segmento di testo, cerca nella figura gli elementi corrispondenti, poi torna al testo, legge un altro segmento, passa alla figura, fino a che, finito il testo, esamina più globalmente la figura (Hegarty et al., 1991). Così, se il grafico è ben costruito, analizzandolo può formarsi una rappresentazione visiva del suo contenuto, può riorganizzare il contenuto letto, individuare l’idea principale, avere un approccio analitico verso i dati esposti, può formarsi una rappresentazione adeguata della situazione mostrata dalla figura che gli permetterà di applicare le conoscenze apprese (Gyselinck & Tardieu, 1999).
    Le potenzialità delle figure nel facilitare comprensione e ricordo dei testi sono però condizionate da un certo numero di fattori. Ne riassumiamo qui due: da un lato la tendenza di molti lettori a non guardare i grafici (o perlomeno a non esaminarli con attenzione), dall’altro i difetti nella costruzione dei testi/figure.
    In varie indagini abbiamo ottenuto dati che suggeriscono che gli studenti spesso ignorano le figure/i grafici, che siano forniti su stampa o sullo schermo, anche quando viene chiesto loro di apprendere il materiale, a meno che non ci sia una sollecitazione esplicita a elaborarli o un feedback che richiami esplicitamente l’attenzione sui grafici (Paoletti, 2004). In una di queste indagini, su 100 studenti a cui è stato chiesto di leggere un testo con grafici così da poter poi rispondere a un test, solo 12 hanno esaminato i grafici, e la maggior parte li ha analizzati solo dopo aver fallito il test. Non ha prodotto risultati positivi neanche chiedere agli studenti di usare una strategia di elaborazione, e cioè di studiare il testo con i grafici producendo un riassunto. Gli studenti a cui è stato chiesto di riassumere studiando ha prodotto delle liste di informazioni senza riorganizzare le informazioni prendendo in considerazione i dettagli quantitativi utili (Paoletti, 2004, 2005). Nè la cosa cambia quando il materiale da integrare è presentato su web. Il testo viene letto e le immagini vengono trascurate come dettagli irrilevanti.
    image
    Sul web talvolta è ancora più difficile integrare testi e grafici dati i problemi di presentazione delle informazioni sullo schermo, tra cui la lontananza tra informazioni verbali e iconiche, e la frequente sovrabbondanza di stimoli da elaborare. Anche con materiale di questo tipo (testi con grafici presentati sullo schermo) abbiamo ottenuto risultati analoghi ai precedenti: gli studenti osservati durante un compito di studio hanno rivolto scarsa attenzione alle informazioni visive che invece sarebbero state necessarie per la comprensione del materiale in quanto contenevano informazioni complementari al testo. I lettori non hanno guardato le figure quando erano lontane dal testo cui si riferivano, quando il testo non diceva a quale punto della lettura occorreva esaminarle, e forse soprattutto quando ritenevano di poter ottenere dal testo tutte le informazioni di cui avevano bisogno. Anche quando le guardavano si limitavano ad un esame superficiale, come se la figura fosse una fotografia che si può capire/memorizzare con uno sguardo e non uno stimolo complesso che occorre analizzare con cura.

    Studiare dal web

    Con queste premesse, cosa aspettarsi quando le lezioni o i documenti da studiare sono presentati per mezzo del web?
    Prendiamo il caso forse più comune e più semplice, quello in cui la didattica in presenza è accompagnata, completata dall’immissione in rete dei documenti che accompagnano le lezioni (file PowerPoint, risorse, articoli). Questa possibilità è gradita agli studenti, soprattutto non frequentanti, ed è ben vista da molti docenti che possono inserirvi aggiornamenti ai testi e pensano di intervenire sulla qualità delle note prese dagli studenti (1). Ricerche hanno dimostrato che internet può essere considerato uno strumento educativo tramite cui divulgare il materiale di studio integrativo, e che c’è una correlazione tra consultazione del sito e performance (Heffner e Cohen, 2005); che il materiale può essere studiato online creando note personali in programmi di scrittura (Igo, McCrudden e Bruning, 2005).

    La nuova possibilità di ottenere facilmente le note tramite internet apre certamente una serie di quesiti nuovi, che per molti versi si collegano alle tradizionali tematiche sullo studiare e sul prendere appunti (Paoletti, 2001). Di fronte a queste nuove forme di presentazione delle informazioni ci si può chiedere se e quanto gli studenti accedono ai documenti on-line, per quale ragione lo fanno e quale trattamento riservano ai documenti a cui hanno accesso.
    Quando le risorse fornite hanno forma sintetica, schematica (come per esempio quando vengono forniti i file PowerPoint delle lezioni, o delle mappe concettuali), è possibile che i documenti vengano usati come schema base per prendere appunti durante le lezioni (una sorta di note guidate, Austin, et al. 2004), così da ridurre il carico cognitivo richiesto dall’attività di ascolto/selezione/condensazione/scrittura, e come guida per l’identificazione dei punti chiave, delle relazioni tra le parti del testo e della sua struttura (Grabe, 2004).
    Ma è anche possibile che vengano usati soprattutto in quanto vi si trovano espressi in modo compatto gli argomenti da apprendere, come scorciatoria per la selezione delle informazioni da studiare.
    Due indagini esplorative, svolte con studenti universitari del secondo anno, hanno dato dei risultati su cui riflettere. È risultato che gli studenti possedevano o avevano accesso ad un computer, ma potevano connettersi con una certa difficoltà, e per breve tempo. Era pertanto loro difficile scaricare e stampare il materiale che sarebbe stato presentato a lezione, utilizzandolo per formarsi anticipatamente una rappresentazione dei contenuti che sarebbero stati poi ascoltati, e come guida all’ascolto e schema per prendere appunti. E comunque solo alcuni degli studenti che potevano stampare il materiale prima delle lezioni usavano le slide per prendere appunti a lezione. Chi aveva difficoltà a stampare il materiale fotocopiava i file stampati dai compagni, o aspettava di avere tutto il materiale a disposizione per stamparlo in un un’unica sessione.In questo caso le note on-line erano state percepite come un riassunto efficace in quanto selezionava le informazioni rilevanti, quelle indispensabili durante l'esame.
    È emerso inoltre che le note stampate venivano studiate mediante i metodi tradizionali di studio: sottolineatura, riassunto…. come con i libri di testo, riproponendo anche nel nuovo contesto modalità di elaborazione che forse ritenevamo non più attuali.
    Il quadro potrebbe essere in un certo senso più problematico quando le risorse hanno forma estesa (dispense o articoli): ricerche recenti suggeriscono che quando gli studenti ottengono informazioni da risorse internet la maggioranza utilizza la funzione copia-incolla invece di scrivere degli appunti riformulando il contenuto da apprendere, con degli esiti negativi sull’attività di valutazione e selezione delle informazini importanti (Igo et al. 2005). Se criticavamo il comportamento di studio di studenti che annotano e selezionano durante la prima lettura del testo senza poi controllare l’esaustività e correttezza dell’annotazione, ancor di più ci sembra inadeguata la strategia del copia incolla..

    Concludendo
    Data la dinamicità del contesto sotto esame è prematuro attuare delle conclusioni. Tuttavia ciò che emerge dalle osservazioni fatte su come studiano gli studenti universitari, come ottengono i documenti da studiare dal web e come li usano suggerisce il bisogno di un intervento mirato volto a migliorare sia la qualità delle presentazioni e sia il comportamento di studio. Suggerisce inoltre la persistente validità di filoni di indagini tradizionali, come quelli relativi alle modalità di lettura di testi e rappresentazioni iconiche, alle strategie di annotazione e di studio. Anche nei contesti tecnologici emergenti è opportuno considerare e trarre vantaggio dalle indicazioni provenienti dalla ricerca di base psicopedagogica che studia fenomeni costantemente attuali.


    Note
    (1) Knight e Mckelvie (1986) hanno addirittura dimostrato che gli studenti hanno risultati migliori quando possono studiare delle note complete fornite dal docente anche senza partecipare alla lezione, rispetto a quando partecipano e prendono loro stessi gli appunti. Infatti si puo’ supporre che le note del docente, oltre ad essere corrette e complete, forniscano una struttura che mette in evidenza le relazioni tra le informazioni in un modo che non e’ ricavabile neanche da una trascrizione completa della lezione, mostrando la mappa delle informazioni principali e delle loro relazioni (Nati e Paoletti, in preparazione).

    Riferimenti bibliografici
    Austin, J., Lee, M., Carr, J. (2005). The effects of guided notes on undergrate students’ recording of lecture content. Journal of Instructional Psychology, 4, 314-320.
    Gyselinck, V. & Tardieu, H. (1999). The role of illustrations in text comprehension: what, when, for whom and why? In. H. van Oostendorp & S. Goldman (a cura di), The construction of mental representations during reading. Mahawah, NJ, Erlbaum.
    Goetz, E. & Palmer, D. (1991). The role of students’ perceptions of study strategy and personal attributes in strategy use. Reading Psychology, 12, 199-217.
    Grabe, M. (2004). Volontary use of online lecture notes: correlates of note use and note use as an alternative to class attendance. Computers and education, 409-421.
    Heffner, M. e Cohen, S. (2005). Evaluating student use of web-based course material. Journal of Instructional Psychology, 1, 74-81.
    Hegarty, M. Carpenter, P. Just, M. (1991). Diagrams in the comprehension of scientific texts. In R. Barr, M. Kamil, P. Mosenthal, P. Pearson (a cura di). Handbook of reading research, Mahawah, New Jersey, Erlbaum.
    Igo. L., McCrudden, M. e Bruning, R. (2005). Exploring differences in student’s copy-and-paste decision making and processing: a mixed methods study. Journal of Educational Psychology, 1, 103-116.
    Knight, L. e McKelvie,S. (1986). Effects of attendance, note-taking, and review on memory for a lecture: Encoding vs. external storage functions of notes: Canadian Journal Behavioral Science, 18, 52-61.
    Mayer, R. (2001). Multimedia Learning. Cambridge: Cambridge University Press.
    Paoletti, G. e Nati, C. (in stampa). Efficacia dei materiali on-line nella didattica universitaria. Atti del convegno Tecnologie emergenti e costruzione di conoscenza, 27-28 MARZO 2007, Cassino.
    Paoletti, G. (2001). Saper studiare. Roma, Carocci.
    Paoletti. G. (2003). Problemi di metodo di studio all’Università: quando i difetti di comprensione diventano errori di memorizzazione. Psicologia dell’Educazione e della Formazione, vol. 5, n. 3, dicembre 2003, 317-333.
    Paoletti, G. (2004).Writing-to-learn and graph drawing as aids for the integration of text and graphs.. In G. Rijlaarsdam (Series Ed.) and Rijlaarsdam, G., Van den Bergh, H. & Couzijn, M. (Vol. Eds.), Studies in writing, Volume 14, Effective learning and teaching of writing, 2nd edition, 587-598,. Dordrecht: Kluwer Academic Publishers.
    Paoletti, G. (2005). Quando un grafico non vale diecimila parole. Problemi di integrazione nello studio del testo con figure. Cadmo. Giornale Italiano di Pedagogia Sperimentale.1, 67-85.
    Paoletti, G. (2007). Ma gli studenti ri-leggono? Monitoraggio della comprensione e revisione degli appunti. Psicologia dell’educazione e della formazione, 1, 91-111.
    Peeck, J. (1994) Enhancing graphic-effects in instructional texts: influencing learning activities, In W. Schnotz & W. Kulhavy (Eds.), Comprehension of Graphics, Amsterdam: North-Holland. pp. 291-302.


    * Linda Giannini, Carlo Nati e Gisella Paoletti Facoltà di Psicologia, Università di Trieste
    http://www.formare.erickson.it/archivio/gi...1_GIANNINI.html
    interessante ma anche questo esula un po'



    Gli studenti rispondono: quanto è utile il web-enhanced teaching?

    di Gisella Paoletti e Sara Rigutti *




    In un’epoca di web 2.0 e network sociali, in cui la rete si arricchisce di partecipazione, condivisione, authoring, puo’ apparire superato occuparsi ancora di lezioni che hanno luogo in presenza e sono corredate da materiale pubblicato su web. Con il nuovo web interattivo di My Space, Wikipedia e Writely la condivisione e modifica di informazioni online e in tempo reale non richiede considerevoli competenze informatiche, consentendo un aumento vertiginoso del numero di contenuti, anche di tipo didattico, disponibili online. Nuovi ambienti e nuovi modi di comunicare sembrano caratterizzare il futuro della rete , mediante applicazioni innovative come i “webtop” desktop virtuali che forniscono spazi di lavoro online.
    Tuttavia nell’attuale mondo accademico, le potenzialità dei nuovi sistemi tecnologici appaiono parzialmente limitate e la lezione tradizionale in presenza, associata a strumenti informatici di supporto (web-enhanced teaching), è la situazione didattica più diffusa. Dalla recente indagine della CRUI sullo stato dell’e-learning negli Atenei italiani (www.fondazionecrui.it/elue), risulta, infatti, che gli Atenei che hanno un supporto informatico e didattico utilizzano principalmente le proprie risorse per l’arricchimento delle forme tradizionali di insegnamento in presenza, e cioè per incrementare la qualità dell’insegnamento e offrire flessibilità alle modalità di fruizione di tale tipo di offerta didattica.

    qui http://www.comunicareinrete.com/tesi/telem...azione-in-rete/
    c'è tutta sta roba
    #
    Pagine

    * L’analisi della messaggistica come indicatore di valutazione nella formazione in rete
    o Telematica e Formazione
    + Dalla Formazione a Distanza alla Formazione in Rete
    # Formazione a Distanza
    # Formazione in Rete
    * L’epistemologia della “rete”
    * Un nuovo Brainframes
    + La comunicazione in rete
    # Basata su testo
    # Molti a molti
    # Sincrona e asincrona
    # Indipendente dallo spazio e dal tempo
    + La collaborazione in rete
    # Perché apprendimento collaborativo
    # Cos’è l’apprendimento collaborativo?
    # Apprendimento collaborativo e tecnologie di collaborazione
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    + La valutazione nella Formazione a Distanza
    + La valutazione nella Formazione in Rete
    # L’analisi della messaggistica
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    * Monitoraggio qualitativo
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    Oltre l’ elearning
    Verso un paradigma d’insegnamento ed apprendimento
    “migliorato” dalla tecnologia
    Gianni Marconato
    ABSTRACT
    In questo contributo si sostiene che solo un uso pedagogicamente
    fondato delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione
    (ICT) possa conferire loro un reale valore aggiunto in termini di
    capacità di miglioramento delle attività d’insegnamento e di
    apprendimento.
    Confutando l’uso che delle ICT si sta facendo nelle applicazioni note
    come elearning,
    ritenuto, da chi scrive, connotato quasi
    esclusivamente in termini tecnologici e con debole fondazione
    pedagogica, si prospetta un quadro teorico (ricostruito dalla
    letteratura internazionale sull’apprendimento e sull’utilizzo didattico
    delle tecnologie dell’informazione e della comunicazione) entro cui
    collocare ed a cui informare le attività formative che integrano nelle
    loro concettaualizzazioni e nelle loro prassi le ICT.
    Si propone il paradigma del Technologenhanced
    Learningi
    caratterizzato da strategie didattiche centrate sull’apprendimento
    collaborativo come superamento delle strategie di
    autoapprendimento (debolmente assistito) che caratterizzano il
    paradigma dell’elearning.
    1 UN FUTURO PER L’ ELEARNING?
    L’uso, oggi dominante, delle tecnologie dell’informazione e della
    comunicazione (ICT) nel processo d’insegnamento e di apprendimento a
    distanza viene denominato elearning
    ed assume, nella quasi totalità dei
    casi un modello di organizzazione e gestione tipico che sarà analizzato di
    seguito.
    L’interrogativo al quale con il questa riflessione intendo dare un contributo
    è se questo modello, al di là del controverso “successo” attuale che sembra
    avere, sia il più adeguato a dare ragione dell’utilizzo delle tecnologie
    nell’istruzione riferendo tale ragione sia ai benefici che dovrebbero portare
    per compensare il maggior costo sociale ed economico che il loro utilizzo
    comporta, sia allo sfruttamento di tutte le potenzialità di apprendimento di
    cui le tecnologie sono portatrici.
    Più analisi, condotte nel nostro Paese prospettano un mercato in forte
    espansione per l’ elearning
    mentre da oltre oceano giungono voci meno
    trionfalistiche circa il potere salvifico dell’elearning.
    Viene da domandarsi se anche per l’elearning
    non siamo in piena “bolla
    speculativa” del tipo che ha caratterizzato tante attività industriali e
    finanziarie della e o net economy.
    La pubblicistica informativa e commerciale non sembra avere dubbi: l’elearning
    (integrato, magari, con il knowledge management) è certamente il
    futuro della formazione, dello sviluppo della competenza individuale ed
    organizzativa, una leva strategica per la competitività delle imprese e del
    Paese.
    Al di là di una aspettativa che tutti – compreso chi scrive si
    augurano sia
    fondata, riusciamo ad intravedere segnali (non di fumo) che ci consentano
    di prevedere il futuro dell’elearning?
    Esaminando 127 corsi online
    , Boshier (1997) citato da Lefoe (1988),
    afferma che un numero consistente di questi emula i peggiori corsi facciaafaccia
    con poche relazioni tra gli allievi che sono visti come passivi
    recepitori di informazioni.
    Diana Laurillard (1996), afferma che “è assurdo cercare di risolvere i
    problemi dell’educazione cercando di dare alle persone l’accesso ad
    informazioni: sarebbe come cercare di risolvere il problema della casa
    dando alle persone accesso ai mattoni”.
    Una delle ragioni della scarsa efficacia potrebbe essere quella prospettata
    da Klemm e Snell (1996), “come pratica usuale, l’apprendimento prende la
    forma di “discussione” tra un numero più o meno ampio di persone,
    mentre,…, l’istruzione diventa molto più efficace se chiediamo agli
    studenti di fare qualcosa invece di limitarsi a parlare di qualcosa, di farli
    lavorare assieme in gruppo per produrre qualcosa di significativo.
    Più recentemente e sul versante “aziende”, J.B. Strother (2002), basandosi
    su ricerche, afferma che, nonostante gli ingenti investimenti fatti da
    aziende per attivare sistemi di elearning,
    queste non hanno ricevuto gli
    sperati vantaggi economici che erano stati tra i principali fattori che le
    avevano fatte orientare all’elearning
    mentre non ci sono indicazioni
    attendibili sull’efficacia delle attività formative.
    Soluzioni diverse dall’uso delle tecnologie per trasportare informazioni
    (come riferisce per un caso, Rotta, 2002), si hanno tassi di abbandono
    esigui, intorno al 2%.
    Indipendentemente, quindi, dalle prospettive future del mercato dell’ elearning,
    evitando, anche, rischiosi esercizi divinatori e senza parteggiare
    ne per la fazione degli ottimisti ne per quella dei pessimisti, con questo
    contributo mi prefiggo di evidenziare alcuni limiti dell’attuale approccio
    all’uso delle ICT nell’istruzione e nella formazione per tentare di
    prospettare un approccio che renda più solide le basi su cui l’utilizzo delle
    tecnologie nell’educazione e nella formazione si fonda: questo sarà fatto
    focalizzando l’attenzione sull’apprendimento, spostandolo dal focus attuale,
    le tecnologie.
    2 I LIMITI DELL’ ELEARNING
    La componente fondamentale di un sistema d’istruzione è il modo in cui
    vengono promossi, sostenuti ed integrati i processi d’insegnamento e di
    apprendimento.
    Osservando superficialmente un qualsiasi sistema di elearning
    ciò che si
    può evidenziare è il pesante utilizzo della tecnologia; si tratta, in effetti, d
    http://documents.scribd.com/docs/2gkjb9qihohijf9cfedv.pdf


    Analisi Conversazionale e Analisi Sequenziale: applicazioni possibili alla CMC asincrona?

    Ilaria Mancini ([email protected])
    Barbara Maroni ([email protected])
    Università degli Studi di Roma La Sapienza



    Il seguente lavoro è un primo tentativo di presentare due metodi di analisi, diversi ma complementari, allo studio dell'interazione mediata e, in particolare, ai forum di discussione per la costruzione collaborativa di conoscenza. I metodi dell'Analisi Conversazionale e dell'Analisi Sequenziale vengono solo brevemente accennati, e si rimanda per gli approfondimenti, perché l'obiettivo è provare a suggerire degli spunti per la loro applicazione ad un contesto diverso da quello in cui vengono solitamente adoperati.

    FTF e CMC… a ciascun contesto comunicativo la sua specificità
    Riflettere sulle possibilità applicative di metodi di analisi sviluppati per l'interazione in presenza (come l'Analisi Conversazionale e l'Analisi Sequenziale) rispetto a contesti di interazione mediata, richiede l'individuazione della specificità di ciascuna forma comunicativa.
    Mettere in risalto la qualità dell'interazione che si sviluppa nei due ambiti è un passaggio ineludibile per evitare trasposizioni poco pertinenti di un metodo da un contesto all'altro. Ciò che invece interessa è cogliere la specificità del contesto per interrogarsi sulla specificità metodologica. L'interazione in presenza (Face To Face), intesa come conversazione, si avvale sia di un canale comunicativo strettamente linguistico/verbale sia di elementi non verbali/gestuali (postura, sguardo reciproco, contatto visivo, indicazione…). Ciò è reso possibile dalla condivisione dello stesso contesto spazio-temporale: l'interazione in presenza ha carattere sincrono; gli attori sono compresenti nello stesso luogo e nello stesso tempo.
    L'interazione mediata (Computer Mediated Communication), intesa, nel nostro caso, come threaded discussion (vd. discussione ad albero nei forum on line) avviene a distanza. Gli interlocutori non sono fisicamente compresenti nello stesso luogo e tempo. La dimensione comunicativa ha qui, fondamentalmente, carattere testuale: i partecipanti "depositano" (esibiscono pubblicamente) nel forum dei messaggi che possono essere letti dagli altri in tempi diversi. Il forum mantiene la memoria della discussione (perché in esso permangono registrati i vari contributi) e assicura agli utenti un tempo di riflessione sul contenuto dei vari interventi. La comunicazione che avviene attraverso un forum è dunque una comunicazione asincrona: ciascuno gestisce i propri tempi di lettura, riflessione e scrittura.
    La forma discorsiva che si produce all'interno del contesto mediato dall'uso di uno strumento tecnologico si pone a metà strada tra la forma scritta e quella orale. Si tratta di un WRITTEN INTERACTIVE REGISTER (Ferrara et al., 1991) ossia di una caratterizzazione come registro interattivo scritto. Esso è fondamentalmente testuale e come tale organizza l'informazione secondo i canoni della scrittura: non essendo dato un confronto diretto ed "immediato" tra emittente e ricevente il testo deve avere autonomia comunicativa, deve essere di per sé efficace ed intellegibile.
    Al tempo stesso, però, il discorso mediato è sempre un discorso interattivo: il testo del messaggio che si immette in un forum di discussione si colloca in una sequenza di interventi e contribuisce alla creazione di una discussione sociale su un argomento. Il discorso è, allora, costruito necessariamente passo passo (messaggio per messaggio) nell'interazione (mediata) con l'altro.

    Analisi Conversazionale: alcuni concetti base
    L'Analisi Conversazionale è un sistema di analisi che nasce all'interno della prospettiva etnometodologica con specifico riferimento all'analisi dell'interazione in presenza.
    Interesse centrale è la spiegazione della "produzione/comprensione di sequenze organizzate e coerenti nel discorso" (Levinson, 1983, p. 539) ossia l'analisi dell'andamento conversazionale in riferimento alle strutture sequenziali di produzione e comprensione nelle quali il discorso si articola.
    La prospettiva conversazionale assume che il significato e il valore comunicativo dell'espressione linguistica risiedano nella concreta condizione di uso del linguaggio, nella specificità della sequenza discorsiva in cui essa compare (Sacks, Schegloff, Jefferson, 1974).
    Conseguentemente, l'espressione linguistica è studiata all'interno del contesto di interazione in cui si esprime; in tal senso, fondante è lo studio di ciò che Schegloff (1989) definisce come "discorso in interazione", delle strutture di partecipazione ad esso ossia delle modalità attraverso cui i partecipanti all'interazione discorsiva gestiscono la conversazione allo scopo di realizzare la comprensione intersoggettiva (negoziazione e condivisione di significati).
    Un primo livello di analisi è individuato nel turno di discorso. Il turno non corrisponde necessariamente ad un'unità sintattico/grammaticale o ad una specifica azione linguistica; esso può essere definito come "unità osservativa che corrisponde semplicemente a tutto il discorso che un unico parlante pronuncia di seguito" (Fasulo, Pontecorvo, 1999, pag. 39).
    La lunghezza del turno è il risultato delle mosse linguistiche agite dagli interlocutori; i turni di discorso sono dunque tra loro interdipendenti (vd. Schegloff, Sacks, 1973, sequential implicativeness): ogni mossa conversazionale è una risposta al discorso precedente e un'anticipazione del tipo di discorso che segue. Nel formulare il proprio intervento, i parlanti mostrano la propria comprensione del turno precedente e rivelano le proprie aspettative rispetto al turno che verrà. Il sistema di passaggio del turno da un parlante all'altro è reso possibile in coincidenza con i punti di rilevanza transizionale come "punto in cui una transizione di turno diventa rilevante ossia è un'opzione possibile" (Fasulo, Pontecorvo, 1999, pag. 41).
    All'interno di un turno di discorso si possono avere più punti di rilevanza transizionale; ciascuno di essi definisce un'unità costitutiva di turno. I punti di rilevanza transizionale segnano la completezza di un'unità costitutiva di turno e rendono possibile l'avvicendamento del turno.

    Analisi Sequenziale: alcuni cenni
    Nello studio dell'interazione faccia a faccia, un approccio che consente e ne studia l'aspetto temporale è l'analisi sequenziale. L'elemento temporale è una caratteristica fondamentale del processo interattivo che è importante non perdere nelle fasi di osservazione, misurazione e analisi. Con l'analisi sequenziale, infatti, è possibile far emergere l'elemento temporale dell'interazione, catturando le sequenze attraverso cui si sviluppa questo processo.
    L'analisi sequenziale si basa sull'osservazione sistematica delle dimensioni rilevanti dei fenomeni in osservazione, e di conseguenza sullo sviluppo e sull'applicazione di sistemi di categorie che caratterizzano le dimensioni di interesse. Ogni dimensione infatti può essere rappresentata da uno schema di codifica, ed ogni codice può essere considerato come una categoria di comportamento. Così, ad esempio, se la dimensione di interesse è la mossa conversazionale, le categorie dello schema di codifica potranno essere richiesta, valutazione, asserzione, domanda, ecc. Nei metodi osservativi la misurazione avviene con l'applicazione dello schema di codifica. Si parla infatti di misurazione "…quando dei codici (o categorie) vengono assegnati a eventi di interesse nel flusso corrente del comportamento, seguendo le definizioni e le regole chiaramente descritte in schemi di codifica espliciti" (Gnisci, Bakeman, 2000, p.17). Dall'applicazione del sistema di categorie, e quindi dalla fase di misurazione, risulta una tabella in cui le righe indicano il comportamento che avviene prima, le colonne indicano il comportamento che avviene dopo, e le celle contengono le frequenze delle sequenze interattive. Riprendendo l'esempio delle mosse conversazionali, dall'applicazione dello schema di codifica risulta una tabella in cui in riga e in colonna ci sono i diversi tipi di mosse (richiesta, valutazione, asserzione, domanda, altro) e nelle celle le frequenze con cui ogni tipo di mossa segue ogni altro tipo di mossa. La prima cella, quindi, corrisponde al numero di volte in cui ad una richiesta è seguita un'altra richiesta nelle interazioni osservate.
    L'obiettivo dell'analisi sequenziale è sapere se esiste una relazione sequenziale tra le variabili ed individuare le eventuali associazioni significative. Ciò che si vuole verificare è, quindi, quali comportamenti nell'interazione sono significativamente sequenziali a quali altri, evidenziando in questo modo cosa segue che cosa nell'interazione. Per scoprire se esiste una relazione sequenziale tra le variabili e quindi capire l'influenza di una variabile sull'altra, si procede con il calcolo del chi quadro. Questa statistica, infatti, permette di sapere se la differenza tra le frequenze osservate e le frequenze teoriche è dovuta, o no, al caso. Se la differenza è dovuta al caso, la variabilità, e quindi il chi quadro, è basso; al contrario se la differenza non è dovuta al caso, la variabilità e il chi quadro saranno alti. Se controllando i gradi di libertà si trova un chi quadro significativo, si può affermare che esiste un'associazione tra le variabili analizzate. Quindi, riprendendo l'esempio delle mosse conversazionali, se dall'analisi della tabella trovassimo un chi quadro significativo, potremmo affermare che esistono alcune tipologie di mosse conversazionali che si condizionano sequenzialmente. A questo punto è interessante scoprire quali sono le mosse sequenzialmente associate. Per fare questo si procede con l'analisi dei residui corretti, quindi si standardizzano le frequenze e si considerano significativi quei residui che superano la prima deviazione standard (|1.96|), dato che in certe condizioni i residui standardizzati si distribuiscono in modo normale. Procedendo, quindi, con l'esempio delle mosse conversazionali, dopo aver stabilito con la significatività del chi quadro, che esiste un'associazione tra le diverse tipologie di mosse conversazionale, potremmo calcolare i residui corretti, interpretare i residui positivi e vedere tra quali mosse esiste tale associazione. Potremmo, per esempio, trovare che ad una asserzione è sequenzialmente associata una valutazione.
    È importante sottolineare che quelli presentati precedentemente sono alcuni concetti base dell'analisi sequenziale e della sua applicazione all'interazione, ma che è possibile sia analizzare dimensioni di interesse diverse e quindi applicare diversi sistemi di categoria, sia esaminare non solo associazioni sequenziali contigue (dette a lag 1), ma anche associazioni più lontane (lag 1, lag 2, ecc) ottenendo tabelle di contingenza multivariate (per approfondimenti cfr. Bakeman, Gottman, 1986, 1997; Bakeman, Quera, 1995; Gnisci, Bakeman, 2000).

    Tra metodi e contesti
    Si può riflettere sull'applicabilità di questi sistemi di analisi rispetto ad un contesto mediato e, in particolare, ad un forum di discussione per la costruzione collaborativa di conoscenza?
    Se assumiamo "…come conversazioni in senso ampio tutti quegli scambi comunicativi caratterizzati dall'interazione tra soggetti umani, che quindi adattano il loro contributo sulla base della dinamica intersoggettiva con l'altro…" (Violi, Coppock, 1999, p.319-320), possiamo individuare nell'interattività un aspetto da cui partire. Interattività intesa come organizzazione sequenziale degli interventi: una sequenzialità sia in senso temporale sia di interdipendenza rispetto alla forma e al contenuto dei messaggi.
    Di seguito ci si interroga su tale possibilità utilizzando, a titolo esemplificativo, una discussione (incentrata sul tema della relazione educativa) mediata dall'uso del software Synergeia .
    A tal proposito, si riporta una schermata del software che mostra lo spazio di discussione e, di seguito, la visualizzazione del testo di alcune note contenute postate nel software.
    http://formare.erickson.it/archivio/maggio_04/3mancini.html



    I mezzi di comunicazione hanno subito numerevoli trasformazioni apportando
    cambiamenti nei sistemi di interazione e avviando una nuova fase della storia
    dell’umanità. Anche in passato le mutazioni più profonde del pensiero sono state
    segnate da modificazioni nella comunicazione, fondamentale il passaggio dall’oralità
    alla scrittura.
    Il linguaggio parlato è la prima tecnica di comunicazione propria dell’uomo.
    Nasce come “ tecnica” interna, dal profondo del nostro corpo, volto a modificare il
    mondo fisico intorno a noi, consentendo la comunicazione di una parte del contenuto
    interno della nostra mente. Attraverso la parola parlata, base dei rapporti umani, si
    possono esprimere parte dei contenuti interni, rendendoli disponibili agli altri.
    Come supporto ad essa emerse la scrittura, nuova tecnica di comunicazione2, che ne
    permette la “registrazione”.
    Negli anni tra il 1800 e il 1500 a.C. si affermò l’alfabeto sillabico dei fenici,
    attraverso il quale si potevano ricostruire potenzialmente tutte le parole, tutte le frasi,
    tutte le espressioni che venivano prodotte nella lingua parlata. Alcuni secoli dopo
    ( fra il 1000 e l’800 a.C. ) i Greci aggiunsero all’alfabeto fenicio la vocale, che
    1 Cfr. Confronto di teoria della comunicazione, in www.hackerart.org.
    2 Inizialmente la scrittura nacque in forma ideografica o pittografica.
    4
    permise all’alfabeto sillabico o fonetico di espandersi in tutto il mondo, costituendo il
    fondamento delle nuove forme di comunicazione.
    L’uomo è vissuto sotto il segno della scrittura, subordinando ad essa per molto tempo
    tutti gli altri mezzi di comunicazione. Tale caratteristica può essere vista in termini
    negativi, in quanto ha condotto l’uomo a una sorta di ossificazione e dogmatizzazione
    del pensiero.
    La scrittura è strumento di dialettica sociale, ha permesso ai deboli, alle minoranze, di
    lanciare “un urlo silenzioso”, di documentare condizioni sociali e storiche che in
    molti hanno cercato di occultare e dimenticare, ma tutto questo sempre attraverso un
    “patto” fra chi scrive e chi legge, che assicura autorità a chi scrive e non a chi legge, e
    che quindi rende fondamentalmente asimmetrica la comunicazione.
    Oggi “nell’era digitale” si uniscono parola, immagine e suono. La verticalità e la
    simmetria vengono superate. La comunicazione diventa simmetrica, cioè chi riceve
    messaggi può a sua volta mandarne, sullo stesso livello, con lo stesso rango, con pari
    dignità comunicativa rispetto a chi storicamente è stato deputato a svolgere questa
    funzione.
    L’importante è capire che l’informazione e la comunicazione non sono tecnologie:
    << sono esigenze umane>>. Possono, secondo il caso, essere una risorsa o un
    problema. E prima di pensare a quali altre meraviglie (o incubi?) potrà riservarci il
    futuro è fondamentale approfondire il modo in cui i sistemi disponibili sono usati e
    come potrebbero essere meglio adattati alle esigenze umane.
    “Le stesse cose che ci fanno intelligenti possono anche farci ottusi: possono
    intrappolarci con il loro potere di seduzione – pensa alla televisione – oppure
    frustrarci con la loro artificiosa complessità”.3
    C’è chi soffre di scarsità di informazione e di comunicazione e chi ne ha troppa. I due
    fenomeni non sono separati, ma si mescolano e si fondono in un quadro complesso.
    3 Cfr. D. A. Norman, Le Cose che ci fanno intelligente. Il posto della tecnologia nel mondo dell’uomo, Feltrinelli, p. 17.
    5
    Cenni storici
    I mezzi di comunicazione hanno modificato costantemente l’uomo e la società in cui
    vive, trasformandosi a loro volta con l’ambiente sociale che li ha generati. Ogni
    nuovo media apre nuove straordinarie prospettive di comunicazione e di
    apprendimento alle giovani generazioni, che riescono ad assimilare meglio di altri i
    rapidissimi cambiamenti.
    Per divenire protagonisti della società moderna occorre appropriarci della nostra
    storia, dobbiamo chiederci come i mezzi di comunicazione abbiano influito nella
    trasformazione delle civiltà passate e nella formazione della società presente.
    Inizialmente nelle culture esclusivamente orali il GESTO, la PAROLA e la
    MEMORIA trasmettevano solo messaggi faccia-a-faccia. I termini erano usati
    soprattutto per indicare oggetti concreti e la forma del sapere consisteva nella
    narrazione di storie, che spesso raccontano l’origine del mondo, degli dei o delle
    comunità ( MITI ). La capacità di usare in modo suggestivo la parola e la conoscenza
    di miti e di formule significative permise a capi e stregoni di esercitare un’autorità
    particolare. La gerarchia sociale si costruiva in base all’età ed il potere degli anziani
    nacque dal fatto che il patrimonio del sapere sociale si conservava e veniva
    potenziato dalla tradizione orale.
    Il MITO trasmesso oralmente proprio dagli anziani, spesso accompagnato da canti e
    balli svolgeva diverse funzioni:
    • Conservare e potenziare il sapere sociale;
    • Educare le giovani generazioni;
    • Preservare l’identità collettiva attraverso la narrazione delle origini della
    comunità;
    • Contribuire a mantenere l’ordine sociale;
    • Divertire e intrattenere.
    Le società senza scritture risultavano poco gerarchizzate, poco dinamiche e molto
    tradizionaliste .


    http://www.garito.it/areastud/tesine04-05/...-alessandra.pdf
     
    .
  5. _Nicoletta
     
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    Introduzione

    Capitolo 1: L'apprendimento e le tecnologie dell'istruzione
    1.1 Apprendimento collaborativo in rete
    1.1.1 Presupposti teorici
    1.1.2 La rete come ambiente di apprendimento collaborativo
    1.1.3 Che cos'è l'e-learning?
    1.2 Le tecnologie come supporto nell'apprendimento collaborativo: le esperienze finlandesi e quelle italiane
    1.2.1 Progressive Inquiry Model (PI Model)
    1.2.2 Il forum nelle esperienze finlandesi
    1.2.3 Le ricerche degli italiani
    1.3 Conclusioni

    Capitolo 2: La ricerca. Presentazione dell'attività
    2.1 Premessa
    2.2 Il Software Synergeia
    2.3 Descrizione del corso
    2.4 Descrizione dell'attività del forum
    2.5 Il campione
    2.6 Obiettivi
    2.7 Modello di analisi dei prodotti d'interazione in rete

    Capitolo 3: La ricerca. Discussione e analisi dei dati
    Premessa
    3.1 Analisi dei questionari e valutazioni degli studenti
    3.2 Valutazione della partecipazione
    3.3 Tecnologie 8: il confronto con gli altri Forum
    3.4 Analisi di un albero di discussione: ''Computer e Scuola''

    Conclusioni

    Bibliografia

    Appendice
    Apprendimento collaborativo in rete

    Preview

    INTRODUZIONE
    Con l'avvento della nuova tecnologia si aprono prospettive e orizzonti nuovi per la didattica. Internet e le nuove tecnologie telematiche risultano utili sia come ausilio alla didattica tradizionale che come veri e propri ambienti di apprendimento. Offrono apprendimento significativo attraverso forme di condivisione e distribuzione della conoscenza.
    L'apprendimento in rete si ispira al paradigma del costruttivismo socio-culturale, questo modo innovativo di produrre conoscenza è radicalmente diverso da quello attuato in una classe tradizionale.
    In un ambiente didattico tradizionale il processo di insegnamento/apprendimento si dispiega esclusivamente nel rapporto diadico insegnante-alunno, nel rispetto di ruoli ben definiti: c'è chi insegna e chi impara. L'apprendimento resta un processo sostanzialmente passivo e individuale, astratto e slegato dal suo contesto di applicazione.
    Questo elaborato tratta sia a livello teorico che pratico l'uso di un ambiente CSCL (Computer Supported Collaborative Learning) a livello universitario. Sarà descritta un'attività di discussione all'interno di un forum che si prefigge lo scopo di costruire conoscenza.
    Nella parte iniziale, del primo capitolo, un rapido excursus storico mostra alcuni paradigmi educativi che hanno influenzato in modo diverso l'uso del computer nella didattica. Si parlerà di comportamentismo, cognitivismo, costruttivismo. Riguardo quest'ultimo paradigma teorico sarà trattato il tema attualissimo dell'e-learning. Nel secondo paragrafo saranno presentate le ricerche finlandesi e quelle italiane sull'apprendimento collaborativo fra studenti universitari. Particolare attenzione verrà posta al modello di Indagine Progressiva (Progressive Inquiry Model) che hanno sviluppato Hakkarainen e colleghi.
    Nel secondo capitolo sarà presentato un software per l'apprendimento in rete: Synergeia. Questo software è stato utilizzato per la didattica all'interno di un corso universitario della Facoltà di Psicologia 2.
    Nel terzo capitolo si entra nella ricerca, si illustra questa esperienza in cui si costruisce conoscenza a distanza tra studenti universitari. Questo capitolo è dedicato all'analisi alla discussione dei dati. Ho avuto la possibilità di entrare nel vivo di questa esperienza grazie al mio tirocinio, svolto presso la cattedra della professoressa Cesareni. Durante il mio tirocinio, oltre a raccogliere i dati, utili per il mio lavoro di tesi, ho anche seguito dei forum on line per meglio comprenderne il funzionamento.

    Capitolo 1
    L'apprendimento e le tecnologie nell'istruzione

    1.1 Apprendimento collaborativo in rete
    Nel primo paragrafo di questo capitolo cercheremo di illustrare le basi teoriche che hanno portato all'apprendimento collaborativo in rete. Dopo un rapido excursus storico, cercheremo di comprendere cosa si intende quando si parla di apprendimento collaborativo attraverso gli strumenti informatici. Nel secondo paragrafo saranno presentate le ricerche finlandesi e quelle italiane. Particolare attenzione verrà posta al modello di Indagine Progressiva (Progressive Inquiry Model) che hanno sviluppato Hakkarainen e colleghi.

    1.1.1 Presupposti teorici
    L'evoluzione tecnologica ha finito per influenzare le diverse metodologie educative fino a determinare una vera e propria rivoluzione nel campo dell'apprendimento. Tra i vari vettori di cambiamento un posto di rilievo spetta indubbiamente al computer, il cui uso è ormai entrato nelle pratiche didattiche. Alcuni paradigmi educativi come il Comportamentismo, il Cognitivismo e in particolar modo il Costruttivismo hanno applicato con modalità diverse il computer, tracciando un nuovo corso nel processo conoscitivo. Si è passato così da un concetto di apprendimento basato su modelli teorici prettamente oggettivi, a prospettive più ampie in cui la conoscenza procede in maniera attiva interagendo direttamente con l'esperienza. Per chiarire meglio questo uso di nuove tecnologie esemplificato in particolar modo dall'impiego del software nella didattica e per comprendere gli effetti risulta necessario verificare nello specifico che tipo di evoluzione hanno avuto i principali paradigmi educativi (Cesareni, 1999) .
    Il Comportamentismo, nato in America del Nord all'inizio del Novecento, definisce l'apprendimento come un processo di condizionamento, cioè di trasmissione di conoscenza dall'erogatore di formazione al discente mediante dinamiche di stimolo e risposta. Skinner è il primo psicologo a riflettere in modo sistematico sulla possibilità di utilizzare i computer come strumento didattico, infatti comincia ad interrogarsi sugli effetti cognitivi dell'apprendimento mediato dalle tecnologie. Per Skinner l'istruzione programmata è una tecnologia didattica che, mediante il rinforzo dei risultati positivi, si propone di trasmettere agli studenti conoscenze in maniera graduale, procedendo dalle nozioni più semplici a quelle più difficili. L'istruzione programmata deve possedere determinate caratteristiche per essere efficace, i contenuti proposti dovrebbero essere significativi; la formulazione del programma dovrebbe essere revisionata a seconda dei risultati raggiunti dagli studenti; gli obiettivi dovrebbero essere valutati attraverso l'uso di test. (Eletti, 2002). Nel Comportamentismo tutto si incentra sulla previsione e il controllo del comportamento.
    I programmi di tipo CAI (Computer Aided Instruction), sono programmi educativi basati sull'uso delle tecnologie che applicano il modello comportamentista. La caratteristica di questi programmi è quella di elaborare una trasmissione di conoscenza che parte da un esperto, ossia da colui che detiene i saperi e che li trasmette al novizio. Questa tecnica si basa su un meccanismo di rinforzo: il discente che risponde nel modo giusto ai contenuti presentati dallo strumento informatico riceve un rinforzo positivo ed ha anche la possibilità di accedere a nuove informazioni. Il limite di questo software è quello di proporre percorsi da seguire senza permettere nessun percorso individualizzato dell'alunno. Questo comporta che il discente è confinato in un ruolo passivo dinanzi ad un'istruzione già programmata. Non è previsto nessun tipo di negoziazione di conoscenza (Cesareni, 1999).
    Il cognitivismo, nato in America alla fine degli anni settanta, comincia a tener conto delle specificità del discente, attribuendogli un ruolo attivo nell'apprendimento. Contrariamente a quanto affermato dai comportamentisti, l'uomo, secondo questo approccio, è in grado di usare strategicamente le proprie capacità cognitive attraverso la formulazione diversificata delle varie interpretazioni della realtà, organizzando le informazioni in schemi mentali. Apprendere non significa più soltanto acquisire meccanicamente delle informazioni ma costruire la propria rappresentazione del mondo attraverso processi cognitivi differenti da individuo a individuo (Eletti 2002).
    Questo paradigma rifiuta qualsiasi spiegazione meccanicistica che vede nell'apprendimento il mero risultato dell'unità stimolo risposta e che viene consolidato dal rinforzo. Con il modello teorico elaborato dal cognitivismo prende forma l'analogia MENTE-CALCOLATORE. I programmi informatici applicati all'apprendimento risultano più flessibili rispetto al rigido meccanismo di trasmissione di conoscenza dell'istruzione programmata.
    I programmi che troviamo in questo periodo sono i programmi ICAI (INTELLIGENT COMPUTER ASSISTED INSTRUCTION) o ITS (INTELLIGENT TUTORING SISTEM) connotati da attività tutoriali e di addestramento (Cesareni, 1999), ma con la capacità di adattarsi alle risposte date dai diversi soggetti.
    Seymour Paper è uno studioso costruttivista, progetta e realizza alla fine degli anni settanta, il primo importante linguaggio informatico per la didattica: il Logo. Logo è un linguaggio semplice che permette la costruzione di ambienti grafici da parte di bambini in età prescolare. L'elemento alla base del Logo sono i micromondi, ambienti di apprendimento in cui i bambini si immergono nella materia da imparare (Eletti, 2002).
    I sistemi di apprendimento sviluppati dopo il comportamentismo cercano di superare la componente meccanicistica. A tal proposito le teorie del Costruttivismo, sviluppate negli ultimi decenni del Novecento, ribaltano completamente la prospettiva comportamentista. Per il costruttivismo il discente ha un ruolo attivo e deve essere posto al centro del processo educativo. Grande importanza assumono anche il contesto di apprendimento e la collaborazione tra i discenti e i formatori e dei discenti tra loro. I costruttivisti considerano la conoscenza un processo di costruzione, non solo personale, ma frutto di un processo dinamico, scaturito dall'interazione con gli oggetti e con gli altri individui; l'apprendimento è quindi il risultato di una condivisione della conoscenza. L'individuo viene impegnato in una collaborazione sociale finalizzata alla costruzione di sapere condiviso (Eletti, 2002).
    Nel momento in cui la costruzione del sapere si fonda su un interscambio di informazioni, lo stesso apprendimento deve dare vita a rinnovati programmi che accanto alla figura del tutor, figura di appoggio nella guida all'apprendimento, utilizzano il computer sia come strumento educativo che come discente, ovvero colui che apprende dall'allievo, come nel caso del Logo (Cesareni, 1999).
    E' soprattutto con il costruttivismo che prende forma un processo di conoscenza pensato come prodotto di una costruzione attiva del soggetto inserito in una collettività consolidata nell'ambiente di rete, all'interno del quale la partecipazione della comunità si svolge in particolari forme di collaborazione e negoziazione sociale, una classe virtuale che ha come obiettivo la costruzione di conoscenza.
    In questo scenario in cui la tecnologia assume un ruolo fondamentale che implica un innovativo modo di pensare l'apprendimento, viene dunque rifiutato il tradizionale trasferimento di conoscenze dal detentore di sapere al fruitore. Vengono utilizzati strumenti informatici di diverso tipo per un ''apprendimento costruttivo'', prende piede la multimedialità nella didattica.
    Il quadro teorico nel quale va collocato l'uso del computer per un apprendimento basato sull'interazione, la condivisione e la costruzione di conoscenza è offerto da Vygotskij, Piaget, Bruner, l'approccio socio-culturale, il costrutto di Partecipazione Periferica Legittimata e le comunità di studenti che apprendono (Community of Learners CoLs) di Brown e Campione (1990).
    Lev Vygotskij, psicologo russo, fonda la scuola storico- culturale. Vygotskij riconosce differenze fondamentali tra i primati e l'uomo. I processi fondamentali di tipo fisiologico, come i riflessi condizionati, pur essendo comuni ad animali e uomini, sono prevalenti nei primi e marginali nei secondi. Questo dipende dal fatto che l'uomo è diverso dalle altre specie e intrattiene un'interazione complessa con l'ambiente, caratterizzata dall'uso del linguaggio e del pensiero razionale. La psicologia culturale di Vygotskij, inaugura un nuovo modo di pensare l'apprendimento. Per Vygotskij l'apprendimento umano ha natura sociale, anche quando è attuato per imitazione, per esempio come fanno i bambini che riproducono i comportamenti degli adulti in modo inconsapevole. Per cui ciò che permette di costruire conoscenza è la relazione sociale, vista come uno scambio tra un soggetto competente e uno meno competente. Questo si attiva all'interno di una ''zona di sviluppo prossimale''. Per ''zona di sviluppo prossimale'' si intende quella distanza che c'è tra l'attività mentale e lo sviluppo potenziale raggiungibile attraverso l'aiuto degli altri (Pontecorvo, 1999).
    Jean Piaget, grandissimo pensatore svizzero, con le sue teorie, formulate a partire degli anni venti, ha avuto una forte influenza sul cognitivismo. Il cuore degli studi di Piaget è costituito dalla psicologia dell'intelligenza, che indaga l'origine e lo sviluppo dei concetti (per esempio spazio o tempo) e delle operazioni logiche (per esempio inclusione, esclusione, disgiunzione) . Piaget riconosce all'uomo una natura attiva, più che reattiva. Per Piaget l'apprendimento non resta costante nel tempo ed è fortemente influenzato dall'ambiente. Secondo la sua visione, l'organismo è capace di riportare, attraverso il meccanismo dell'adattamento, le proprie strutture mentali ad un nuovo equilibrio messo in crisi dall'interazione tra la soggettività e l'oggettività. Attraverso questo meccanismo, sempre secondo Piaget, ciò che viene interiorizzato è l'azione del soggetto (Varisco e Grion, 2000).
    Jerome Bruner, psicologo statunitense nato all'inizio del secolo scorso, sviluppa un pensiero in cui la cultura è saliente nella strutturazione dell'individuo. Il postulato di fondo di questa teoria è che l'uomo è un essere fondamentalmente sociale. Secondo il ''culturalismo'' di Bruner, se la conoscenza e l'apprendimento hanno sede nella mente negli individui, essi hanno anche rilievo e incidenza nella cultura in cui sono espressi. Per cui si può affermare che la mente crea la cultura, ma è anche la cultura a creare la mente. L'uomo, al contrario degli animali, non si occupa soltanto di come insegnare, ma anche di cosa insegnare. I contenuti da insegnare sono scelti in base alla cultura di appartenenza. Un'altra convinzione fondamentale del pensiero di Bruner è che il discente debba prendere parte attiva al processo di apprendimento.
    Secondo Bruner la cultura nasce dall'interazione sociale, per cui anche l'apprendimento è il risultato di una condivisione della conoscenza. Rifiutando la tradizionale ''lezione'' che vede l'insegnante come unico mediatore di trasmissione di conoscenza, l'autore guarda all'apprendimento come un processo di negoziazione di significati, per cui l'insegnamento sfocia in un dialogo tra diversi discenti, l'insegnante ha un ruolo di stimolatore e la classe è come una comunità di studenti che acquisiscono conoscenze.
    Parlare di comunità di studenti che apprendono implica il riferimento ai presupposti teorici del costruttivismo socio-culturale che considera l'apprendimento una pratica sociale contestualmente situata. Per cui l'appartenenza a una comunità di apprendimento permette di condividere le conoscenze in maniera attiva, con l'obiettivo di contribuire alla costruzione di un sapere distribuito secondo gli scopi che sono stati precedentemente prefissati (Varisco e Grion, 2000).
    Gli aspetti metodologici più importanti offerti da questo approccio sono la Partecipazione Periferica Legittimata e l'Apprendimento Cognitivo.
    La Partecipazione Periferica Legittimata (LPP) risale agli studi di Lave e Wenger; secondo tale modello, ogni partecipante della comunità ha gli stessi diritti di appartenenza (LEGITTIMATA). L'eterogeneità dei partecipanti fa sì che ogni competenza venga scambiata, attraverso l'aiuto e l'apprendistato fino a quando ogni soggetto si appropri dei saperi degli altri, passando dalla periferia alla ''completa appartenenza'' (Varisco e Grion, 2000).
    Per quanto riguarda l'apprendistato nella sua forma tradizionale, esso consta di tre momenti: il primo è il modellamento (modelling) in cui l'esperto esibisce la performance che deve essere imitata dai novizi; il secondo è l'assistenza (scaffolding), riguarda l'offerta di aiuto agli apprendisti durante i loro tentativi di eseguire i compiti; il terzo momento è il fading, ovvero il venir meno di questo aiuto quando i novizi diventano più competenti. Con il costruttivismo il tradizionale apprendistato viene trasformato nel più articolato ''apprendistato cognitivo''. Questo nuovo apprendistato si realizza con strategie diverse, il reciproco insegnamento e la facilitazione procedurale. Si evidenzia l'aspetto riflessivo e metacognitivo e sono presenti ulteriori tre attività. La prima riguarda l'articolazione che può essere messa in atto attraverso la descrizione di ciò che si fa mentre si procede nella pratica, questa attività consente al novizio una sorta di monitoraggio. La seconda attività si riferisce alla riflessione, è possibile riflettere su ciò che si fa attraverso il confronto con gli altri allievi o con l'esperto, l'apprendista riflette sulla propria performance automonitorandola. La terza attività riguarda l'esplorazione, quando ormai vicini alla competenza si pongono domande rilevanti e pertinenti, questa attività è svolta nella fase in cui non ci si limita a risolvere i problemi, ma anche a porne dei nuovi.
    da qui http://www.tesionline.it/consult/anteprima.jsp?idt=14689
    di Marianna Mazzotta
    Bibliografia
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    -Pontecorvo C. et al. (1993), La condivisione della conoscenza, Firenze, La Nuova Italia.
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    -Trentin G., (1998), Insegnare ed apprendere in rete, Bologna Zanichelli
    -Varisco B., M. Grion, V. (2000), Apprendimento e tecnologie nella scuola di base, Torino UTET
    -Varisco B. M. (2002), Costruttivismo socio-culturale. Roma: Carocci.

    Edited by _Nicoletta - 5/4/2008, 17:47
     
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  6. _Nicoletta
     
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    Programma di ricerca
    Modelli psicologici, pedagogici e sociali per l'apprendimento e la valutazione in comunità di pratica virtuali

    PRIN

    http://www.ricercaitaliana.it/prin/unita_o...5111028_002.htm

    SPOILER (click to view)
    NON c'entra con al tesi
    ma mi piace
    Vita quotidiana delle famiglie: osservazioni etnografiche e rappresentazioni
    Università degli Studi di Roma "La Sapienza"
    Abstract
    Il programma di ricerca si propone di studiare e analizzare la vita quotidiana delle famiglie italiane in una prospettiva interdisciplinare in modo da poter integrare il contributo di una prospettiva osservativa di tipo etnografico e conversazionale (unità 1) con l'approfondimento di una letteratura teorico-critica di matrice filosofica, artistica, giuridica che serve a mettere in discussione le nozioni stesse di vita quotidiana, anche servendosi di recenti prospettive derivate dal neofemminismo e da altri movimenti di liberazione sessuale e antirazzista per illustrare i possibili nessi tra quotidianità e pratiche di dominio (unità 2). A ciò si aggiunge l'unità 3 che intende individuare in primo luogo nella letteratura contemporanea le rappresentazioni della vita quotidiana familiare per studiare così il senso comune proposto da varie culture, da utilizzare come sollecitazione per tre diversi tipi di focus groups tra adulti in diversi stadi e transizioni della loro vita familiare. Il contributo specifico alla ricerca dell'ultima unità riguarda lo studio della transizione all'adolescenza che può costituire un momento di crisi per la vita familiare, per la richiesta di autonomia dei figli, per la rete amicale e le prime relazioni affettive, per l'assunzione di un proprio sistema valoriale.
    qui http://www.ricercaitaliana.it/prin/dettagl...114531.htm#base


    aree di psico del PRIN
    http://www.ricercaitaliana.it/prin/disciplina-11.htm


    Programma di ricerca
    Modelli psicologici, pedagogici e sociali per l'apprendimento e la valutazione in comunità di pratica virtuali
    Università di riferimento
    Università degli Studi di ROMA "La Sapienza" - PSICOLOGIA DEI PROCESSI DI SVILUPPO E SOCIALIZZAZIONE - ROMA(RM)
    Responsabile dell'Unità di ricerca
    Maria Donata CESARENI
    Bibiografia
    SPOILER (click to view)
    Bibliografia
    Albanese O., Doudin P.A., Martin D. (a cura di) (2003) Metacognizione e Educazione. Milano: Franco Angeli

    Albanese O., Fiorilli C., Farina E., Maltempi L. (2004), "Autoregolazione nell’attività di studio e concezioni dell’intelligenza". Giornale Italiano di Psicologia dell’Orientamento.

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    Scardamalia, M., Bereiter, C. (1994). "Computer support for knowledge-building communities". The Journal of the Learning Sciences, 3, pp. 265-283.

    Varisco B.M. (2000)Costruttivismo sociale e approccio situato come framework alle pratiche didattiche con le nuove tecnologie. In Albanese O., Migliorini P., Pietrocola G. (a cura di) Apprendimento e nuove strategie educative. Milano Unicopli

    NB guardare rappresentazione del PI di Hakkarainen e di Mukkonen
     
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  7. _Nicoletta
     
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    http://grail.oise.utoronto.ca/journal/nfuj...edge_forum.html

    Nobuko's Weblog
    reflections on research, teaching, and learning
     
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  8. _Nicoletta
     
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    http://www.ideosfera.org/wp/2006/09/22/tut...vio-dal-web-20/


    Tutto prende avvio dal Web 2.0

    Ma cos’è il Web 2.0? Ideato nel 2003 nel corso di una conferenza di O’Reilly Media, il Web 2.0 viene definito come un nuovo modo di porsi del Web nei confronti degli utenti. Il concetto ovviamente vago come lo sono spesso le definizioni – compreso quelle più scientifiche (pensiamo al dibattito sul fatto che Plutone sia o meno un pianeta) – è percepibile solo visitando e provando alcuni dei servizi che, di fatto, stanno innovando Internet.

    Alcuni tra i siti più noti, quali i siti di social networking come Friendster, Orkut o 43Things sono buoni esempi per spiegare il Web 2.0 e il suo potenziale.

    Quali sono gli assunti di base del Web 2.0 ??

    1) Il Web è la piattaforma. Si va cioè verso l’interconnessione tra il proprio desktop e le applicazioni basate sul Web caratterizzate da tecnologie avanzate. Un esempio? Provate a fare a meno di Word ed iniziate a scrivere con Writley. Oppure evitate di aprire Excel e ricorrete a NumSum.

    2) Da quanto sopra detto consegue che il software debba essere sempre aggiornato. Anche se spesso le applicazioni avranno le caratteristiche di un “beta perpetuo” dove gli aggiornamenti e le innovazioni saranno costanti, l’utente non dovrà più pensare ad installare e manutenere…

    3) I servizi consumano e miscelano dati e informazioni prodotte dagli utenti dando luogo a nuove ed originali soluzioni. Un esempio è fornito dai sistemi di social bookmarking dove sono gli utenti a condividere le loro risorse. Si veda ad esempio Del.icio.us.

    4) Rimescolamento. Il “mash-up” è un altro tratto caratterizzante. Siti Internet che attingono a più set di dati per creare servizi di informazioni dinamici e aggiornati. Si veda ad esempio il sito francese Netvibes che offre la possibilità di creare in rete home page personali.

    5) L’architettura della partecipazione - L’esplosione di weblog, podcast, siti di networking sociale, wiki e comunità collaborative, in tutti i casi, trae origine, e dipende, dalla facilità con cui gli utenti possono partecipare.

    Vuoi vedere un elenco aggiornato di risorse Web 2.0 ???
    Vai al sito SEOmoz’s Web 2.0 Award. Troverai anche una simpatica classifica delle risorse all’interno di un articolato sistema di classificazione.

    Questo post è creato a partire da una news originale di g.bonaiuti tramite il plugin WordPress Autoblog
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  9. _Nicoletta
     
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    Calvani http://web.tanoni.net/sito/index.php?optio...w&id=6&Itemid=2
    Tecnologia, scuola, processi cognitivi PDF Stampa
    Scritto da Administrator

    Introduzione di A.Calvani - Università degli studi di Firenze.

    Nella crisi profonda che la scuola attraversa ormai da vari decenni si aggiunge oggi un fenomeno diverso, più inquietante, che investe da una parte il mondo giovanile, dall’altra l’identità della scuola.Sul versante dei nuovi studenti influiscono fattori psicologici di varia natura, la loro “fragilità narcisistica”, accanto a nuovi stili di pensiero e ad una emergente “competenza digitale”, caratterizzata da pervasività audiovisiva ed interattività veloce; i fattori congiuntamente agiscono sul sistema affettivo-motivazionale, strutturato sempre più nell’ambito di una ciclicità (bisogno- appagamento) che si risolve in circuiti ristretti, con scarsa dislocazione affettiva e cognitiva su orizzonti temporali medio-lunghi.Sul secondo versante il fatto che viviamo in una società “dell’informazione”, o come si dice più recentemente, “della conoscenza”, apre nuove riflessioni che investono la “ragion d’essere” della scuola. In passato, l’apprendimento scolastico serviva a trasmettere conoscenze che sarebbero state utili per tutta la vita, oggi l’esistenza di un “erogatore” esterno assai più efficiente della scuola per la diffusione delle informazioni (Internet) mette a dura prova la rilevanza di un sistema che per secoli si è presentato come la sede esclusiva del sapere.

    Si impone la necessità di un ripensamento sul ruolo della scuola e di una ridefinizione dei “saperi” o “competenze fondamentali”, in particolare rianalizzando il nesso curriculum (saperi di base e progressività delle acquisizioni) e processi cognitivi di alta qualità (quali problem solving, modelli concettuali, capacità critiche e metacognitive), come anche sostenuto nel dibattito pedagogico (Cambi, 2004). Una riflessione in tal senso dovrebbe accompagnarsi ad una diversa ecologia con una focalizzazione su momenti e processi acquisitivi di alta valenza formativa, rinunciando drasticamente agli aspetti di “rumore” di cui la scuola è stata aggravata (Bottani, 1986). Questa è di fatto un sistema ecologico; le innovazioni non possono avvenire all’insegna dell’”aggiungiamo anche”: tempi e risorse sono necessariamente limitati e nuovi riferimenti e richieste portano a ridurre o a ridefinire spazi esistenti. Negli ultimi venticinque anni si è insinuata la componente tecnologica, producendo spesso ulteriore dispersione all’interno di un contesto già di per sé disorientato e sovraccarico.

    Le nuove tecnologie possono effettivamente risultare efficaci o sono dei chiassosi gadget, capaci solo di accondiscendere allievi irrequieti e fornire agli insegnanti l’illusione di svolgere una didattica innovativa (Rouet 2001)?Chi si occupa di ricerca tende ormai a convenire sulla necessità di una svolta drastica nelle politiche per la loro introduzione, avvenuta sin qui troppo superficialmente, all’insegna di slogan quali “più tecnologia=più apprendimento”. E’ opportuno passare ad una fase caratterizzata da valutazioni più accorte: le tecnologie vanno introdotte quando sia evidente il “valore aggiunto” che da esse può derivare.La tesi del libro è che al momento attuale sono più interessanti le sollecitazioni che dalla tecnologia vengono indirizzate alla scuola nel suo insieme, come stimolo a ridefinire la propria identità nel nuovo contesto della società dell’informazione, o quelle che riguardano i meccanismi di costruzione condivisa della conoscenza didattica. Se si scende invece al livello dell’efficacia sul piano degli apprendimenti, la ricerca mette in discussione gran parte degli orientamenti diffusi, quali quelli che sottolineano l’efficacia della multimedialità o di ambienti tecnologici “aperti”, che sarebbero capaci di valorizzare la costruzione autonoma delle conoscenze da parte degli allievi. Questi orientamenti sottovalutano che gli alunni generalmente non posseggono le capacità metacognitive e metalinguistiche adatte per avvalersi dell’offerta tecnologica (si pensi alla stessa navigazione ipertestuale o alla attività di ricerca su Internet): il loro uso delle tecnologie è di livello normalmente basso e l’attrazione verso l’azione immediata che le tecnologie esercitano (“proviamo e vediamo che accade”) può contribuire a disincentivare attività riflessive più profonde.

    Le dinamiche cognitive tra mente e media sono comunque complesse e non possono essere univocamente ricondotte a banali schematismi; siamo dell’avviso che esistano anche circostanze in cui le tecnologie contribuiscono ad alimentare circuiti “virtuosi” di apprendimento, dando luogo a dinamiche “sinergiche” tra mente e media, in grado di portare l’allievo ad acquisizioni altrimenti non conseguibili senza le tecnologie stesse. Queste particolari situazioni felici, positive integrazioni di capacità dell’allievo, adeguatezza dell’interfaccia e delle consegne didattiche, vanno tuttavia preventivamente ricercate e allestite attraverso un’adeguata riflessione psicologica ed ergonomica.Il lavoro si suddivide in due sezioni.Nella prima sezione Nuove tecnologie nella scuola: per una ecologia dell’apprendere, ci si chiede se è possibile formulare degli orientamenti e criteri a cui rifarsi per l’introduzione delle ICT nella scuola. In ICT e scuola. Processi cognitivi ed ecologia dell’apprendere, A. Calvani indica tre chiavi di analisi: macroecologica o etica, strategico-organizzativa e microecologica o ergonomico-didattica; in rapporto a ciascuna dimensione si evidenzia come la relazione si connoti di problemi e vincoli diversi. Alcuni apporti significativi da parte delle tecnologie, di livello cognitivo e metacognitivo qualitativamente elevati, si possano generare “all’intorno”, più che non “all’interno” della loro struttura. Un punto d’incontro di particolare significato tra tecnologie e processi cognitivi di alta trasferibilit, può attuarsi nelle aree delle cosiddette Key competencies (oggi oggetto di grande attenzione nelle politiche internazionali), se perseguite in rapporto ad interventi istruttivi capaci di portare alla luce competenze metalinguistiche degli allievi. In Carico cognitivo e impiego della tecnologia per apprendere, F. Landriscina pone l’attenzione sulla criticità/potenzialità rappresentata dal “carico cognitivo”, riflettendo in particolare sui contributi che la Teoria del Carico Cognitivo e la Teoria Generativa dell’Apprendimento Multimediale, coi loro recenti sviluppi, possono fornire alla preparazione di ambienti di apprendimento supportati da tecnologia.

    Nella seconda sezione Reti, innovazione e conoscenza didattica, ci si chiede se e come le tecnologie possono contribuire all’arricchimento e capitalizzazione della conoscenza didattica. Le tecnologie sono viste come strumenti che coadiuvano il processo di cambiamento dell’istituzione scolastica nel suo complesso, favoriscono l’accesso alle risorse e la condivisione di conoscenze tra insegnanti. All’interno di questo quadro l’ipotesi è che possano migliorare qualitativamente anche la stessa ricerca didattica attraverso opportune integrazioni con metodologie d’indagine preesistenti. In Innovazione e tecnologie: le reti didattiche, I. Tanoni presenta un quadro sulla esperienza ormai vasta delle reti scolastiche, distinguendo le diverse tipologie e soffermandosi in particolare sulle “reti didattiche” (finalizzate a sperimentazione, innovazione, ricerca azione) di cui analizza la struttura: attori, contesto, percorso, valutazione e criticità; il saggio viene integrato con schede di valutazione storica e critica sulle principali esperienze condotte durante gli ultimi anni.

    In Reti, innovazione e costruzione del sapere didattico: la “ricerca azione online”, A. Calvani riflette, nel quadro delle metodologie di cui la ricerca didattica può avvalersi, sulla specificità della ricerca azione online. Lo scopo è quello di fare il punto su questa metodologia, potenzialmente atta alla costruzione e validazione di sapere didattico “ragionevolmente affidabile”. Si sottolineano anche le criticità e la maggiore complessità del modello, rispetto ad altre metodologie collaborative di rete (quale il modello project-work) più comunemente praticate nella formazione insegnanti. I contributi sono corredati da schede che hanno lo scopo di favorire puntualizzazioni e approfondimenti più specifici intorno ai temi trattati; a queste hanno collaborato anche altri autori (M. Ranieri, A. Ferroni)[1] A. Calvani Università degli Studi di Firenze, ottobre 2006


    [1] Di M. Ranieri sono le schede 1-2-3; A. Ferroni ha curato la scheda 4. Le schede 5-10 sono di I. Tanoni
     
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  10. _Nicoletta
     
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    Sebaste: incontro con Jean Baudrillard

    di Beppe Sebaste
    [Il filosofo della contemporaneità postmoderna è morto il 6 marzo scorso. Pubblichiamo il resoconto che lo scrittore e giornalista Beppe Sebaste - che ha inaugurato il suo sito personale: vi consigliamo caldamente di visitarlo - scrisse per l'Unità nel 2001, dopo avere incontrato Baudrillard. gg]

    baudrillard1.jpg Incontro Jean Baudrillard dopo più di vent’anni. Ne avevo 18 quando gli feci la prima intervista italiana su una “fanzine” più o meno alternativa, all’epoca del Beaubourg e dell’esproprio urbanistico del quartiere operaio delle Halles. Scopro con costernazione, rivedendo le sue parole di allora – “iperrealtà”, “simulazione”, potere come “parodia” di se stesso, “simulacro” - che esse descrivevano già il processo vistosamente in corso oggi in Italia e nel mondo, molto prima dei suoi ultimi due libri: Il delitto perfetto. La televisione ha ucciso la realtà?, edito in Italia da Cortina, e Lo scambio impossibile, edito pochi mesi fa da Asterios. Che cos’è l’attualità, e che rapporti deve intrattenere con essa il pensiero?

    In Italia è la festa della Liberazione, cui non ho quasi mai mancato di partecipare. A Parigi, come forse ovunque ma a un grado più alto, continua come ogni giorno lo smagliante spettacolo di merci e servizi culturali, belli e intelligenti, offerti ai consumi della gente. Le lunghe file per accedere alla più che riuscita esposizione del Beaubourg sugli Anni Pop – scritta bianca su fondo rosa shocking – celebra quell’estetizzazione della società che iniziò con la Pop Art incorniciando oggetti di uso domestico e finì serializzando i volti, non solo quello di Marilyn Monroe o di Mao, ma, nella sostituzione che la televisione ha fatto della realtà, via il Grande Fratello, i volti di tutti noi. Quale differenza oggi tra una porzione qualsiasi del reale e la sua riproduzione e messa in valore come arte o intrattenimento? Quale differenza tra una vetrina, un’installazione, un museo contemporaneo e il deposito degli oggetti smarriti? E tra la realtà e la cosiddetta finzione? “La guerra del Golfo non c’è mai stata”, scrisse provocatoriamente Baudrillard all’indomani dei bombardamenti sull’Iraq, primo evento mediatico a non essere passato per immagini televisive ma solo evocato da esse. Ovvio che il “modello italiano” di iperrealtà, dove la televisione ha sostituito così bene la politica al punto di creare forse, con uno zapping elettorale, la prima dittatura diretta di pubblicitari al mondo, interessi uno come Baudrillard, ma sia anche un po’ banale, per chi vede già da tempo la realtà come una sterminata pubblicità di se stessa.
    Gli ricordo come nei suoi Taccuini (Cool memories), nel 1993 notava che “stigmatizzare i milioni di italiani ‘vittime consenzienti’ di Berlusconi, denunciare la stupidità delle masse e avvolgersi nelle pieghe della divina sinistra e della sua democratica arroganza (sia) un’analisi miope e convenzionale della Ragione politica. Le masse ‘cieche’ hanno una visione più sottile, transpolitica forse, poiché sanno che il potere è un luogo vuoto e senza speranza, e che occorre metterci un uomo dello stesso stampo, vuoto, buffone, istrione e ciarlatano, che incarni idealmente la situazione: Berlusconi, ovvero il sistema che ci meritiamo, per quanto ci risulti insopportabile”. Resta che nel mondo delle immagini, dove tutto il reale deve divenire immagine, a prezzo della sua scomparsa, in cui il mondo stesso non è che un fantasma o una clonazione di sé, l’ascesa di Berlusconi, prima nelle televisioni e poi nel vuoto lasciato dalla politica, rappresenta forse proprio la tragica realizzazione di quello slogan del ’68 che pretendeva “l’immaginazione al potere”. E’ quando l’immaginazione va al potere, che l’immaginazione perde il suo potere.
    Baudrillard, che è fotografo oltre che filosofo, preferisce parlare allora del silenzio delle immagini, della resistenza che certe immagini compiono di fronte alla violenza del mondo detto virtuale: quelle del grande fotografo italiano Luigi Ghirri, e quelle che egli stesso scatta (segnalo che una mostra di Baudrillard è in corso allo spazio FNAC di Milano).
    “La violenza dell’immagine, e in generale quella dell’informazione, o del virtuale, consiste nel fatto che essa fa scomparire il reale. Tutto deve essere visto o visibile. Il commercio delle immagini sviluppa un’indifferenza al mondo reale, che diviene un’inutile funzione o una fantasmagoria, come le ombre sui muri della caverna di Platone. Esempio di questa visibilità forzata è la TV, nelle trasmissioni dove tutto è offerto in pasto alle telecamere e ci si accorge che non c’è più nulla da vedere. Mito di una visibilità poliziesca, di un potere di controllo in cui l’operatore stesso è divenuto invisibile, e si è come interiorizzato negli spettatori, trasformati anch’essi in immagini”. Ecco, in quello che resta oggi della politica, avviene lo stesso processo di svuotamento, di de-realizzazione, in cui la realtà diviene il suo simulacro iperreale e illusorio. E allo stesso modo che nella politica e nel lavoro del linguaggio, possiamo “resistere al rumore, alla parola, con il silenzio; resistere al movimento, al flusso, all’accelerazione e allo scatenarsi dell’informazione coll’immobilità e il segreto silenzioso della foto; resistere all’imperativo morale del senso e del valore con il silenzio del significante puro. Tutto il contrario di un flusso di immagini prodotte in tempo reale, che svaniscono pure in tempo reale, occorre rendersi assenti, per fare sorgere finalmente l’oggetto, evento puro, singolarità”.
    A proposito di eventi: nonostante la mia nostalgia per la ricorrenza della Liberazione (guarda caso, mi manca non seguirla “in diretta” su un TG italiano), non posso ignorare con Baudrillard che “il processo di liberazione non è mai innocente, parte da un’ideologia e da un movimento idealistico della storia. Tende sempre a una riduzione dell’ambivalenza fondamentale del Bene e del Male. Buono o cattivo, il fatto di essere “liberato” ci assolve da un male originario (…) eliminazione del continente nero, della faccia oscura, della parte maledetta, assunzione del regno del valore… Il modello roussoiano di una destinazione felice, di una vocazione naturale, di una liberazione, è un’utopia, continua Baudrillard, non si può liberare il Bene senza liberare il Male, e l’ambivalenza è definitiva e senza fine. Solo che, oggi, non essere libero è immorale, e la liberazione è d’obbligo, un sacramento democratico.” Liberato da cosa, e per fare cosa? “L’uomo “liberato” diventa responsabile, a pieno diritto, delle condizioni oggettive della sua esistenza. Destino perlomeno ambiguo: il lavoratore “liberato”, ad esempio, incappa così nelle condizioni oggettive del mercato del lavoro.”
    L’infelicità oggi dell’uomo è di galleggiare in un universo virtuale, estraneo e insieme famigliare, e perciò inquietante, dove ogni “senso”, ogni “segno”, deve il suo diritto di esistere ad una equivalenza al “valore”. E’ questo il vero volto della globalizzazione, spiega Baudrillard - ipertrofia e inflazionamento della sfera dell’economia e dello scambio, immensa finzione che ingloba le nostre vite ma che a sua volta “non si può scambiare con niente”. Baudrillard non si limita a descrivere il decesso della realtà e dell’esperienza, ma indica anche alcune vie d’uscita, cioè di salvezza, naturalmente paradossali, passaggi là dove non c’è passaggio (ciò che i filosofi chiamavano “aporìa”), e che per lui si chiamano “silenzio”, “evento”, “singolarità”, “acting out”, concetti di un pensiero critico che si vuole “radicale”. Se la sua formulazione filosofica appare paradossale, è perché qualsiasi liberazione non può che avere inizio nel linguaggio.
    La stessa libertà è un’idea, un segno, un valore, e realizzandola l’abbiamo perduta, un po’ come accade per il desiderio. La libertà condivide oggi la sorte di tutti i valori defunti e riesumati dal lavoro del lutto. E penso, ascoltandolo, al bel verso con cui René Char definisce la poesia, “amore realizzato del desiderio che rimane desiderio”. “Bisognerebbe liberarsi della libertà stessa, conclude Baudrillard, così come della volontà, dell’emancipazione. Come scrivo ne Lo scambio impossibile, la nostra società di servizi è una società di servi, di uomini asserviti al loro proprio uso, alle loro funzioni e alle loro performance – totalmente emancipati e totalmente servi”.
    da qui--> http://www.carmillaonline.com/archives/200...183.html#002183
     
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  11. _Nicoletta
     
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    Per la tesi aprire anche i file http://www.tiziana1.it/ebooks/Risorse/Interattivit%C3%A0.pdf
    Interattività e istruzione a distanza
    Una prospettiva cognitiva della tecnologia
    di Angela Spinelli
    [email protected]
    Tecnologie didattiche: quadri teorici di riferimento
    Tecnologie cognitive: non solo mezzi di comunicazione
    Un primo punto di incontro: l’interattività
    Interattività didattica
    Interattività telematica
    Un secondo punto di incontro: il caso dell’istruzione a distanza
    Insegnamento
    Istruzione
    Formazione
    Insegnamento per corrispondenza
    Istruzione a distanza
    Formazione in rete
    Gli aspetti socio-cognitivi della formazione in rete
    Gli aspetti comunicazionali della formazione in rete
    Conclusioni


    e FAD in Italia e nel mondo da www.tanoni.net/Report/Fad%20in%20Italia%20e%20nel%20mondo.doc
     
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  12. _Nicoletta
     
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    questo non c'entra con al tesi ma è interessante per come è disposto (vedi struttura tesi)
    Testo ed ipertesto:

    storia e teoria

    (di Gianni Rubagotti)
    Introduzione: il filosofo irretito
    Parte 1: la natura del testo
    1. Textum: l'origine
    2. Storia del "testo"
    3. La stampa come rivoluzione inavvertita
    4. Ivan Illich: la nascita del testo moderno nel secolo XII
    5. Le invenzioni
    6. La struttura del "testo"
    6. La virtualizzazione del testo e l'ipertesto
    8. Che cosa significa "ipertestualizzazione"
    CAPITOLO 2: LA NATURA DELL'IPER-TESTO
    1. L'ipertesto discute se stesso
    2. Preistoria
    3. Il Memex di Vannevar Bush
    4. L'invenzione del collegamento ipertestuale: Theodor Nelson e Xanadu
    5. L'invenzione del Link ipertestuale: Douglas Engelbart
    6. L'HTML di Berners Lee (forse questo mi serve)
    7. Il link

    qui: http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~chora/...toipertesto.htm

    questo non c'entra
    LA FISICA DELLA MIA MENTE
    (alcune riflessioni sul tempo e la coscienza)
    http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~chora/...MIA%20MENTE.htm
    (di Marco Ponti)
    di Marco Ponti
    Medico chirurgo, specialista in farmacologia


    L’intelligenza nel cyberspazio e il messaggio della scrittura connettiva
    In viaggio con Derrick De Kerckhove verso il linguaggio (connettivo)

    (di Pablo Calderoni)
    con bibliografia!!!! :iuppi:

    TUTTI dal dipartimento di filosofia dell'uni di MIlano
    ce ne sono molti altri interessanti
    link: http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~chora/...testisaggi.html
    http://filosofia.dipafilo.unimi.it/~chora/...cyberspazio.htm




    Edited by _Nicoletta - 29/3/2008, 20:10
     
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  13. _Nicoletta
     
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    da questo sito
    http://filosofia.dipafilo.unimi.it/
     
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  14. _Nicoletta
     
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    http://oltreelearning.blogspot.com/2007/12...rima-o-poi.html
    Marconato Gianni
    lo cito nella tesi per questo
    http://oltreelearning.blogspot.com/2008/04...situazioni.html
    e http://oltreelearning.blogspot.com/2008/04...ati-italia.html
    e http://oltreelearning.blogspot.com/2008/04...i-generali.html

    c'è un po' di ipotesi anche qui
    http://www.scribd.com/doc/326031/Elementi-...ork-10-20070924


    l'ultimo messo è di
    Casali e Giacoma elementi toerici per la progettazioen del social network
     
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  15. _Nicoletta
     
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    La comunicazione al computer

    Sociologia delle reti telematiche
    di Luciano Paccagnella,

    Il Mulino, Milano 2000, pp. 201
    Brevi e puntuali scorci storici sulle questioni trattate. Definizioni di concetti ne' troppo didascaliche, ne' affrettate. Stile discorsivo non asseverativo, come si conviene ad una onesta trattazione scientifica che pure non nasconde il proprio punto di vista e di valutazione. Note e ampia bibliografia.

    Questi alcuni dei tratti formali di un libro la cui lettura consigliamo a coloro che si occupano di progettazione e mediazione di contenuti e servizi pubblici in rete e che hanno bisogno di una buona prima topografia storico-concettuale del contesto in cui operano.

    Il libro di Luciano Paccagnella, dottore di ricerca del Dipartimento di Sociologia dell'Università statale di Milano, affronta soprattutto gli aspetti sociali delle reti telematiche e della comunicazione mediata dal computer e ha il grande pregio, in buon stile baconiano, di sgomberare il campo da numerosi "idòla" presenti sia nell'approccio del senso comune che in quello degli "addetti ai lavori": dalle postmoderne utopie della comunicazione, ai pregiudizi sulla de-individuazione (indebolimento dell'identita' individuale) e sulla de-socializzazione (indebolimento dell'identita' sociale) delle esperienze di rete, fino ai veri e propri fraintendimenti politici sul significato dei diritti legati all'informazione.

    Entrambi gli approcci appaiono inavvertiti del principio di metodo seguito dall'Autore nell'affrontare il tema della "comunicazione al computer": guardare agli eventi della comunicazione di rete non come a isolate "bocce di cristallo", ma come a fenomeni pienamente sociali la cui dinamica e spiegazione deve essere ricondotta ai piu' ampi processi di cambiamento dei codici e dei modi di "attribuzione di senso" all'agire da parte degli attori sociali nella societa' dell'informazione.

    Baconiano e' l'Autore gia' nella prefazione, quando dichiara di volersi attenere all'uso della coppia lessicale "on-line/off-line", quale strumento terminologico meno inapproppriato per distinguere cio' che accade in rete e nella "vita normale". Giustamente, a nostro parere, sono scartati altri termini come "reale/virtuale" o "IRL" (In Real Life), che inducono erroneamente a credere che esista, al posto di una effettiva integrazione sociale, una spaccatura ontologica tra le esperienze di rete e quelle del mondo "reale".

    Quanto queste differenze non siano riconducibili a diversi "gradi" di realta', e' chiarito nel capitolo dedicato alle teorie della CMC (Computer-Mediated Communication), in cui vanno ricomprese, come oggetto di analisi, le forme di comunicazione, asincrone - ovvero, non in co-presenza degli interlocutori -, della posta elettronica, delle mailing-list, dei newsgroups, delle homes pages personali e, sincrone - ovvero in tempo reale -, delle chat e degli instant messengers.

    In questo campo i primi modelli teorici, ci ricorda l'Autore, hanno risentito fortemente dell'assunto che la "presenza sociale" in un qualunque mezzo di comunicazione, sia direttamente proporzionale alla "larghezza di banda" del canale (qui "larghezza di banda", in senso non tecnico, va intesa come ampiezza del numero di indicatori sociali disponibili con il canale: solo il linguaggio scritto o anche quello verbale, quello gestuale ecc.). Si e' pensato cosi' che la CMC fosse efficace nel caso di informazioni puntuali come ordini e direttive ma fosse comunque piu' povera di quella "faccia a faccia" (nel gergo delle chat: "F2F"). In realta', un piu' recente approccio capovolge il punto di vista delle teorie precedenti e considera addirittura la CMC: "maggiormente carica di aspetti relazionali di tipo sociale rispetto alle piu' tradizionali modalità comunicative" (p. 36).

    Lo dimostrerebbero, nelle modalita' di comunicazione asincrone:

    - l'esposizione selettiva degli aspetti della propria personalita' ritenuti socialmente opportuni;
    - la maggiore controllabilità del testo scritto rispetto alle smorfie, agli imbarazzi, al disappunto traditi dalla comunicazione non verbale nella comunicazione faccia a faccia;
    - la possibilità di seguire il momento e la situazione piu' opportuna per partecipare all'interazione.

    Va detto che l'analisi dell'Autore non si limita alla disamina delle teorie sulla CMC, ma tocca tutti gli aspetti che contraddistinguono l'esperienza sociale dell'interazione di rete: personalità, identità, linguaggi, norme, ecc. Non sembra necessario sottolineare quanto la conoscenza di questi aspetti sia importante, forse decisiva, nella progettazione e nella costruzione della comunicazione pubblica che, su internet, con gli stessi linguaggi, le stesse storie, in una parola, con la stessa "cyber-cultura" ha a che fare.

    In questo senso, per chiarezza d'analisi è da segnalare il capitolo dedicato al concetto di "comunità virtuale" che piu' di altri, tra quelli relativi al mondo internet, e' soggetto di solito a fraintendimenti e approssimazioni.

    Qui vengono forniti utili punti di riferimento: dalle definizioni di comunita' della prima sociologia (Tonnies), a quella classica di Horward Rheingold sulle "comunita' virtuali" come:
    "aggregazioni sociali che emergono dalla rete quando un certo numero di persone porta avanti delle discussioni pubbliche sufficientemente a lungo, con un certo livello di emozioni umane, tanto da formare dei reticoli di relazioni sociali personali nel ciberspazio" (p. 126).

    Dopo averne messo in luce gli aspetti problematici legati all'uso sempre piu' spinto delle tecnologie di resa grafica della presenza a distanza, Paccagnella conclude dicendo che per quanto "sfuggevole" possa essere l'espressione comunita' virtuale: "l'appartenenza ad una comunita' e' sicuramente un'esperienza sociale solo in parte legata alle cartteristiche del mezzo utilizzato" (p. 128).

    A questo proposito, di particolare interesse ci sembra la tesi della "network analysis", secondo la quale:
    "nella societa' complessa la comunità non viene ne' persa, ne' salvata, ma piuttosto liberata in networks multipli, nessuno dei quali ha il monopolio della solidarietà e nessuno dei quali esaurisce l'appartenenza di un individuo" (p. 147).

    Per questo le reti telematiche possono costituire il bacino di alimentazione di quelli che sono stati chiamati "legami deboli" o "campi di contatti possibili", contrapposti a quelli "forti" dei rapporti primari familiari: quanto piu' estesi sono i primi, tanto piu' efficace sarebbe la flessibilità cognitiva propria dell'uomo della società dell'informazione.

    Ci sembra utile segnalare un altro preconcetto smascherato dall'Autore: l'idea della "cyber-balcanizzazione" che sarebbe provocata dalle comunità virtuali, in quanto indurrebbero a interagire solo con il simile, evitando il contatto con il diverso: "Considerare le reti come bacini di legami deboli suggerisce la possibilità che esista un fenomeno opposto: l'avvicinamento e il contatto tra gruppi che normalmente si evitano" (p. 149).

    Resta ancora da sottolineare che il libro di Paccagnella offre spunti non solo per la comprensione della comunicazione on-line, ma anche della interazione comunicativa in quanto tale.

    Non possiamo tuttavia evitare di segnalare, in conclusione, tanto ai lettori di questa recensione quanto all'Autore, l'unica pecca del libro: l'assenza di riferimenti alla comunicazione pubblica in rete, fenomeno ormai non piu' ai suoi esordi, anche se ancora poco analizzato dagli studiosi della comunicazione (stiamo pensando, tanto per fare qualche esempio, alla chat del Ministro del tesoro o alle ormai numerose mailing-list pubbliche, come Urpnews per i colleghi degli URP, o Infoscambio per i dipendenti pubblici).

    E' anche per contribuire ad una piu' larga conoscenza di questo fenomeno che era necessario far funzionare il nuovo canale di comunicazione con cui questa recensione viene letta: una rivista dedicata alla comunicazione pubblica, come Pubblic@ndo, rigorosamente "comunicazione al computer", appunto.

    Emilio Simonetti
    qui: http://www.urp.it/Sezione.jsp?idSezione=956&idSezioneRif=931
     
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61 replies since 5/1/2008, 22:10   16142 views
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