I nativi digitali

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  1. _Nicoletta
     
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    Il mito dei nativi digitali

    Pubblicato Marzo 29th, 2009 in Mondo digitale and LTEver.

    Se ne parla da anni: una intera generazione di giovani, cresciuti in un mondo permeato dalla tecnologia, con elevate abilità tecnologiche da cui deriverebbero preferenze e stili di apprendimento talmenti "diversi" da rendere questi ragazzi una sorta di alieni che vagano per le nostre classi, perlopiù annoiati e poco o nulla interessati alle proposte educative del nostro giurassico sistema educativo.

    Sono stato invitato al convegno "I digital natives nell’Europa dell’istruzione", organizzato a Bari dall’ITC Marco Polo il 26 e 27 marzo scorso (approfitto per ringraziare il Dirigente, il vice Antonio, Sissi, Rosa e le altre colleghe e colleghi per la cordialissima ospitalità!).

    Nel mio intervento:




    La competenza digitale dei digital natives
    View more presentations from anto.


    ho provato a portare una voce critica rispetto a questa visione, da alcuni considerata un po’ troppo semplicistica (ad esempio, Maria Grazia).

    Il tutto anche in relazione al nostro progetto Digital Competence Assessment, diretto proprio a capire meglio se questi nostri "nativi" sono anche davvero "competenti" nell’uso consapevole delle tecnologie digitali.

    Ho proposto alcuni estratti di articoli, ricerche e studi sperimentali, che dimostrano come, in definitiva, questo dei nativi digitali perennemente conessi e impegnati a produrre contenuti multimediali da condividere sul web, sia più un mito che una realtà.

    In particolare, il recente lavoro di Bennett, Maton e Kervin, The ‘digital natives’ debate: A critical review of the evidence, pubblicato nel 2008 dal British Journal of Educational Technology, scaricabile liberamente in draft) espone la questione in modo molto chiaro, dimostrando che: 1) nonostante si dia per scontato che i ragazzi vivano immersi nella tecnologia, il reale uso è ancora molto tradizionale (scrittura, email, navigazione web); 2) la produzione di contenuti è un fenomeno limitato; 3) le differenze di skills all’interno della "generazione" giovanile sono le stesse esistenti tra le diverse generazioni. Gli autori ripropongono il concetto di moral panic (Cohen, 1972) per indicare come questo fenomeno dei nativi digitali sia enfatizzato dai media e anche da parte del mondo accademico, senza reali evidenze scientifiche e con toni spesso drammatici sull’inadeguatezza della scuola e degli insegnanti davanti a questa ipotetica "generazione".

    Il moral panic in questo caso nasconde un ulteriore pericolo: il sistema educativo potrebbe essere tentato di abdicare al proprio ruolo rispetto al tema delle tecnologie, sia perché si ritiene inadeguato sia perché pensa che comunque i nativi siano… nativamente competenti in virtù della loro appartenza generazionale!

    Sarebbe un grave errore, perché esistono ben documentate prove, al contrario, dell’esistenza di un ampio divario digitale, dovuto alle diverse situazioni socio-economiche, all’interno della stessa fascia giovanile.

    Il ruolo della scuola è pertanto ancora più che utile, nell’indirizzare e aiutare i giovani a formarsi una vera competenza digitale.

    Non lasciamoci allora intimorire o confondere dai nativi digitali: in realtà…non esistono!!
    dal blog : http://www.fininformatica.it/wp/il-mito-dei-nativi-digitali/ :paper: :fiori:


    trovato sulla pagina di quest'altro blog http://www.giannimarconato.it/

    i blog sono come le ciliegie... image

    Pure questo è bello: http://agatimario.blogspot.com/2009/04/i-p...ei-barbari.html
     
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  2. _Nicoletta
     
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    Oltre l’ e-learning. Verso un paradigma d’insegnamento ed apprendimento “migliorato” dalla tecnologia
     
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  3. _Nicoletta
     
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    Ho trovato due cosette su questo argomento

    Un sito di pubblicazioni in inglese
    image
    qui: http://www.irrodl.org/index.php/irrodl/index

    e poi un simaptico (ma preciso) articolo

    Come apprende un
    image

    Eugenio “esposto” al PC fin dalla più tenera età


    I miei dubbi sull’esistenza dei “nativi digitali” l’ho espressa più volte anche in questo blog giungendo alla conclusione (vedi anche il paper pubblicato nel post precedente) che se proprio vogliamo usare questa espressione, la dobbiamo prendere alla leggera e, in senso lato, per identificare lo studente d’oggi alle prese con la scuola del passato (non possiamo certamente definire” contemporanea” la scuola che questi studenti frequentano). Nulla, quindi, di correlato al “digitale” in senso stretto in quanto questi “nativi” sono portatori di tematiche che hanno radici ben più profonde di quelle del digitale e non sempre correlata alla “questione digitale” che è solo una di quelle tematiche.

    Voglio qui portare un’esperienza vissuta su come apprende un ragazzo d’oggi, su come questo affronta “compiti di apprendimento” e sui risultati che ottiene.

    Qui di seguito racconto di Eugenio (che di cognome fa Marconato avendo come padre il sottoscritto), 17 anni e mezzo, IV liceo scientifico, alle prese con una sua recente fatica.

    Eu, che bazzzica dalle parti del PC fin da piccino, passa ore e ore a “lavorare” con il computer. Cazzeggia, gioca, intreagisce, scarica (di tutto, di più), sperimenta, sfascia hardware e software, importa i virus più impensati (tanto che, dopo avermi rovinato non poche ore del mio lavoro, da qualche anno abbiamo di HD separati)….. Ma Eu è anche curioso ed un tantino – troppo – audace e si butta in imprese al limite dell’impossibile, date le sue conoscenze informatiche. Eu è, anche, caparbio e vuole, a tutti i costi, venire a capo dei misteri dell’informatica e non si rassegna a darla vinta al computer.

    Tra i suoi libri vedo anche qualche testo di informatica e non solo del genere “divulgativo”. Immagino li legga e non guardi solo le figure….

    Eu è spesso interpellato dai suoi amici per risolvere loro problemi con l’informatica, per aprire porte chiuse, per risparmiare qualche liretta, per avere dritte su dove trovare in rete quel programmino che …., per fare buoni acquisti. E, per questo, più di qualche pizza non gli è costata nulla. Non so se questa sua abilità sia apprezzata anche da qualche amichetta …..

    Da quache mese Eu mi stava stressando perchè, a suo dire, era ora che cambiassimo il PC “ufficiale” (quello che troneggia sulla scrivania di quello che una volta era mio studio e che ora è “mio” solo quando il genio lo lascia libero). Troppo vecchio, poco performante, con componenti di bassa qualità, frutto di una truffa perpetrata ai miei danni dal computeraio (così lui lo chiama) di fiducia.

    Da mesi Eu divora riviste d’informatica; prende appunti, dimora in pianta stabile nei siti dei venditori online di materiali informatici, frequenta forum, legge, domanda….. E compila tabelle di confronto.

    Finalmente, pochi giorni fa, mi presenta il suo “progetto” per il nuovo PC: componenti, prestazioni, prezzi, venditori ….;

    Eu vuole che io acquisi tutti quei pezzi e vuole essere lui ad assemblarli. La mia prima risposta è un no. Sonoro. Deciso. Inappellabile.

    Fino a quel giorno avevo attribuito al giovine notevoli competenze nello smontaggio, nello sfasciare anche pregiati elettronici pezzi di casa, nel “bruciare” componenti per errati collegamenti all’alimentatore….e la mia perplessita era più che giustificata.

    Ma lui si dchiara convinto di farcela e mi passa tutta una serie di informazioni su come ha fatto ad arrivare alla proposta che mi lasciano a bocca aperta e che mi fanno intravedere un’esile possibilità che ce la possa fare.

    Acconsento alla richiesta non prima di aver stipultato con lui un “contratto” che prevede, in caso di insuccesso, il rimborso di 500 (degli 800) euro presi dai suoi risparmi (= miei finanziamenti).

    Fase 1: ordinativo. Mi vuole al suo fianco e, pezzo per pezzo e a supporto della sua (argomentata e consapevole) scelta, mi fa vedere le differenti opzioni in termini di tipologia del prodotto, prestazioni, consumi, prezzo, venditore considerato… . mi fa leggere pareri desunti da vari forum di smenettatori… mi parla, anche, della compatibilità dei componenti, dei “colli di bottiglia” che si potrebbero creare, dell’importanza di un buon alimentatore, di un case ben ventilato .. Considerato che ha deciso di fare le comprere presso tre differenti fornitori e che paghiamo (pago) con carta di credito, mi fa vedere di aver controllato anche l’affidabilità degli stessi girando tra più comminty di utenti. Suggerisce, infine, di pagare attraverso PayPal come forma di sicurezzza aggiuntiva.

    Fase 2: Montaggio. Qui vuol fare tutto da solo e mi tiene a debita distanza. Si accorda con un amico che ha lavorato qualche mese da un computeraio per un aiuto ma per un contrattempo, si decide a fare il lavoro da solo. Il salone di casa disseminato di imballaggi, di viti. di cavi, di fogli delle istruzioni … e lui a trafficare eccitato attrorno alla scatola nera che un po’ alla volta si riempie di pezzi, di cavi …. Tra imprecazioni irriferibili, esclamazioni di compiacimento, urla di gioia, consultazione delle istruzioni, di community online .. un andirivieni continuo tra risorse online e su carta.

    Poi il fatidico momento del collegamento del tutto alla presa di corrente e il marchingeno testè assemblato … si accende ( e, con mio momentaneo sollievo, non sento odore di bruciato, non vedo vedo fumo uscire ..) e sembra funzionare. Caricato il programma operativo (rigorosamnte free anche se non open source), si testa il funzionamento. Qualcosa non va .. il cassettino del HD (HD separati, of course) non viene “visto” dal sistema … Riparte il rosario di imprecazioni … consultazioni affannose di carta, web, carta, web … dopo la mezzanotte, un Eu raggiante e visibilmente soddisfatto, annuncia che tutto funziona ….

    E io sono qui a scrivere questo post dal nuovo pc.

    Oltre la cronaca, cos’altro ci dice questa storia? Proviamo a leggerla in termi di compiti di apprendimento.

    Io, ad Eu, ho insegnato nella notte dei tempi ad accendere il pc, a scrivere qualche parola in word, ad entrare in internet ….. per il resto ha imparato tutto da solo.

    Ha imparato:

    * perchè interessato al tema
    * risolvendo problemi propri e di altri amici
    * per rimediare ai propri errori
    * identificando le proprie carenze e le tematiche da approfondire
    * ricercando, valutando e selezionando risorse presenti nel suo ambiente (testi a stampa, sul web, …)
    * domandando a chi ne sapeva di più
    * facendosi carico del prorio apprendimento

    Ha “studiato”:

    * senza che nessuno gli chiedesse di farlo
    * con impegno
    * con determinazione
    * responsabilmente
    * leggendo libri
    * prendendo appunti
    * dedicandovi parecchio tempo
    * approfondendo
    * riflettendo

    Eppure Eugenio, al pari di tanti suoi consimili, è considerato dalla scuola:

    * uno che non studia e non sa studiare
    * che quando studia, la fa il minimo necessario
    * poco interessato ad imparare
    * sbrigativo
    * superficiale
    * dedito solo all’azione
    * poco o nulla riflessivo
    * con la testa tra le nuvole
    * uno a cui non interessa ottenere “risultati”
    * immaturo
    * incapace di assumersi responsabilità
    * dedito solo al gioco

    Ma, allora, perchè Eugenio ha imparato? Eugenio, a dispetto delle diagnosi ufficiali, ha imparato perchè:

    * ha avuto un ruolo attivo
    * ha potuto governare il processo
    * ha usato quello che ha imparato
    * ha avuto uno scopo chiaro per imparare
    * ha potuto dare un significato a ciò che stava imparando
    * il compito di apprendimento è stato per lui una “sfida
    * mentre ha imparato, ha usato quello che stava imparato
    * più imparava, più si sentiva “competente”
    * imparando poteva affrontare compiti sempre più impegnativi
    * le cose che lui imparava erano valorizzate anche dalla sua “comunità”

    Se è, quindi, vero che Eu ha svolto in modo egregio un compito di apprendimento davvero impegnativo – e come lui tanti altri studenti portano quotidianamente a termine compiti altrettando impegnativi, non è vero che i giovani studenti non hanno voglia di studiare, che non hanno voglia di fare fatica, che rifuggono tutto ciò che è impegno …

    Eugenio e i suoi simili

    * non hanno voglia di studiare ciò che questa scuola impone loro di studiare;
    * non vogliono fare fatica per far fronte a compiti di apprendimento per loro privi di senso;
    * rifiutano un metodo di apprendimento in cui hanno un ruolo passivo …

    Questo “rifiuto” non è, ne può essere, assoluto (se non in casi limite in cui questo disagio sfocia nell’abbandono materiale della scuola) perchè oramai questi “nativi digitali” hanno accettato l’idea che a scuola si deve andare e si deve essere promossi. Affrontano la scuola, e le sue richieste, con rassegnazione, senza entusiasmo … La scuola non è affar loro …. il loro obiettivo è sopravvivere alla scuola …..

    Come è possibile, in queste condizioni, trovare lo spazio per l’adesione affettiva al compito? Per l’entusiasmo? Per l’impegno? Per la voglia di farcela? Impossibile. Umanamente impossibile ….

    Quante volte EU, ed immagino molti suoi simili, torna a casa da scuola e sconsolato mi dice: “ma papà, come posso stare lì ore ed ora ad ascoltare? La prof parla .. parla … parla … si fa le domande e … si dà le risposte. Come posso non prendere sonno? Come posso non mettermi a parlare con il mio compagno di banco? Dimmi … come faccio?

    Se, poi, ci si agiunge l’immagine sociale che ha ora il mestiere di insegnante, immagine che non sfugge – fino ad essere condivisa – dagli studenti che quegli insegnanti hanno tutti i giorni davanti (il suo giudizio sugli insegnanti: … omissis… ), trovo che i risultati che, comunque ed a dispetto di questa realtà, ottiene abbia del miracoloso … anche se sono “risultati” che intressano più la scuola ed i suoi insegnanti (quasi per una conferma del proprio valore), che non lui stesso…

    In questo contesto pare, quindi, che il meccanismo che fa andare avanti la scuola e le dà una parvenza di istituzione funzionante (lezioni che si tengono, esami che si fanno, promozioni che si danno, …) sia quello del “potere” e non quello della “condivisione” (sto al gioco perchè il coltello dalla parte del manico ce l’hanno loro e non perchè ci credo); quello dell’ “ubbidienza” e non quello del “significato” (sto al gioco perchè devo farlo e non perchè per me abbia un senso).

    Ma una scuola che deve usare le leve del potere e dell’ubbidienza per essere sè stessa, è una scuola che non ha e che non avrà alcuna possibilità di svolgere alcuna azione educativa, istruttiva, formativa.

    E’ una scuola che è già fallita. E’ una scuola oramai scoppiata. Anche se non se n’è ancora accorta.

    Non se ne è accorta perchè invece di fare autocritica accusa gli studenti.

    Invece di riconoscere la propria inadeguatezza (strutturale e didattica) accusa i propri utenti di non essere quelli che la scuola si aspettrebbe siano.

    Non è che la scuola sia organizzata per uno studente che non esiste più?
    Una scuola che vive nel proprio passato e del proprio passato.

    Ho il sospetto che il “disagio” di tanti studenti che la scuola denuncia sia il segnale di questa rottura; una rottura avvenuta da tempo; una rottura che ha aperto due strade diverse e sempre più divergenti. La scuola da una parte e i suoi studenti dall’altra. Sporadici, casuali, poveri i momenti di incontro.

    Prigionieri del quotidiano, presi dalla fatica del quotidiano, dalla necessità di dare, comunque, un senso a ciò che giorno per giorno facciamo, spesso in condizione disagiate, per dare qualcosa di dignitoso ai nostri studenti, corriamo il rischio di perdere il senso generale di quello che facciamo e non ci accorgiamo di stare in un’isoletta alla deriva negli oceani.

    La vera emergenza educativa non è rappresentata dagli studenti che stanno sempre in internet, ma dalla scuola nel suo insieme che ha perso il suo contato con la realtà, che non la sa più leggere, che non sa più quali risposte dare dato che tutte quelli su cui si basava e che rappresentavono sicurezze e routine (lezioni, esercizi, interrogazioni, compiti ..) sono saltate e non sortiscono più alcun risultato, non impattano – se non in misura limitata – su ciò che gli studenti devono imparare.

    Ritornando alla dimensione operativa che come operatori della scuola pratichiamo, non si tratta di cambiare metodi didattici ma di cambiare anche cosa si insegna a scuola. Diventa urgente domandarsi anche: cosa serve che i giovani sappiano per vivere il mondo di domani? Continuiamo con italiano, latino, storia, matematica, scienze ….? E, magari, ci domandiamo come insegnare in modo “nuovo” … “attraente” ….”coinvolgente” …. italiano, latino, storie, matematica, scienze … ? Non credo sia questa la strada ….

    Post scriptum

    Come trovo sorprendente che nonostante tutto congiuri a sfavore di un apprendimento autentico, i nostri ragazzi qualcosa riescono ad imparare, trovo altrettanto sorprendente che alcuni insegnanti – numerosi ma ancora pochi – riescano a trovare energie e motivazione per dare alla nostra scuola un minimo di decenza. A loro va tutto il mio affetto e la mia riconoscenza di cittadino e padre.
    Link http://www.giannimarconato.it/2010/01/come...-testimonianza/

    Credo che questo che quoto valga anche per noi nettuniani e post nettuniani
    :balla: :nettuno:
    color]
    CITAZIONE
    ha imparato perchè:

    * ha avuto un ruolo attivo
    * ha potuto governare il processo
    * ha usato quello che ha imparato
    * ha avuto uno scopo chiaro per imparare
    * ha potuto dare un significato a ciò che stava imparando
    * il compito di apprendimento è stato per lui una “sfida
    * mentre ha imparato, ha usato quello che stava imparato
    * più imparava, più si sentiva “competente”
    * imparando poteva affrontare compiti sempre più impegnativi
    * le cose che lui imparava erano valorizzate anche dalla sua “comunità”

    che ne dite? :ciao:
    Beh tutto l'articolo è condivisibile


    Edited by _Nicoletta - 6/1/2010, 11:35
     
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  4. _Nicoletta
     
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    Le competenze chiave europee per l'apprendimento permanente

    otto ambiti di competenze chiave, così individuati:

    1. Comunicazione nella madrelingua;
    2. Comunicazione nelle lingue straniere;
    3. Competenza matematica e competenze di base in scienza e tecnologia;
    4. Competenza digitale;
    5. Imparare ad imparare;
    6. Competenze sociali e civiche;
    7. Spirito di iniziativa e imprenditorialità;
    8. Consapevolezza ed espressione culturale.

    trovato sul blog anto's staff http://www.fininformatica.it/wp/se-volete-...are-per-google/
     
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3 replies since 4/4/2009, 09:28   181 views
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