ho provato a portare una voce critica rispetto a questa visione, da alcuni considerata un po’ troppo semplicistica (ad esempio, Maria Grazia).
Il tutto anche in relazione al nostro progetto Digital Competence Assessment, diretto proprio a capire meglio se questi nostri "nativi" sono anche davvero "competenti" nell’uso consapevole delle tecnologie digitali.
Ho proposto alcuni estratti di articoli, ricerche e studi sperimentali, che dimostrano come, in definitiva, questo dei nativi digitali perennemente conessi e impegnati a produrre contenuti multimediali da condividere sul web, sia più un mito che una realtà.
In particolare, il recente lavoro di Bennett, Maton e Kervin, The ‘digital natives’ debate: A critical review of the evidence, pubblicato nel 2008 dal British Journal of Educational Technology, scaricabile liberamente in draft) espone la questione in modo molto chiaro, dimostrando che: 1) nonostante si dia per scontato che i ragazzi vivano immersi nella tecnologia, il reale uso è ancora molto tradizionale (scrittura, email, navigazione web); 2) la produzione di contenuti è un fenomeno limitato; 3) le differenze di skills all’interno della "generazione" giovanile sono le stesse esistenti tra le diverse generazioni. Gli autori ripropongono il concetto di moral panic (Cohen, 1972) per indicare come questo fenomeno dei nativi digitali sia enfatizzato dai media e anche da parte del mondo accademico, senza reali evidenze scientifiche e con toni spesso drammatici sull’inadeguatezza della scuola e degli insegnanti davanti a questa ipotetica "generazione".
Il moral panic in questo caso nasconde un ulteriore pericolo: il sistema educativo potrebbe essere tentato di abdicare al proprio ruolo rispetto al tema delle tecnologie, sia perché si ritiene inadeguato sia perché pensa che comunque i nativi siano… nativamente competenti in virtù della loro appartenza generazionale!
Sarebbe un grave errore, perché esistono ben documentate prove, al contrario, dell’esistenza di un ampio divario digitale, dovuto alle diverse situazioni socio-economiche, all’interno della stessa fascia giovanile.
Il ruolo della scuola è pertanto ancora più che utile, nell’indirizzare e aiutare i giovani a formarsi una vera competenza digitale.
Non lasciamoci allora intimorire o confondere dai nativi digitali: in realtà…non esistono!!
dal blog :
http://www.fininformatica.it/wp/il-mito-dei-nativi-digitali/